di Toni
De Marchi *
È capitato a tutti. Vai dal meccanico, chiedi quanto costi mettere a posto
quel rumorino che viene dal motore. Ti risponde: saranno 100, 120. Quando gli
lasci la macchina si accorge che forse manca qualcosa: saranno 150. Al momento
di riprenderla ti chiede 200. Uno s’incazza ma, di solito, paga e se ne va.
Immaginate però che quel meccanico sia un generale a due o tre botte e chi
chiede il prezzo non sia il solito automobilista sprovveduto e un po’ ingenuo
ma il Parlamento italiano. Se il generale a febbraio dice “costa 80 milioni”
(di dollari), ma a settembre si corregge e dice che in verità i milioni
sono 127, voi Parlamento che fareste? Lo chiamereste, assieme al suo capo,
cioè il ministro della Difesa, per farvi spiegare come mai il costo di
un aereo in sette mesi possa aumentare da 80 a 127 milioni.
Al vostro posto non starei però col fiato sospeso: nulla di tutto questo
succederà perché da anni i nostri parlamentari ingoiano senza reagire bugie
dietro bugie dai militari e dai vari politici che stanno al vertice della
Difesa. Il colore delle maggioranze è indifferente. Anzi, a proposito del Jsf,
a dire le bugie più grosse e a fare le promesse più mirabolanti sono stati
proprio i governi di centrosinistra.
La non-rivelazione (nel senso che tutti sapevano che quegli 80
milioni di dollari erano una bugia con le gambe cortissime) è della rivista
online analisidifesa.it, dove Silvio Lora-Lamia, uno dei
pochi giornalisti specializzati ad aver scritto alcuni articoli molto critici
sul programma monstre della nostra Aeronautica, intervista il generale
Claudio Debertolis chiedendogli di spiegare come mai al Parlamento fosse
stato fornito un prezzo (80 milioni) per il Jsf quando tutti i documenti
ufficiali statunitensi davano già stime enormemente più alte.
Debertolis, segretario generale della Difesa, è lo stesso che in audizione alla Camera nel febbraio
scorso assieme al generale Domenico Esposito, direttore
generale degli armamenti aeronautici, aveva fornito la cifra di 80 milioni che,
ammette adesso con analisidifesa.it, in realtà è di 127,3 milioni (che
diventano 137,1 per la versione a decollo verticale). Si tratta, per
chiarezza, del costo dell’aereo puro, senza tutto il necessario per farlo
volare: logistica, ricambi. Cioè il prezzo vero per l’aereo operativo è di
qualche decina di milioni in più.
Dunque Debertolis ammette di aver dato un’informazione sbagliata al
Parlamento, l’ultima dopo anni di reticenze e menzogne, come la balla dei 10 mila nuovi posti
di lavoro ripetuta fino alla noia.
Ma dall’intervista di Debertolis emerge anche che quegli 800 milioni di
euro che il Governo ha speso per costruire a Cameri la cosiddetta Faco
(in pratica lo stabilimento dove verranno assemblati gli F-35 italiani) resteranno
a carico degli italiani e non saranno affatto rimborsati dall’industria. Se
lo facesse non potrebbe più lavorare ai prezzi imposti dagli statunitensi e
perderebbe le commesse, già molto ridotte rispetto alle aspettative dichiarate
dal ministero. Dunque, i posti di lavoro già risicati sarebbero ancora meno e i
costi a carico del bilancio della Difesa salgono ulteriormente.
Se fossimo un Paese serio a questo punto il ministro della Difesa Di
Paola, al quale in ultima analisi devono essere fatte risalire le
affermazioni del generale, dovrebbe licenziare Debertolis e presentarsi al Parlamento
con le dimissioni in mano. Non lo farà.
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