di Nicola Cacace *
(1) Lavorare
meno per lavorare tutti, come in Germania
La terza rivoluzione industriale che sta
trasformando il mondo, quella dell´elettronica, a differenza delle prime due,
quelle del vapore e dell´elettricità, distrugge più posti di lavoro di quanti
non ne crea, soprattutto nei paesi industriali. Lo hanno scoperto da anni gli
istituti di ricerca più seria e i paesi più attenti, che hanno reagito con
politiche di redistribuzione del lavoro, riducendo le ore annue lavorate per
persona, puntando sulla qualità di merci e servizi, il contrario di quanto
fatto dai paesi meno attenti, tra cui Italia, Grecia, Spagna. The Death of the
Distance, la morte delle distanza, secondo un felice prima pagina
dell´Economist, significa che il costo di spostamento di merci ed informazioni
è crollato a livelli tali che il prodotto fatto a Napoli è in concorrenza
diretta con quello fatto a Pechino e che l´innovazione prodotta a Tokio in
poche ore può essere realizzata a Milano.
Se si aggiunge il fatto che con la
globalizzazione i tassi di crescita dei paesi emergenti, quelli che partivano
più in basso nella corsa dell´economia, crescono da anni e continueranno a
crescere per anni, con velocità 3-4 volte superiori a quelle dei paesi
industriali, 5%-6% contro 1%-2%, ecco spiegato perché, tra i paesi industriali,
solo quelli che da anni praticano politiche di redistribuzione del lavoro sono
riusciti a mantenere bassa la disoccupazione e soprattutto alti i tassi di
occupazione (quota di occupati sulla popolazione in età da lavoro). Quest´ultima
è la vera misura della si tuazione occupazionale di un paese, mostrando il
numero di persone, in età da lavoro, che veramente lavorano. Talvolta il tasso
di occupazione scende perché disoccupati scoraggiati non cercano più
attivamente lavoro e, statisticamente, passano tra gli inattivi, quelli che non
studiano e non lavorano. L´Italia è un esempio classico, avendo la più alta
quota di inattivi quasi 14 milioni pari al 35% della popolazione in età da
lavoro.
Per non farla troppo lunga, elencherò i
paesi europei con tassi di occupazione superiore al 70% e quelli con tasso di
occupazione inferiore al 60%. Si scoprirà che i paesi ad alta occupazione sono
quelli che hanno ridotto fortemente gli orari di lavoro negli ultimi 20 anni, a
differenza dei secondi. Germania e Francia sono i paesi che più di tutti hanno
ridotto gli orari annui di lavoro procapite (dati Ocse), passati da 1800 del
1990 alle 1400 ore del 2012. Anche Norvegia ed Olanda hanno oggi orari annui di
1400 ore, seguiti da Danimarca con 1500 ore, Svezia e Finlandia con 1600 ore,
Austria con 1700 ore. Tutti questi paesi hanno bassa disoccupazione, tra 5% e
8% e soprattutto alti tassi di occupazione dal 70% in su. Dall´altra parte ci
sono Italia, Grecia e Spagna con alta disoccupazione, bassi tassi di
occupazione (inferiori al 60%) e lunghi orari di lavoro, che erano nel 2012,
2034 ore per la Grecia, 1752 per l´Italia, 1686 per la Spagna. E questo avviene
perché i Jobs Act di questi sfortunati paesi, guidati da incompetenti di
politiche del lavoro del XXI secolo, incentivano i lunghi orari e gli
straordinari mentre gli altri incentivano part time, orari ridotti e eliminano
gli straordinari come la
Germania. Con le attuali politiche del lavoro (e con crescite
del Pil dello 0 virgola, purtroppo, né Poletti, né Renzi creeranno un sol posto
di lavoro. Please, copiate le buone pratiche di Germania ed altri paesi
virtuosi.
(2) Senza lavoro l’Italia muore, ma come creare lavoro senza crescita?
"Senza
lavoro l´Italia finisce", così il presidente Napolitano ha risposto ad una
domanda di un cittadino a Monfalcone, dove presiedeva le commemorazioni della
grande guerra. Mai il presidente si era espresso con linguaggio così duro ed
ultimativo, non è nelle sue corde. Abbiamo scoperto o riscoperto che è nelle
corde di Giorgio Napolitano saper cogliere la gravità ed importanza dei
problemi adeguando il linguaggio.
Da questo punto di vista la posizione dell´Italia è drammatica. La
drammaticità non è evidenziata tanto nei tassi di disoccupazione, tota le e
giovanile di alcuni punti superiori alla media europea, la drammaticità è
evidente nei tassi di occupazione, che Eurostat misura dal rapporto
occupati/popolazione 20-64 anni. Mentre il tasso di disoccupazione è alterato
dallo scoraggiamento di chi, dopo aver cercato invano un lavoro, senza
trovarlo, statisticamente passa da disoccupato ad inattivo, il tasso di
occupazione fotografa la situazione occupazionale reale: quanti cittadini in
età da lavoro lavorano? Allora scopriamo la drammatica situazione dell´Italia
che, sui 28 paesi dell´Unione Europa, divide con solo altri 3 disperati paesi,
Grecia, Spagna e Croazia un tasso di occupazione Eurostat del 58% di 10 punti
inferiore alla media, dico media, del 28 paesi, il 68%. Questo significa che
all´Italia mancano quasi 4 milioni di posti lavoro per essere in media europea,
con Romania, Bulgaria, Slovacchia, Grecia e Portogallo compresi.
A questo punto una domanda si pone: con i previsti tassi di
crescita del Pil, inferiori all´1% o di poco superiori se Bruxelles allenta i
cordoni di una austerità omicida, come e quando si creeranno i lavori necessari
per avvicinare l´Italia all´Europa? E parlo di Europa media, non parlo di
Germania, Austria, Danimarca, Olanda, Finlandia, Svezia, Gran Bretagna e
Norvegia, tutti paesi con tasso di occupazione superiore al 70%, dove lavorano
veramente tutti quelli che non studiano e vogliono lavorare.
Nel mentre lottiamo e cerchiamo tutti i modi per riavviare una
crescita economica più sostanziosa dello zero virgola, facendo gli investimenti
necessari e possibili, nazionali ed europei, c´è una sola via da seguire per
non mandare alla disperazione i giovani, quei pochi che abbiamo, dopo il
dimezzamento delle nascite da 1 milione a mezzo milione, pochi che costringiamo
anche ad emigrare per trovare un lavoro adatto alle loro conoscenze.
Nei paesi con tassi di occupazione normali da anni si incentivano
gli orari corti, in pratica si distribuisce il lavoro, cercando di aumentare il
valore delle produzioni più che i volumi. In Italia si fa il contrario,
incentivando gli straordinari che la Germania ha eliminato, sostituendoli con
la banca delle ore. La Germania è stata maestra, negli ultimi anni di vacche
magre – anche in Germania il Pil da anni non supera l´1% medio – ha ridotto le
ore di lavoro da 60 a
58 miliardi senza ridurre l´occupazione. In Olanda quasi metà della popolazione
lavora part time, in tutti paesi con tassi di occupazione superiori ai nostri,
gli orari annui di lavoro vanno dalle 1400 alle 1600 ore, contro le 1800 ore
dell´Italia e le 2000 della Grecia.
Bisogna spiegare chiaramente ai nostri politici, sindacalisti ed
industriali che con i miseri tassi previsti di crescita del Pil non si creerà
nemmeno 1 posto lavoro, tanto meno i 4 milioni che servono "all´Italia per
non morire" , come ha disperatamente detto il nostro Presidente. Per
avvicinare l´Italia all´Europa bisogna studiare le "buone pratiche"
di chi, anche redistribuendo lavoro, ha mantenuto alti i livelli occupazionali
anche in anni di vacche magre. In Italia nessuno vuole studiare o copiare,
tutti si credono più furbi, e rischiamo di morire di furbizia.
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da www.sindacalmente.org
- 12 luglio 2014
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Nicola Cacace è scrittore ed
editorialista dell’Unità
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