Se sbarcate per la
prima volta a Berlino dagli aeroporti di
Tegel o Schönefeld
Flughafen, entrambi a due passi dalla
città a nord-ovest e a sud-est, oppure dalla grande e monumentale stazione
ferroviaria della DB Bahan ( Hauptbahnhof
) , la più grande d’Europa, inaugurata nel 2006, la prima impressione è che la
città sia strapopolata di barboni. Fuori e dentro aeroporti e stazioni, così
come nelle innumerevoli fermate delle
linee del metrò che sotto, in piano o in sopraelevata tessono una enorme tela
della mobilità nella intera area metropolitana della città, giovani e anziani,
uomini e donne, tedeschi, turchi o greci rovistano nei bidoni multicolorati dei
rifiuti. Ma non sono esattamente barboni, ma semplicemente si stanno guadagnando o stanno arrotondando la
giornata: perché nella capitale, come in altre città del paese, bottiglie di
vetro, plastica (più dura della nostra), lattine di cola di alluminio valgono
un piccolo tesoro, in genere 20 centesimi di euro al pezzo, rimborsati dai
negozi. Con 100 pezzi al giorno si
possono fare anche 20 euro, magari 500 in un mese.
Nessuno tranne gli stranieri
si stupisce, e si comprende dopo un po’ perché è così improbabile trovare una
bottiglia o una lattina vuote agli angoli delle strade o in giro per i parchi
di cui è piena la città. Un buon numero di tedeschi devono avere compreso il
senso dei rifiuti come “materie prime seconde” e pochi da noi sanno che
all’epoca del declino dell’impero del nostro Bassolino, e del disastro di
Napoli sommersa dai rifiuti, i vagoni
che venivano spediti dalla Campania in Germania almeno in parte non finivano in
discarica o inceneriti ma passati al recupero dei materiali in impianti di
differenziazione e recupero che forse ci potrebbero interessare se i nostri
amministratori non fossero affascinati ( o interessati) dal proliferare dei
termosvalorizzatori. Aeroporti e ferrovia sfornano una mole incessante di
stranieri; non sono solo turisti, fra i quali gli italiani sono incredibilmente
in netta maggioranza, ma giovani e giovanissimi italiani che a Berlino ci vanno
e li si fermano perché un lavoro si trova prima o poi e non solo nei settori
più umili ma per tutti i livelli di istruzione. Ad Alexander Platz è difficile
fare più di due passi senza sentire qualcuno che parla la nostra beneamata
lingua nelle più diverse sfumature regionali.
Se
avete l’idea che una rete metropolitana sarebbe quello che ci vuole per
girare la vostra città e avete magari come riferimento i metrò di Milano (unica
città italiana che ha qualche decina di km di underground) toglietevelo dalla testa. A Berlino si scopre cosa è
una rete di trasporti seria: una reticolo
infinito di linee che sopra e sotto la città vi permettono di andare ovunque.
Il ring , un grande fascio di linee
circolari, almeno 5,circonda tutta la
parte centrale della città: la S41 e la S42 percorrono l’intero anello
nei due sensi di rotazione, ben riconoscibili dal semplice simbolo di una
freccia curva in senso orario o antiorario, mentre altre linee fuoriescono dal ring verso nord-ovest, nord-est, e a sud
dell’anello; a loro volta si suddividono in diverse direzioni inoltrandosi nei
sobborghi e al di fuori della città che raggiunge quasi i 4 milioni di abitanti
su una estensione di 45 km in orizzontale e quasi 40 sulla linea nord-sud. Un
altra fascia di linee (U-Bahn e S-Bahn) intersecano in orizzontale il ring e a loro volta vi si inseriscono o
ne fuoriescono nelle diverse direzioni. Se volete girarle tutte compratevi un
ticket settimanale da 35 euro e se siete in buona forma fisica può essere che
in una settimana riusciate a percorrerle tutte. Sorprendente che ( sarà una
vocazione all’essere pratici o altro) non esistono barriere di alcun tipo per
l’ accesso al metrò; difficile trovare un controllore, ( in quasi una settimana
non ne abbiamo incontrato uno ) ed è probabile che, a parte i “portoghesi”, la gran parte dei berlinesi abbia un
abbonamento annuale. Dalle 5- 6 del mattino all’ una di notte la rete è in gran
parte funzionante, con qualche problema in alcune zone a causa di lavori in
corso, perché la rete è in continuo sviluppo. In tutte le centinaia di fermate
un quadro luminoso vi indica con precisione quanti minuti mancano all’arrivo
dei vettori nei successivi 10-15 minuti; mediamente i tempi di attesa sono
sotto i 5 minuti, qualche volta può capitarvi di aspettare 8-10 minuti, cosa
che fa arrabbiare un certo numero di utenti.
Succede
che i nuovi pirati della strada, per
chi arriva dall’estero a Berlino, possano diventare i ciclisti che vi
sfrecciano accanto sui marciapiedi strimpellando innervositi il campanello; in
realtà voi avete torto ed hanno ragione loro, perché la gran parte della città,
dal centro alla periferia, ha tre diverse corsie per la mobilità: per le auto(
in molte zone poche anche nelle vie maggiori), i marciapiedi per i pedoni (molto
larghi nei grandi viali monumentali ) ed il tracciato per le bici segnato da
due righe bianche, da mattoncini o asfalto di diverso colore, da piccole pietre
incastonate nel terreno o da altre forme di tracciatura; non sempre percepite dall’occhio distratto
dei turisti, poco abituati allo sfrecciare delle bici in tutte le direzioni
anche se semafori più piccoli regolano i loro percorsi. Il tracciato per le bici, che dopo ampie
discussioni si sta spostando dai marciapiedi alla strada, ha ampiamente
superato nell’area della città i 1000 km. Difficile dire quanti in città si
muovono in prevalenza in bici; gli ultimi dati sembrerebbero indicare che i
ciclisti abituali, quelli che la usano come mezzo prevalente per lavoro e
studio, stiano raggiungendo , forse superando, quelli che si muovono
quotidianamente in auto, mentre più o meno la metà dei berlinesi utilizza la
rete dei metrò o va a piedi. Naturalmente la convivenza bici-auto paga anche il
suo tributo di incidenti mortali; mediamente un ciclista al mese, che viene
spesso ricordato da una apposita associazione ( Ghost Bikes, Geisterfahrrad in tedesco) incatenando nel luogo dell’incidente una bici
ed un cartello totalmente verniciati di bianco, come monito per gli
automobilisti a fare maggiore attenzione. Il tema verrà riproposto il 22
settembre con una grande manifestazione di bike che dovrebbe essere ripresa
anche in altre città, non solo della Germania.
A
Berlino si continua a costruire, ma con prudenza e attenzione; la città è
piena di cantieri che, mistero germanico, in molti casi procedono spediti
ed hanno un impatto molto
circoscritto su traffico e abitanti. Fa
eccezione la ultimazione del nuovo grande aereoporto di Berlino-Brandeburgo ( Flughafen
Berlin Brandenburg „Willy Brandt“ ) che prevede la chiusura di tutti gli
altri, il cui completamento ed inaugurazione sono stati ripetutamente
rimandati; non si tratta di disfunzioni ma prevalentemente di una lite in corso
fra Comune, Land e Stato Federale su chi e in che proporzione deve pagare il
costo. Gli aeroporti di Berlino hanno una lunga storia, che da Hitler arriva
alle basi militari dell’epoca in cui nell’immediato dopoguerra la città era divisa in 4, poi con la nascita del muro nel 1961 divisa
in due per 28 anni. Ognuno si era fatto il suo aeroporto: quello di Tempelhof (Zentralflughafen
Berlin-Tempelhof), conquistato dai russi nella battaglia di Berlino e
subito consegnato agli americani nell’aprile del ‘45 ha chiuso da 4 anni e, in
attesa che il senato della città-stato decida che fare dell’enorme area vuota ai
margini della città, è stato occupato dai berlinesi, soprattutto dai giovani
alternativi, che sono una massa enorme,
che lo usano per andare in bici, fare sport, concerti e meeting; ma “lo
spazio vuoto” di Tempelhof è diventato quasi una istituzione cittadina dove a
fine agosto si è svolta per 5 giorni una
specie di fiera delle nuove tecnologie con tanto di seminari e incontri tecnici
intercalati però da manifestazioni artistiche e concerti.
Nella città che ha
attirato architetti da mezzo mondo sorprendentemente i grattacieli sono poco
presenti; non è invece inusuale la
commistione fra il vecchio ed il postmoderno; vecchi edifici vengono restaurati
e sopraelevati di qualche piano con architetture e materiali moderni che in fin
dei conti creano una curiosa e gradevole commistione di epoche e stili. Anche i
vecchi ed alti casermoni dell’edilizia
popolare nella zona ex-comunista della città sono stati in parte recuperati e ristrutturati
e la ex periferia si è più
facilmente integrata con la città grazie
alla fitta rete del metrò o, dove manca,
di linee di bus efficenti e puntuali. Così come si sta riassorbendo
nella città il quartiere di Kreuzberg,
che a partire dagli anni ’70, insieme
agli immigrati turchi, divenne l’area di
riferimento dei movimenti punk e alternativi , poi delle occupazioni giovanili
e crogiolo degli alternativi e dei primi movimenti ecologisti e radicali nella
fase nascente dei Grünen (l’attuale copresidente dei verdi è di origine turca)
che hanno governato il distretto per diversi anni. Può sembrare singolare ma
dopo le elezioni cittadine dello scorso anno la città è governata da una
coalizione fra CDU e SPD. Malgrado la conferma di una forte presenza dei Grünen
e l’esplosione dei Pirati la maggioranza rosso verde avrebbe governato con un
solo seggio in più; così senza grandi
traumi si è fatta in piccolo una riedizione della grosse koalition; anche se i verdi hanno più di 20 seggi e altri 16
i pirati ( come dire 25 grillini o civici
oltre ai sinistri a Torino,
Milano o Roma). Un possibile modello di quanto potrebbe avvenire, secondo
diversi osservatori, con le prossime
elezioni politiche per il Bundestag del prossimo anno con una coalizione
CDU-SPD che è l’unica ipotesi che
manterrebbe al suo posto la Merkel.
A Berlino
naturalmente non c’è il mare ma ci sono le spiagge e si fa il bagno; a
parte spiaggette di sabbia importata lungo i bordi dei canali e della Sprea, il
fiume che attraversa la città, i berlinesi vanno al lago; laghetti naturali o
artificiali sono nati a nord della città ad esempio nel distretto di
Charlottemburg; li si raggiunge rapidamente con il metrò e si fa il bagno in un acqua pulita analizzata
e tenuta costantemente sotto controllo dalle autorità preposte; circondati da
boschetti e aree attrezzate sono liberi e aperti a tutti; intere famiglie e
frotte di bambini vi passano la giornata fra tavolini, panche e sdraio il cui
uso è libero e gratuito. Ci potete arrivare anche in bicicletta e se vi piace
frequentare il più grande hotel a 4 stelle della città non preoccupatevi; l’hotel
vi affitta le bici; basta chiederle alle graziose impiegate turche della
reception e un ragazzo dell’hotel con l’occhio esperto e munito di chiave
inglese soppesandovi dall’alto in basso vi regolerà l’altezza della sella.
Superate da tempo le
ferite della città, il nazismo, la guerra e i bombardamenti incendiari di
Churchill che hanno bollito migliaia di berlinesi asserragliati nei rifugi
antiaerei, la divisione in due del periodo della guerra fredda ( se volete
capire il senso del cambiamento guardate o riguardatevi Good Bye
Lenin o Le vite degli altri )
Berlino oggi è naturalmente prima di tutto la capitale economica e finanziaria
della Germania o forse di qualcosa di più, e lo testimoniano i possenti e discreti
, ma molto austeri palazzoni grigi
occupati dai principali Ministeri dentro i quali si macinano le iniziative che
fanno girare l’economia del paese; che per il momento vede il tasso di
disoccupazione più basso e quello di esportazioni più alto d’Europa. C’è la Finanza
ma c’è anche lo Stato, che ha digerito il cambio politico dai rosso-verdi ai democristiani dieci anni fa ma ha comunque
con il tempo scaricato pian piano il nucleare e si è fatto i soldi persino esportando energia elettrica da rinnovabili ai
cuginetti nuclearisti francesi che non hanno alcuna intenzione di salutare l’atomo.
Questa strana commistione e convivenza fra un vecchio ed un possibile nuovo
mondo, o almeno una nuova Europa, dopo qualche giorno nella capitale sembra in fin dei conti naturale: un paese normale che, seppure lentamente
e con prudenza si muove in avanti. O forse siamo noi che procediamo all’indietro
silenziosamente assordati da tanto rumore per nulla…
Nella foto: l’ex aereoporto di Tempelhof
Nel video: Berlin
Calling un film del 2008 di Hannes Stöhr, con Paul
Kalkbrenner, in versione integrale in italiano
un reportage bellissimo.
RispondiEliminaGrazie Massimo.