Il
Parlamento europeo ha approvato un rapporto sulle linee guida del prossimo
programma ambientale UE. Prevede il divieto di incenerimento dei rifiuti a
vantaggio del riciclaggio. La relazione “sulla revisione del
sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità
per il settimo programma”,votata a stragrande maggioranza, invita la Commissione ( l’organo esecutivo europeo) a
seguire la linea indicata per salvaguardare l'ambiente e chiudere una volta per tutte con
pratiche obsolete e pericolose come l'incenerimento dei rifiuti”.
Nel nostro Paese 15 milioni
di tonnellate di rifiuti (su un totale di 32) finiscono ancora in discarica senza nessun trattamento, 4,6 mil
di ton sono inceneriti in 50 impianti ( circa 100 linee ) di diversa età,
taglia, tecnologia. In realtà meno di un terzo di RSU e assimilati prodotti
vengono realmente differenziati, recuperati
e, si spera, riutilizzati secondo
il loro ruolo potenziale di materie prime seconde.
Secondo il recente decreto
del governo ispirato dal ministro dell'Ambiente Clini (che persegue da
anni questo obiettivo) si aumenterà l’incenerimento utilizzando “combustibili
solidi secondari” (cioè rifiuti, in teoria preselezionati) nei forni degli impianti che producono
cemento. Da molti punti di vista ( tecnologie, temperature, abbattimento
scorie, controlli ) un salto indietro e nel buio; un medioevo tecnologico oltre
che un favore non da poco all’AITEC e alle poche aziende che controllano il settore ( le
solite Cementir, Italcementi, Buzzi Unicem…).L’Italia resta il paese europeo
con la maggiore produzione di cemento ma l’AITEC lamenta le eccessive
limitazioni all’uso dei propri impianti, concepiti per fare altro, per bruciare
rifiuti.
Dal punto di vista della termodinamica e dei bilanci di materia e di energia, l’incenerimento dei rifiuti urbani e degli assimilabili è il massimo dell’irrazionalità. Materiali provenienti dalla cellulosa, alberi secolari o coltivati come i pioppi, tagliati, trasportati a volte illegalmente e per migliaia di km, e lavorati per produrre carte e cartoni, mobili, materiali misti e molto altro, vengono alla fine buttati e bruciati. Se ne ricava un po’ di energia elettrica, invece di rimettere in ciclo cellulosa e truciolato di legno. Il vetro, ottenuto per estrazione da rocce e sabbie contenenti silicati, sali di boro e fosfati, depurati, portati a fusione ad alte temperature ed a raffreddamento non cristallino, può essere usato per recipienti e bottiglie riempite una volta sola per un po’ di latte, di acqua zuccherata, di olio e poi buttate in discariche o inceneritori; fra l’altro con potere calorifero pressocchè nullo. Altri materiali, in genere metalli, anche rari e preziosi, estratti mediante escavazioni in lontani paesi asiatici o africani, dopo un lungo processo di lavorazione ci forniscono i contenitori usa e getta per la nostra coca-cola, per la splendida carrozzeria della nostra 500, e per migliaia di prodotti diversi per i quali non è previsto, nella loro ideazione, il riutilizzo in nessuna forma. Non ci soffermiamo sulle plastiche da petrolio perché è forse la questione più nota. Basti dire che una nuova geografia nel pianeta di isole e isolotti si sta affermando per l’accumulo di plastiche negli oceani.
Dal punto di vista della termodinamica e dei bilanci di materia e di energia, l’incenerimento dei rifiuti urbani e degli assimilabili è il massimo dell’irrazionalità. Materiali provenienti dalla cellulosa, alberi secolari o coltivati come i pioppi, tagliati, trasportati a volte illegalmente e per migliaia di km, e lavorati per produrre carte e cartoni, mobili, materiali misti e molto altro, vengono alla fine buttati e bruciati. Se ne ricava un po’ di energia elettrica, invece di rimettere in ciclo cellulosa e truciolato di legno. Il vetro, ottenuto per estrazione da rocce e sabbie contenenti silicati, sali di boro e fosfati, depurati, portati a fusione ad alte temperature ed a raffreddamento non cristallino, può essere usato per recipienti e bottiglie riempite una volta sola per un po’ di latte, di acqua zuccherata, di olio e poi buttate in discariche o inceneritori; fra l’altro con potere calorifero pressocchè nullo. Altri materiali, in genere metalli, anche rari e preziosi, estratti mediante escavazioni in lontani paesi asiatici o africani, dopo un lungo processo di lavorazione ci forniscono i contenitori usa e getta per la nostra coca-cola, per la splendida carrozzeria della nostra 500, e per migliaia di prodotti diversi per i quali non è previsto, nella loro ideazione, il riutilizzo in nessuna forma. Non ci soffermiamo sulle plastiche da petrolio perché è forse la questione più nota. Basti dire che una nuova geografia nel pianeta di isole e isolotti si sta affermando per l’accumulo di plastiche negli oceani.
Negli
impianti di incenerimento, la cui denominazione più corretta è quella di termosvalorizzatori, il tutto viene
arrostito su una grande griglia trasformando pressocchè tutto il carbonio in
ossido o anidride carbonica, l’idrogeno e l’ossigeno in vapore acqueo; il singolare arrosto crea molecole organiche difficilmente degradabili,
alcune quasi indistruttibili e altamente pericolose per tutti gli esseri viventi come le
diossine.
E’poco
noto che il tutto lascia un consistente residuo (circa il 25% in peso su quanto
si carica) di ceneri e scorie di abbattimento fumi e filtri altamente tossiche e difficilmente utilizzabili.
La limitata produzione di energia elettrica
si giustifica economicamente solo perché i termosvalorizzatori,
intendendo in questo caso i gestori degli impianti, ricevono contributi
pubblici (nel caso italiano proprio da noi attraverso il CIP6 della bolletta
elettrica, quasi ironicamente sotto la
voce di contributo per le energie rinnovabili e certificati verdi ). Nell’ultimo
anno circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti vari sono passati in Italia nei
termosvalorizzatori lasciandoci in eredità quasi 1,5 milioni di tonnellate di
scorie solide tossiche delle quali è meglio non sapere (come non sappiamo) in
quali discariche speciali, più o meno
controllate, finiscano. Solo dai termosvalorizzatori almeno due milioni di
tonnellate di materie prime seconde (cioè candidabili ad un secondo utilizzo)
in un anno le abbiamo buttate ..al vento o nel pozzo senza fondo dello spreco neppure
energetico dei residui dei forni.
L’unico
aspetto positivo della faccenda, di cui si discute in modo acceso da alcuni
decenni, è che un ristretto gruppo di industriali (fra i più noti la signora
Marcegaglia), varie cosche mafiose ben ramificate nel paese, un certo numero di
amministratori che tessono le lodi di questi miracolosi impianti, hanno
decisamente elevato il loro tenore di vita poiché, solo per gli urbani, si
tratta di un giro di “affari” di parecchi miliardi di euro all’anno.
Secondo
il rapporto ENEA-Federambiente dell’ aprile scorso i 53 impianti di incenerimento
presenti da fine 2010 hanno una capacità di smaltimento di poco più di 7
milioni di tonn/anno di rifiuti, con una capacità termica di meno di 3000
Megawatt ed una potenza elettrica di meno di 800 Megawatt elettrici (l’Italia
richiede circa 40 GW di potenza elettrica totale). In gran parte (82%) sono i
soliti impianti a griglia, e meno del 15% a letto fluido. Quelli che contano sono i 6 grandi termosvalorizzatori
che sono in grado di trattare almeno 600 tonn/giorno ( circa 200.000 all’anno )
di rifiuti: da soli il 40% del totale.
Comunque
29 impianti (con 59 linee) sono nelle regioni del Nord, 15 (23 linee) in quelle
del Centro e 9 (20 linee) in quelle del Sud e Isole. Sembra già da questi primi
dati che i termosvalorizzatori abbiano una netta caratterizzazione di sinistra;
ed una marcata propensione, come vedremo, all’asse sinistra-centro; con grande
invidia di Berlusconi e soci…
Nessun
nuovo impianto è entrato in funzione nell’ultimo anno. La produzione di rifiuti
e la aliquota differenziata (ufficialmente attorno al 34% ), sono pressocchè stabili, a parte l’incidenza
della crisi dei consumi che si è fatta sentire, specie nel 2008-2009. Secondo
l’ISTAT nel 2011 si valuta una diminuzione dei rifiuti (-2,9%) ed un limitato aumento del recupero ( + 1,8%)
Il recupero dei materiale è in realtà
una media fra il centro-nord che spesso supera il 40% ed il sud che è in gran
parte sotto il 20%. Città come Napoli e Bari restano sotto il 20%. In Sicilia
la RD praticamente non esiste: a Palermo 7,4%, a Catania 5,6%, a Messina 3,8%,
più che altro un pretesto per alimentare qualche ulteriore segmento di
clientelismo locale.
Tutti i dati vanno presi con prudenza: stante la bassa
qualità della selezione del differenziato nelle aziende di trasformazione e
recupero lo scarto finale è elevato ( 10-20% a seconda del materiale, delle
zone e dei metodi di recupero ). Trascurando la quota di mercato indefinibile gestita
dalle mafie, che non distinguono fra urbani, assimilabili e i più pericolosi (
e più redditizi ) industriali, smaltiti
in genere su terreni agricoli, cave, fiumi , mari e oceani si può concludere
che dopo 30 anni di battaglie, scontri, comitati, associazioni, movimenti e
partiti di vocazione ambientalista, compresi alcuni ministri di dichiarata connotazione
verde, meno di un terzo dei rifiuti prodotti ancora negli ultimissimi anni sono stati realmente recuperati ad una
seconda vita.
Le
centinaia di comitati locali, l’insistenza delle associazioni ambientaliste, la
presenza di ambientalisti nelle istituzioni negli anni passati a diversi
livelli, l’azione di alcuni magistrati e di parte delle forze dell’ordine hanno contenuto il dilagare delle discariche
legali e spesso irregolari, che si sono più che dimezzate arrivando a poco più
di 200 seppure di dimensioni maggiori del passato; cosiccome è stata contenuta
fino ad oggi la vocazione al dilagare dei termosvalorizzatori, uno dei settori
dove il connubio fra pubblico, privato e illegale ha esercitato per due decenni
una incessante azione di lobby.Per i quali è di fatto impossibile il controllo
di routine di quanto, cosa e come si
brucia, a meno che si decida di istallare una stazione di carabinieri in ogni
impianto.
Dopo
anni di iniziative e proposte, in una
parte significativa del paese la proposta della raccolta differenziata “porta a
porta” è diventata realtà ma i successi principali si sono avuti nei comuni di
piccola e media dimensione in alcune decine dei quali si arriva anche al di
sopra del 70%. In 16 su 110 capoluoghi di provincia il recupero è arrivato al
60%.
Paradossalmente
sono le amministrazioni di centro-sinistra o di sinistra-centro che stanno
tentando il rilancio del vecchio modello basato sull’incenerimento, mettendo ai
margini, seppure in modo non dichiarato, sia la vocazione allo sviluppo ulteriore del recupero
differenziato e del riciclo sia soprattutto una idea di conversione ecologica
nell’uso dei materiali che va alla fonte della produzione dei materiali
cambiandone modalità, tecnologie, ed alla fine del ciclo attraverso un
riutilizzo dei materiali concepito come un nuovo e originale settore produttivo
con effetti occupazionali di grande potenzialità. La questione non interessa
minimamente gran parte della sinistra istituzionale che, specie nelle aree più
popolate, tranne eccezioni la ignora o la considera con sufficienza.
Fra
i pochi impianti di incenerimento in costruzione la regione Puglia ha il record
del numero di impianti e la città di Torino ha il record del più grande
impianto in costruzione nel nostro paese e fra i più grandi ( forse il più
grande) d’Europa.
La
giunta Vendola 2, mentre la raccolta differenziata nella regione langue sotto
il 20 %, può vantare i quasi ultimati lavori per l’ entrata in
funzione di sei impianti che trasformeranno i rifiuti solidi urbani in
combustibile da rifiuti (Cdr) , realizzati da Cogeam, società partecipata dal
gruppo Marcegaglia; tratterebbero 900mila tonnellate di rifiuti, trasformati in
circa 400mila tonnellate di Cdr. All’attuale impianto da 25mila tonn d' incenerimento di Massafra ( gestione Appia
Energy, gruppo Marcegaglia) si aggiungeranno a breve 98mila tonn che finiranno nell'
inceneritore Eta (sempre gruppo Marcegaglia) nelle campagna tra Manfredonia e
Cerignola, grazie anche ad un contributo pubblico di 15 milioni di euro ed
all’impegno costante dell’UDC particolarmente sensibile al tema. Poi l’impianto
di Modugno, al momento sotto sequestro
giudiziario. Lo smaltimento del Cdr, avverrà anche nei forni dei cementifici: a
Barletta (Buzzi Unicem) e a Taranto (gruppo Caltagirone). Si tratta dei
cosiddetti co-inceneritori benedetti da Clini.
Ma
il bello lo prepara a Torino la giunta, quasi un monoclore PD di fatto (perché SeL e IdV sono
poco più che oleogrammi nella maggioranza), con l’impianto del Gerbido, un mega
termosvalorizzatore da più di 400mila tonn/anno in costruzione nella periferia
di Torino, che vanta già il record di città più inquinata d’Italia, in questi
giorni riconfermato. L’impianto, non ancora finito, proprio qualche giorno fa è
già stato messo in vendita ( 80%, cioè controllo assoluto dei privati ) nell’ambito
della privatizzazione generale (rifiuti, acqua, trasporti, perfino i nidi) che
è poi il ruolo assegnato a Fassino con la sua elezione; in perfetta continuità
culturale con i suoi predecessori che hanno dimostrato che il modo migliore di
contenere il centro-destra è quello di assumerne la stessa vocazione, specie
sulle questioni ambientali, dei trasporti e della cementificazione del
territorio (più di 200 varianti al Piano regolatore); ma con maggiore
efficienza e capacità di controllo sociale e in ottimo accordo con le aree di centro tipo UDC e
moderati. Un anticipo su quanto si
prepara sul piano nazionale, mentre nelle varie scadenze elettorali (
provinciali 2009, regionali 2010, comunali 2011 ) si sono dissolti da soli i
variegati frammenti eco-civici, alternativi, di estrema sinistra: un vero
capolavoro di masochismo narcisistico che ha fatto tabula rasa di qualunque
presenza istituzionale e lasciato totale campo libero, con l’unica vera
opposizione circoscritta ai due grillini eletti che fanno quello che possono in
un panorama così disastrato.
La
Conversione ecologica, intesa come insieme di idee, azioni e pratiche
istituzionali contrapposte e alternative al modello dello spreco e della
irrazionalità energetica che conseguono alle logiche della dissipazione dei
beni comuni e delle risorse a favore dei comitati d’affari e dei loro gregari nel sistema dei partiti,
richiede di ricominciare dall’inizio. Avviando la transizione nelle tre fasi di
vita dell’uso dei materiali: dalla formazione, all’uso razionale, al recupero e
riciclo.
Nella
produzione dei materiali e degli imballaggi serve il lavoro dei ricercatori in diverse
direzioni: la progressiva eliminazione dei materiali misti ( esempio tipico il
tetrapack ) arrivando a materiali unici standard nel confezionamento ( ad es.
dei prodotti alimentari ), la riduzione degli imballaggi ( peso e volume-forma)
tendendo a formati standard e con la
minore superfice (cioè alla fine minore quantità); all’uso di materiali leggeri e
concepiti per eventuali secondi usi tal quali; per fare un esempio con riferimento
al gioco del Lego contenitori std e di colori appropriati potrebbero essere concepiti
e assemblati in modo da avere un utilizzo diverso (es scaffali per librerie o
altri oggetti di uso casalingo); eliminazione dello spreco da
sovradimensinamento dei contenitori (tipico esempio i minuscoli apparati
elettrici e informatici in involucri a volte di dimensioni dieci volte il loro contenuto).
La razionalizzazione delle etichettature che devono essere facilmente
rimovibili (oltre che leggibili) per permettere
un più facile riutilizzo dei contenitori per altri usi. La standardizzazione ha
infiniti risvolti: per fare un esempio non si comprende perché 10 cellulari
diversi di 10 diversi modelli e aziende debbano
richiedere 10 diversi tipi di trasformatori di ricarica. Oppure perché
si debba consentire la quotidiana distribuzione di milioni di depliant
pubblicitari ( in carta quasi sempre non riciclata ) presso le buche delle
lettere, dei quali probabilmente la gran parte vengono cestinati senza neanche
essere aperti e che potrebbero essere
sostituiti da bacheche condominiali e comunque imponendo un uso moderato e con
sola carta riciclata.
La
raccolta differenziata dei diversi materiali, sia nella versione porta a porta,
sia nella raccolta di strada dove ancora è presente, deve essere profondamente
razionalizzata, prima di tutto definendo in tutto il territorio nazionale un
unico colore standard dei contenitori per ogni singolo materiale e definendo un
numero contenuto di dimensioni standard
(es piccola, media, grande ) alle quali tutti i comuni e consorzi si devono
adeguare nell’arco di un numero limitato di anni e per tutti i contenitori di
nuova fattura. Stroncando la sconfinata e diseducativa fantasia creativa per
cui nella stessa città esistono decine di fatture, colori e dimensioni diverse
che disorientano molti cittadini che ne
traggono la conclusione che in fin dei conti non si tratti di una cosa seria,
specie se non riscontrano effetti del proprio impegno civico sulle tariffe. Con il tempo è stata abbandonata anche l’idea
che le postazioni di raccolta siano isole, complete di tutte le tipologie, ma
distribuendo a caso bidoni isolati qua e
là davanti i diversi portoni delle abitazioni si è data l’idea che il tutto
abbia un fondo di irrazionalità e causalità. Inoltre non si comprende perché si
trascuri la qualità visiva dei contenitori, normalmente sporchi e privi di
alcuna manutenzione mentre potrebbero diventare ornamenti gradevoli e colorati del
paesaggio urbano.
L’insieme di questi interventi non ha nulla di straordinario,
sono facilmente ottenibili con semplici decreti e regolamenti ma richiedono,
oltre ad un lavoro dei ricercatori, una volontà politica motivata e orientata
che sembra non interessare gran parte degli attuali amministratori.
Infine
bisogna contrastare la superficiale consuetudine dell’usa e getta, dai piccoli
contenitori fino a mobili ed apparecchiature di medie e grandi dimensioni.
L’organizzazione e la diffusione in
tutti i quartieri dei mercatini del riciclo e del baratto, potenzialmente molte
migliaia nel paese, deve essere stimolata, regolamentata con una specifica
disciplina fiscale di livello nazionale oggi praticamente inesistente,
superando la attuale presenza di nicchia che caratterizza queste iniziative.
La
scelta di fondo che conduce all’incenerimento,
che è l’evidente prodotto composto della incapacità amministrativa, del
prevalere delle lobby affaristiche e mafiose, della semplice indifferenza alle
condizioni ambientali e sociali dilaganti da anni nella classe politica può
cancellare anche i risultati ottenuti, come la diffusione del porta a porta. E’
necessario avviare la transizione: anche qui il ricambio della classe politica
e la priorità del progetto sugli interessi privati o personali è requisito necessario e urgente.
Gli articoli della risoluzione del
Parlamento europeo riguardanti i rifiuti
Il Parlamento europeo, (...)
31. ritiene che il settimo PAA debba favorire l'introduzione di incentivi volti a sostenere la domanda di materiali riciclati, in particolare se incorporati nel prodotto finale;
32. è del parere che il settimo PAA debba prevedere la piena attuazione della legislazione sui rifiuti, in particolare il rispetto della gerarchia, garantendo coerenza con le altre politiche dell'UE; ritiene che esso debba fissare obiettivi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio più ambiziosi, tra cui una netta riduzione della produzione di rifiuti, un divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati, con riferimento alla gerarchia prevista nella direttiva quadro sui rifiuti e un divieto rigoroso di smaltimento in discarica dei rifiuti raccolti separatamente, nonché obbiettivi settoriali per l'efficacia delle risorse e parametri per l'efficienza dei processi; ricorda che i rifiuti costituiscono, inoltre, una risorsa che spesso può essere riutilizzata, assicurando un impiego efficiente delle risorse; invita la Commissione a studiare come migliorare l'efficacia della raccolta dei rifiuti provenienti dai prodotti di consumo grazie a un'espansione dell'applicazione del principio della responsabilità estesa del produttore, nonché mediante orientamenti riguardanti la gestione dei sistemi di recupero, raccolta e riciclaggio; sottolinea la necessità di investire nel riciclaggio delle materie prime e delle terre rare, in quanto i processi di estrazione, raffinazione e riciclaggio delle terre rare possono avere gravi conseguenze per l'ambiente se non vengono gestiti correttamente;
33. ritiene che gli obiettivi già definiti in varie direttive in relazione alla raccolta e alla separazione dei rifiuti debbano essere ulteriormente elaborati e impostati in modo da ottenere il massimo e il miglior recupero di materiali in termini di qualità in ciascuna delle fasi del riciclaggio, vale a dire raccolta, smaltimento, pretrattamento e riciclaggio/raffinazione; (...)
Risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 sulla revisione del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma d'azione in materia di ambiente – Un ambiente migliore per una vita migliore
Il Parlamento europeo, (...)
31. ritiene che il settimo PAA debba favorire l'introduzione di incentivi volti a sostenere la domanda di materiali riciclati, in particolare se incorporati nel prodotto finale;
32. è del parere che il settimo PAA debba prevedere la piena attuazione della legislazione sui rifiuti, in particolare il rispetto della gerarchia, garantendo coerenza con le altre politiche dell'UE; ritiene che esso debba fissare obiettivi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio più ambiziosi, tra cui una netta riduzione della produzione di rifiuti, un divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati, con riferimento alla gerarchia prevista nella direttiva quadro sui rifiuti e un divieto rigoroso di smaltimento in discarica dei rifiuti raccolti separatamente, nonché obbiettivi settoriali per l'efficacia delle risorse e parametri per l'efficienza dei processi; ricorda che i rifiuti costituiscono, inoltre, una risorsa che spesso può essere riutilizzata, assicurando un impiego efficiente delle risorse; invita la Commissione a studiare come migliorare l'efficacia della raccolta dei rifiuti provenienti dai prodotti di consumo grazie a un'espansione dell'applicazione del principio della responsabilità estesa del produttore, nonché mediante orientamenti riguardanti la gestione dei sistemi di recupero, raccolta e riciclaggio; sottolinea la necessità di investire nel riciclaggio delle materie prime e delle terre rare, in quanto i processi di estrazione, raffinazione e riciclaggio delle terre rare possono avere gravi conseguenze per l'ambiente se non vengono gestiti correttamente;
33. ritiene che gli obiettivi già definiti in varie direttive in relazione alla raccolta e alla separazione dei rifiuti debbano essere ulteriormente elaborati e impostati in modo da ottenere il massimo e il miglior recupero di materiali in termini di qualità in ciascuna delle fasi del riciclaggio, vale a dire raccolta, smaltimento, pretrattamento e riciclaggio/raffinazione; (...)
Risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 sulla revisione del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma d'azione in materia di ambiente – Un ambiente migliore per una vita migliore
nella
foto: la fantasia al potere: alcuni tipi
di contenitori di rifiuti urbani
RIUSCIREMO MAI A METTERE IL RISPETTO DELLA DIGNITA' UMANA DAVANTI ALL'EGEMONIA DEL GRANDE CAPITALE E DELLA GRANDE INDUSTRIA INQUINANTE?
RispondiEliminaSolo per esempio, prendiamo il caso recentissimo dell’Ilva di Taranto che è una delle maggiori fonti di diossina del continente. Il 92% delle emissioni di diossina italiane vengono respirate dai tarantini (dati Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti - 2006). Inoltre, Taranto e’ tra le zone con la maggior incidenza di tumori del Sud Italia e la percentuale di tumori ai polmoni supera di molto la media nazionale.
Come Taranto c'è Augusta, Civitavecchia, Vado Ligure e centinaia di altri impianti in cui ci sono tantissime realta' sociali che vanno aiutate a rivivere.
"Quando si discute dello sviluppo di un Paese si discute esclusivamente del suo sviluppo economico, non culturale, sociale, ambientale. E questo è, di certo, un limite. Lo sviluppo complessivo di un Paese si riduce miseramente a cartina di tornasole della sua sola crescita economica come se questo fosse sufficiente ad innalzare gli standard di vita della popolazione e ad aumentare il benessere e la qualità della vita del cittadino. E’ condizione necessaria ma di certo non sufficiente.
Se poi, la rincorsa sfrenata alla sola crescita economica, oltre che a deprimere la qualità della vita di sacche sempre più vaste di popolazione, ti dimentica riducendoti a vittima sacrificale di forme sempre più incisive di povertà, allora alla beffa c’è anche il danno.
Quando si percepisce, quasi a pelle, la stanchezza nell’essere forzatamente imprigionati nella povertà e nella miseria della propria condizione sociale mentre intorno si dispiega sfacciatamente il graduale dissolvimento della solidarietà umana per colpa di una cultura di stampo liberista, ci si rende testimoni di una vera rassegnazione sociale e civile. Una lenta morte culturale che tiene il passo ad un degrado sociale ed economico decennale. Tutti rivendicano con rabbia la riconquista della propria dignità di essere umano."