2 agosto 2012

I termosvalorizzatori di sinistra

di Massimo Marino

Il Parlamento europeo ha approvato un rapporto sulle linee guida del prossimo programma ambientale UE. Prevede il divieto di incenerimento dei rifiuti a vantaggio del riciclaggio. La relazione “sulla revisione del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma”,votata a stragrande maggioranza, invita la  Commissione ( l’organo esecutivo europeo) a seguire  la linea indicata  per salvaguardare  l'ambiente e chiudere una volta per tutte con pratiche obsolete e pericolose come l'incenerimento dei rifiuti”.

 
Nel nostro Paese 15 milioni di tonnellate di rifiuti (su un totale di 32) finiscono ancora  in discarica senza nessun trattamento, 4,6 mil di  ton sono inceneriti in 50  impianti ( circa 100 linee ) di diversa età, taglia, tecnologia. In realtà meno di un terzo di RSU e assimilati prodotti vengono realmente differenziati, recuperati  e, si spera,  riutilizzati secondo il loro ruolo potenziale di materie prime seconde.
Secondo il recente decreto del governo  ispirato dal ministro dell'Ambiente Clini (che persegue da anni questo obiettivo) si aumenterà l’incenerimento utilizzando “combustibili solidi secondari” (cioè rifiuti, in teoria preselezionati)  nei forni degli impianti che producono cemento. Da molti punti di vista ( tecnologie, temperature, abbattimento scorie, controlli ) un salto indietro e nel buio; un medioevo tecnologico oltre che un favore non da poco all’AITEC e alle  poche aziende che controllano il settore ( le solite Cementir, Italcementi, Buzzi Unicem…).L’Italia resta il paese europeo con la maggiore produzione di cemento ma l’AITEC lamenta le eccessive limitazioni all’uso dei propri impianti, concepiti per fare altro, per bruciare rifiuti.

Dal punto di vista della termodinamica e dei bilanci di materia e di energia, l’incenerimento dei rifiuti urbani e degli assimilabili è il massimo dell’irrazionalità. Materiali provenienti dalla cellulosa, alberi secolari o coltivati come i pioppi, tagliati, trasportati a volte illegalmente e per migliaia di km,  e  lavorati per produrre carte e cartoni, mobili, materiali misti e molto altro, vengono alla fine buttati e bruciati. Se ne ricava un po’ di energia elettrica, invece di rimettere in ciclo cellulosa e truciolato di legno. Il vetro, ottenuto per estrazione da rocce e sabbie contenenti silicati, sali di boro e fosfati, depurati, portati a fusione ad alte temperature ed a raffreddamento non cristallino, può essere usato per recipienti e bottiglie riempite una volta sola per un po’ di latte, di acqua zuccherata, di olio e poi buttate in discariche o inceneritori; fra l’altro con potere calorifero pressocchè nullo. Altri materiali, in genere metalli, anche rari e preziosi, estratti mediante escavazioni in lontani paesi asiatici o africani, dopo un lungo processo di lavorazione ci forniscono i contenitori usa e getta per la nostra coca-cola, per la splendida carrozzeria della nostra 500, e per migliaia di prodotti diversi per i quali non è previsto, nella loro ideazione,  il riutilizzo in nessuna forma. Non ci soffermiamo sulle plastiche da petrolio  perché è forse la questione più nota. Basti dire che una nuova geografia nel pianeta  di isole e isolotti si sta affermando per l’accumulo di plastiche negli oceani.

Negli impianti di incenerimento, la cui denominazione più corretta è quella di termosvalorizzatori, il tutto viene arrostito su una grande griglia trasformando pressocchè tutto il carbonio in ossido o anidride carbonica, l’idrogeno e l’ossigeno  in vapore acqueo; il singolare arrosto crea  molecole organiche difficilmente degradabili, alcune quasi indistruttibili e altamente pericolose  per tutti gli esseri viventi come le diossine.
E’poco noto che il tutto lascia un consistente residuo (circa il 25% in peso su quanto si carica) di ceneri e scorie di abbattimento fumi e filtri  altamente tossiche e difficilmente utilizzabili. La limitata produzione di energia elettrica  si giustifica economicamente solo perché i termosvalorizzatori, intendendo in questo caso i gestori degli impianti, ricevono contributi pubblici (nel caso italiano proprio da noi attraverso il CIP6 della bolletta elettrica, quasi ironicamente sotto  la voce di contributo per le energie rinnovabili e certificati verdi ). Nell’ultimo anno circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti vari sono passati in Italia nei termosvalorizzatori lasciandoci in eredità quasi 1,5 milioni di tonnellate di scorie solide tossiche delle quali è meglio non sapere (come non sappiamo) in quali discariche speciali,  più o meno controllate, finiscano. Solo dai termosvalorizzatori almeno due milioni di tonnellate di materie prime seconde (cioè candidabili ad un secondo utilizzo) in un anno le abbiamo buttate ..al vento o nel pozzo senza fondo dello spreco neppure energetico dei residui dei forni.
 L’unico aspetto positivo della faccenda, di cui si discute in modo acceso da alcuni decenni, è che un ristretto gruppo di industriali (fra i più noti la signora Marcegaglia), varie cosche mafiose ben ramificate nel paese, un certo numero di amministratori che tessono le lodi di questi miracolosi impianti, hanno decisamente elevato il loro tenore di vita poiché, solo per gli urbani, si tratta di un giro di “affari” di parecchi miliardi di euro all’anno. 

Secondo il rapporto ENEA-Federambiente dell’ aprile scorso i 53 impianti di incenerimento presenti da fine 2010 hanno una capacità di smaltimento di poco più di 7 milioni di tonn/anno di rifiuti, con una capacità termica di meno di 3000 Megawatt ed una potenza elettrica di meno di 800 Megawatt elettrici (l’Italia richiede circa 40 GW di potenza elettrica totale). In gran parte (82%) sono i soliti impianti a griglia, e meno del 15% a letto fluido.  Quelli che contano sono i 6 grandi termosvalorizzatori che sono in grado di trattare almeno 600 tonn/giorno ( circa 200.000 all’anno ) di rifiuti: da soli il 40% del totale.
Comunque 29 impianti (con 59 linee) sono nelle regioni del Nord, 15 (23 linee) in quelle del Centro e 9 (20 linee) in quelle del Sud e Isole. Sembra già da questi primi dati che i termosvalorizzatori abbiano una netta caratterizzazione di sinistra; ed una marcata propensione, come vedremo, all’asse sinistra-centro; con grande invidia di Berlusconi e soci… 

Nessun nuovo impianto è entrato in funzione nell’ultimo anno. La produzione di rifiuti e la aliquota differenziata (ufficialmente attorno al 34% ),  sono pressocchè stabili, a parte l’incidenza della crisi dei consumi che si è fatta sentire, specie nel 2008-2009. Secondo l’ISTAT nel 2011 si valuta una diminuzione dei rifiuti (-2,9%)  ed un limitato aumento del recupero ( + 1,8%)  Il recupero dei materiale è in realtà una media fra il centro-nord che spesso supera il 40% ed il sud che è in gran parte sotto il 20%. Città come Napoli e Bari restano sotto il 20%. In Sicilia la RD praticamente non esiste: a Palermo 7,4%, a Catania 5,6%, a Messina 3,8%, più che altro un pretesto per alimentare qualche ulteriore segmento di clientelismo locale.

Tutti i dati vanno presi con prudenza: stante la bassa qualità della selezione del differenziato nelle aziende di trasformazione e recupero lo scarto finale è elevato ( 10-20% a seconda del materiale, delle zone e dei metodi di recupero ). Trascurando la quota di mercato indefinibile gestita dalle mafie, che non distinguono fra urbani, assimilabili e i più pericolosi ( e più redditizi )  industriali, smaltiti in genere su terreni agricoli, cave, fiumi , mari e oceani si può concludere che dopo 30 anni di battaglie, scontri, comitati, associazioni, movimenti e partiti di vocazione ambientalista, compresi alcuni ministri di dichiarata connotazione verde, meno di un terzo dei rifiuti prodotti ancora negli ultimissimi  anni sono stati realmente recuperati ad una seconda vita.

Le centinaia di comitati locali, l’insistenza delle associazioni ambientaliste, la presenza di ambientalisti nelle istituzioni negli anni passati a diversi livelli, l’azione di alcuni magistrati e di parte delle forze dell’ordine  hanno contenuto il dilagare delle discariche legali e spesso irregolari, che si sono più che dimezzate arrivando a poco più di 200 seppure di dimensioni maggiori del passato; cosiccome è stata contenuta fino ad oggi la vocazione al dilagare dei termosvalorizzatori, uno dei settori dove il connubio fra pubblico, privato e illegale ha esercitato per due decenni una incessante azione di lobby.Per i quali è di fatto impossibile il controllo di routine di quanto, cosa e come  si brucia, a meno che si decida di istallare una stazione di carabinieri in ogni impianto. 

Dopo anni di iniziative e proposte,  in una parte significativa del paese la proposta della raccolta differenziata “porta a porta” è diventata realtà ma i successi principali si sono avuti nei comuni di piccola e media dimensione in alcune decine dei quali si arriva anche al di sopra del 70%. In 16 su 110 capoluoghi di provincia il recupero è arrivato al 60%.
Paradossalmente sono le amministrazioni di centro-sinistra o di sinistra-centro che stanno tentando il rilancio del vecchio modello basato sull’incenerimento, mettendo ai margini, seppure in modo non dichiarato, sia la vocazione  allo sviluppo ulteriore del recupero differenziato e del riciclo sia soprattutto una idea di conversione ecologica nell’uso dei materiali che va alla fonte della produzione dei materiali cambiandone modalità, tecnologie, ed alla fine del ciclo attraverso un riutilizzo dei materiali concepito come un nuovo e originale settore produttivo con effetti occupazionali di grande potenzialità. La questione non interessa minimamente gran parte della sinistra istituzionale che, specie nelle aree più popolate, tranne eccezioni la ignora o la considera con sufficienza.

Fra i pochi impianti di incenerimento in costruzione la regione Puglia ha il record del numero di impianti e la città di Torino ha il record del più grande impianto in costruzione nel nostro paese e fra i più grandi ( forse il più grande)  d’Europa.
La giunta Vendola 2, mentre la raccolta differenziata nella regione langue sotto il 20 %,  può vantare i  quasi ultimati lavori per l’ entrata in funzione di sei impianti che trasformeranno i rifiuti solidi urbani in combustibile da rifiuti (Cdr) , realizzati da Cogeam, società partecipata dal gruppo Marcegaglia; tratterebbero  900mila tonnellate di rifiuti, trasformati in circa 400mila tonnellate di Cdr. All’attuale impianto da 25mila tonn  d' incenerimento di Massafra ( gestione Appia Energy, gruppo Marcegaglia) si aggiungeranno a breve 98mila tonn che finiranno nell' inceneritore Eta (sempre gruppo Marcegaglia) nelle campagna tra Manfredonia e Cerignola, grazie anche ad un contributo pubblico di 15 milioni di euro ed all’impegno costante dell’UDC particolarmente sensibile al tema. Poi l’impianto di  Modugno, al momento sotto sequestro giudiziario. Lo smaltimento del Cdr, avverrà anche nei forni dei cementifici: a Barletta (Buzzi Unicem) e a Taranto (gruppo Caltagirone). Si tratta dei cosiddetti co-inceneritori benedetti da Clini.

Ma il bello lo prepara a Torino la giunta, quasi un  monoclore PD di fatto (perché SeL e IdV sono poco più che oleogrammi nella maggioranza), con l’impianto del Gerbido, un mega termosvalorizzatore da più di 400mila tonn/anno in costruzione nella periferia di Torino, che vanta già il record di città più inquinata d’Italia, in questi giorni riconfermato. L’impianto, non ancora finito, proprio qualche giorno fa è già stato messo in vendita ( 80%, cioè controllo assoluto dei privati ) nell’ambito della privatizzazione generale (rifiuti, acqua, trasporti, perfino i nidi) che è poi il ruolo assegnato a Fassino con la sua elezione; in perfetta continuità culturale con i suoi predecessori che hanno dimostrato che il modo migliore di contenere il centro-destra è quello di assumerne la stessa vocazione, specie sulle questioni ambientali, dei trasporti e della cementificazione del territorio (più di 200 varianti al Piano regolatore); ma con maggiore efficienza e capacità di controllo sociale e in ottimo  accordo con le aree di centro tipo UDC e moderati. Un  anticipo su quanto si prepara sul piano nazionale, mentre nelle varie scadenze elettorali ( provinciali 2009, regionali 2010, comunali 2011 ) si sono dissolti da soli i variegati frammenti eco-civici, alternativi, di estrema sinistra: un vero capolavoro di masochismo narcisistico che ha fatto tabula rasa di qualunque presenza istituzionale e lasciato totale campo libero, con l’unica vera opposizione circoscritta ai due grillini eletti che fanno quello che possono in un panorama così disastrato.  

La Conversione ecologica, intesa come insieme di idee, azioni e pratiche istituzionali contrapposte e alternative al modello dello spreco e della irrazionalità energetica che conseguono alle logiche della dissipazione dei beni comuni e delle risorse a favore dei comitati d’affari  e dei loro gregari nel sistema dei partiti, richiede di ricominciare dall’inizio. Avviando la transizione nelle tre fasi di vita dell’uso dei materiali: dalla formazione, all’uso razionale, al recupero e riciclo.
Nella produzione dei materiali e degli imballaggi serve il lavoro dei ricercatori in diverse direzioni: la progressiva eliminazione dei materiali misti ( esempio tipico il tetrapack ) arrivando a materiali unici standard nel confezionamento ( ad es. dei prodotti alimentari ), la riduzione degli imballaggi ( peso e volume-forma)  tendendo a formati standard e con la minore superfice (cioè alla fine minore  quantità); all’uso di materiali leggeri e concepiti per eventuali secondi usi tal quali; per fare un esempio con riferimento al gioco del Lego contenitori std e di colori appropriati potrebbero essere concepiti e assemblati in modo da avere un utilizzo diverso (es scaffali per librerie o altri oggetti di uso casalingo); eliminazione dello spreco da sovradimensinamento dei contenitori (tipico esempio i minuscoli apparati elettrici e informatici in involucri a volte di dimensioni dieci volte il loro contenuto). La razionalizzazione delle etichettature che devono essere facilmente rimovibili (oltre che leggibili)  per permettere un più facile riutilizzo dei contenitori per altri usi. La standardizzazione ha infiniti risvolti: per fare un esempio non si comprende perché 10 cellulari diversi di 10 diversi modelli e aziende debbano  richiedere 10 diversi tipi di trasformatori di ricarica. Oppure perché si debba consentire la quotidiana distribuzione di milioni di depliant pubblicitari ( in carta quasi sempre non riciclata ) presso le buche delle lettere, dei quali probabilmente la gran parte vengono cestinati senza neanche essere aperti e  che potrebbero essere sostituiti da bacheche condominiali e comunque imponendo un uso moderato e con sola carta riciclata.

La raccolta differenziata dei diversi materiali, sia nella versione porta a porta, sia nella raccolta di strada dove ancora è presente, deve essere profondamente razionalizzata, prima di tutto definendo in tutto il territorio nazionale un unico colore standard dei contenitori per ogni singolo materiale e definendo un numero contenuto di  dimensioni standard (es piccola, media, grande ) alle quali tutti i comuni e consorzi si devono adeguare nell’arco di un numero limitato di anni e per tutti i contenitori di nuova fattura. Stroncando la sconfinata e diseducativa fantasia creativa per cui nella stessa città esistono decine di fatture, colori e dimensioni diverse che disorientano molti  cittadini che ne traggono la conclusione che in fin dei conti non si tratti di una cosa seria, specie se non riscontrano effetti del proprio impegno civico sulle tariffe.  Con il tempo è stata abbandonata anche l’idea che le postazioni di raccolta siano isole, complete di tutte le tipologie, ma distribuendo a caso bidoni isolati  qua e là davanti i diversi portoni delle abitazioni si è data l’idea che il tutto abbia un fondo di irrazionalità e causalità. Inoltre non si comprende perché si trascuri la qualità visiva dei contenitori, normalmente sporchi e privi di alcuna manutenzione mentre potrebbero diventare ornamenti gradevoli e colorati del paesaggio urbano. 

L’insieme di questi interventi non ha nulla di straordinario, sono facilmente ottenibili con semplici decreti e regolamenti ma richiedono, oltre ad un lavoro dei ricercatori, una volontà politica motivata e orientata che sembra non interessare gran parte degli attuali amministratori.
Infine bisogna contrastare la superficiale consuetudine dell’usa e getta, dai piccoli contenitori fino a mobili ed apparecchiature di medie e grandi dimensioni. L’organizzazione  e la diffusione in tutti i quartieri dei mercatini del riciclo e del baratto, potenzialmente molte migliaia nel paese, deve essere stimolata, regolamentata con una specifica disciplina fiscale di livello nazionale oggi praticamente inesistente, superando la attuale presenza di nicchia che caratterizza queste iniziative. 
   
La scelta di fondo che conduce all’incenerimento,  che è l’evidente prodotto composto della incapacità amministrativa, del prevalere delle lobby affaristiche e mafiose, della semplice indifferenza alle condizioni ambientali e sociali dilaganti da anni nella classe politica può cancellare anche i risultati ottenuti, come la diffusione del porta a porta. E’ necessario avviare la transizione: anche qui il ricambio della classe politica e la priorità del progetto sugli interessi privati o personali è  requisito necessario e urgente.  

Gli articoli della risoluzione del Parlamento europeo riguardanti i rifiuti
Il Parlamento europeo, (...)

31. ritiene che il settimo PAA debba favorire l'introduzione di incentivi volti a sostenere la domanda di materiali riciclati, in particolare se incorporati nel prodotto finale;
32. è del parere che il settimo PAA debba prevedere la piena attuazione della legislazione sui rifiuti, in particolare il rispetto della gerarchia, garantendo coerenza con le altre politiche dell'UE; ritiene che esso debba fissare obiettivi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio più ambiziosi, tra cui una netta riduzione della produzione di rifiuti, un divieto di incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati, con riferimento alla gerarchia prevista nella direttiva quadro sui rifiuti e un divieto rigoroso di smaltimento in discarica dei rifiuti raccolti separatamente, nonché obbiettivi settoriali per l'efficacia delle risorse e parametri per l'efficienza dei processi; ricorda che i rifiuti costituiscono, inoltre, una risorsa che spesso può essere riutilizzata, assicurando un impiego efficiente delle risorse; invita la Commissione a studiare come migliorare l'efficacia della raccolta dei rifiuti provenienti dai prodotti di consumo grazie a un'espansione dell'applicazione del principio della responsabilità estesa del produttore, nonché mediante orientamenti riguardanti la gestione dei sistemi di recupero, raccolta e riciclaggio; sottolinea la necessità di investire nel riciclaggio delle materie prime e delle terre rare, in quanto i processi di estrazione, raffinazione e riciclaggio delle terre rare possono avere gravi conseguenze per l'ambiente se non vengono gestiti correttamente;
33. ritiene che gli obiettivi già definiti in varie direttive in relazione alla raccolta e alla separazione dei rifiuti debbano essere ulteriormente elaborati e impostati in modo da ottenere il massimo e il miglior recupero di materiali in termini di qualità in ciascuna delle fasi del riciclaggio, vale a dire raccolta, smaltimento, pretrattamento e riciclaggio/raffinazione; (...)


Risoluzione del Parlamento europeo del 20 aprile 2012 sulla revisione del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma d'azione in materia di ambiente – Un ambiente migliore per una vita migliore

nella foto: la fantasia al potere: alcuni tipi di contenitori di rifiuti urbani

1 commento:

  1. RIUSCIREMO MAI A METTERE IL RISPETTO DELLA DIGNITA' UMANA DAVANTI ALL'EGEMONIA DEL GRANDE CAPITALE E DELLA GRANDE INDUSTRIA INQUINANTE?
    Solo per esempio, prendiamo il caso recentissimo dell’Ilva di Taranto che è una delle maggiori fonti di diossina del continente. Il 92% delle emissioni di diossina italiane vengono respirate dai tarantini (dati Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti - 2006). Inoltre, Taranto e’ tra le zone con la maggior incidenza di tumori del Sud Italia e la percentuale di tumori ai polmoni supera di molto la media nazionale.
    Come Taranto c'è Augusta, Civitavecchia, Vado Ligure e centinaia di altri impianti in cui ci sono tantissime realta' sociali che vanno aiutate a rivivere.

    "Quando si discute dello sviluppo di un Paese si discute esclusivamente del suo sviluppo economico, non culturale, sociale, ambientale. E questo è, di certo, un limite. Lo sviluppo complessivo di un Paese si riduce miseramente a cartina di tornasole della sua sola crescita economica come se questo fosse sufficiente ad innalzare gli standard di vita della popolazione e ad aumentare il benessere e la qualità della vita del cittadino. E’ condizione necessaria ma di certo non sufficiente.
    Se poi, la rincorsa sfrenata alla sola crescita economica, oltre che a deprimere la qualità della vita di sacche sempre più vaste di popolazione, ti dimentica riducendoti a vittima sacrificale di forme sempre più incisive di povertà, allora alla beffa c’è anche il danno.
    Quando si percepisce, quasi a pelle, la stanchezza nell’essere forzatamente imprigionati nella povertà e nella miseria della propria condizione sociale mentre intorno si dispiega sfacciatamente il graduale dissolvimento della solidarietà umana per colpa di una cultura di stampo liberista, ci si rende testimoni di una vera rassegnazione sociale e civile. Una lenta morte culturale che tiene il passo ad un degrado sociale ed economico decennale. Tutti rivendicano con rabbia la riconquista della propria dignità di essere umano."

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