Skate col paracadute, surfisti
dell’aria, sfide di aquiloni. Il vecchio Tempelhof, nel centro di Berlino, è
diventato un anarchico parco del vento. In attesa che decollino i grandi
progetti immobiliari
di Raffaele
Oriani *
A PRIMAVERA
BERLINO MUTA PELLE. E non è una novità. Si fa un bel bagno di folla. E nemmeno
questa è una notizia. Macina storia. Ed è il suo karma. Allora mettiamola così:
a primavera a Berlino plani con il windsurf in aeroporto. Prendete uno
skate, montateci una vela, aspettate la brezza della sera. E poi scegliete la
pista: decollo, atterraggio, o taxiway per i velisti alle prime armi. Non siete
in campagna, ma a perdita d'occhio vedete solo prati, cespugli e migliaia di
tiratardi come voi che cercano il vento, vanno in bici, corrono, fanno volare
aquiloni. Nessuna competizione, niente di organizzato, nemmeno un chiosco che
noleggi l'attrezzatura o faccia pagare il biglietto. Solo gente che viene,
gioca e va: all'assessorato allo Sport della capitale tedesca assicurano che da
qualche tempo qui fa attività fisica anche chi non ci aveva mai pensato prima.
E sì che Berlino era già la città più verde d'Europa, con 420 mila alberi che tra aprile e maggio le cambiano i connotati, e 130 specie di uccelli che nidificano tra Porta di Brandeburgo, Ku'damme Alexanderplatz. Ma i 370 immensi ettari dell'ex aeroporto di Tempelhof (uno spazio più grande di Central Park) hanno aggiunto l'emozione del vuoto assoluto in pieno centro. E l'occasione di un'ultima stagione d'anarchia prima che intervengano colossi immobiliari, quartieri residenziali, torri da uffici.
Tempelhof non è stato un aeroporto qualsiasi. Qui nel 1926 nasce la Lufthansa, e qui nel 1936 viene costruito quello che allora passava per l'edificio più grande del mondo: 1,3 chilometri di saloni di granito in cui smistare i bagagli, gestire il traffico aereo e accogliere i visitatori del nuovo Reich millenario. È una struttura austera, quasi lugubre, che tuttavia non ha mai smesso di affascinare profani e addetti ai lavori: per sir Norman Foster Tempelhof è addirittura «la madre di tutti gli aeroporti», anche perché dopo la guerra perde in fretta la patina nazista e diventa la base per il ponte aereo con cui gli Alleati salvano Berlino dai 462 giorni di blocco imposto dai sovietici. Poi, però, anche il Novecento cambia passo: rallenta, si acquieta, si normalizza. E Tempelhof diventa il meno frequentato dei tre aeroporti della rediviva capitale tedesca. Tanta storia svapora definitivamente il 31 ottobre 2008, dopo che un referendum indetto per salvare l'aeroporto manca il quorum e spiana la strada allo smantellamento del traffico aereo in centro città.
Berlino è una cipolla: continua a sfogliare i suoi strati di storia, a neutralizzarne i ricordi nei musei e liberarne le quinte per lo spettacolo del consumo. Ma, tolto uno strato, se ne trova subito un altro. Negli anni Novanta, Christo impacchetta il vecchio Reichstag, prima di consegnarlo al tocco taumaturgico di Foster&Partners. Nei Duemila, è un semplice prato per professionisti dell'ozio a cacciare gli ultimi fantasmi dalle rovine del Castello degli Hohenzollern.
Ora è la volta di questa sterminata oasi di verde e d'asfalto che viene dal buio della storia e non si sa dove andrà a finire. Nel frattempo, a contare è soprattutto l'energia del presente: pochi mesi dopo la chiusura dell'aeroporto, un esercito di squatters dà l'assalto agli otto chilometri di reticolato, tentando l'irruzione con le cattive. Tempelhof resiste ma, passato un altro anno, l'amministrazione annuncia il liberi tutti dall'alba al tramonto: dall'8 maggio 2010 l'enorme buco fra le case dei popolari quartieri di Kreuzberg e Neukölln è diventato la più grande palestra a cielo aperto d'Europa. Ognuno ha il suo spazio, nessuno deve mettersi in fila. Chi corre fa sei volte il giro del parco per completare i 42 chilometri della maratona. Chi ha la passione del modellismo ha un cielo intero a disposizione per i suoi miniaerei. Chi non si accontenta dello skate cerca di sollevarsi da terra con un paracadute di fortuna. Chi, invece, ha passioni più esclusive, può fare domanda per un metro quadro di terreno al modico prezzo di un euro all'anno: sono artisti, sportivi, giardinieri, contadini - soprattutto contadini alle prese con piccoli orti - che l'amministrazione cittadina coltiva come una riserva di buone pratiche da "pionieri".
E sì che Berlino era già la città più verde d'Europa, con 420 mila alberi che tra aprile e maggio le cambiano i connotati, e 130 specie di uccelli che nidificano tra Porta di Brandeburgo, Ku'damme Alexanderplatz. Ma i 370 immensi ettari dell'ex aeroporto di Tempelhof (uno spazio più grande di Central Park) hanno aggiunto l'emozione del vuoto assoluto in pieno centro. E l'occasione di un'ultima stagione d'anarchia prima che intervengano colossi immobiliari, quartieri residenziali, torri da uffici.
Tempelhof non è stato un aeroporto qualsiasi. Qui nel 1926 nasce la Lufthansa, e qui nel 1936 viene costruito quello che allora passava per l'edificio più grande del mondo: 1,3 chilometri di saloni di granito in cui smistare i bagagli, gestire il traffico aereo e accogliere i visitatori del nuovo Reich millenario. È una struttura austera, quasi lugubre, che tuttavia non ha mai smesso di affascinare profani e addetti ai lavori: per sir Norman Foster Tempelhof è addirittura «la madre di tutti gli aeroporti», anche perché dopo la guerra perde in fretta la patina nazista e diventa la base per il ponte aereo con cui gli Alleati salvano Berlino dai 462 giorni di blocco imposto dai sovietici. Poi, però, anche il Novecento cambia passo: rallenta, si acquieta, si normalizza. E Tempelhof diventa il meno frequentato dei tre aeroporti della rediviva capitale tedesca. Tanta storia svapora definitivamente il 31 ottobre 2008, dopo che un referendum indetto per salvare l'aeroporto manca il quorum e spiana la strada allo smantellamento del traffico aereo in centro città.
Berlino è una cipolla: continua a sfogliare i suoi strati di storia, a neutralizzarne i ricordi nei musei e liberarne le quinte per lo spettacolo del consumo. Ma, tolto uno strato, se ne trova subito un altro. Negli anni Novanta, Christo impacchetta il vecchio Reichstag, prima di consegnarlo al tocco taumaturgico di Foster&Partners. Nei Duemila, è un semplice prato per professionisti dell'ozio a cacciare gli ultimi fantasmi dalle rovine del Castello degli Hohenzollern.
Ora è la volta di questa sterminata oasi di verde e d'asfalto che viene dal buio della storia e non si sa dove andrà a finire. Nel frattempo, a contare è soprattutto l'energia del presente: pochi mesi dopo la chiusura dell'aeroporto, un esercito di squatters dà l'assalto agli otto chilometri di reticolato, tentando l'irruzione con le cattive. Tempelhof resiste ma, passato un altro anno, l'amministrazione annuncia il liberi tutti dall'alba al tramonto: dall'8 maggio 2010 l'enorme buco fra le case dei popolari quartieri di Kreuzberg e Neukölln è diventato la più grande palestra a cielo aperto d'Europa. Ognuno ha il suo spazio, nessuno deve mettersi in fila. Chi corre fa sei volte il giro del parco per completare i 42 chilometri della maratona. Chi ha la passione del modellismo ha un cielo intero a disposizione per i suoi miniaerei. Chi non si accontenta dello skate cerca di sollevarsi da terra con un paracadute di fortuna. Chi, invece, ha passioni più esclusive, può fare domanda per un metro quadro di terreno al modico prezzo di un euro all'anno: sono artisti, sportivi, giardinieri, contadini - soprattutto contadini alle prese con piccoli orti - che l'amministrazione cittadina coltiva come una riserva di buone pratiche da "pionieri".
Ma quanto durerà l'allegra anarchia di Tempelhof? Il Senato della città ha già fatto sapere che ci sono progetti per costruire una grande biblioteca, un quartiere della scienza, un'area residenziale. E un parco, certo: con fontane, monumenti, laghetti, aiuole. Non sembra malaccio, ma in un forum del settimanale Zeit c'è chi parla per tutti dicendo che «oggi il bello di Tempelhof è che non vuole essere assolutamente nulla. Non è un parco per il tempo libero, per lo sport, per la cultura o il giardinaggio: è puro spazio, il regalo più bello che una città può fare ai suoi abitanti». Tempelhof può vantare una lunga tradizione di movimenti civici che - con determinazione tutta tedesca e creatività berlinese - di volta in volta si sono battuti per la chiusura dell'aeroporto, il suo mantenimento, la costruzione di un memorial alle vittime del nazismo, l'apertura illimitata degli spazi. L'ultima iniziativa si chiama 100%. Vuole lasciare le cose esattamente come stanno. Il grande nulla al centro della città. Per coltivare patate novelle. O volare a bordo di un windsurf.
* da www.iodonna.it 17 marzo 2012 foto di Christoph Otto
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