Intervista . Il premier verso il suo terzo mandato,
«ma in questi quattro anni ha perso molto e ora i partiti dell’opposizione
potrebbero sfruttare questa occasione», parla la filosofa ungherese
di Massimo Congiu *
Filosofa,
allieva di György Lukács e in seguito sua assistente universitaria e
collaboratrice, Ágnes Heller è stata una delle principali esponenti della
«Scuola di Budapest». Nata nel 1929 nella capitale ungherese, scampata alla
Shoah, è oggi una delle voci critiche nei confronti del sistema di Viktor
Orbán. Heller è nota in occidente per la teoria dei bisogni radicali e della
rivoluzione della vita quotidiana e per aver dato luogo a una lettura del
marxismo dal punto di vista antropologico e antieconomicista. La teoria dei
bisogni in Marx, 1974, La filosofia radicale, 1978, e Filosofia
morale, 1990, sono tra le sue opere tradotte in italiano.
Facciamo un
bilancio di questi ultimi anni di governo.
Negli ultimi
quattro anni il governo si è occupato di concentrare il potere nelle sue mani.
E di esercitare soprattutto il controllo delle manifestazioni di dissenso. In
pratica ha cercato di annientare l’opposizione. Basta considerare il discorso
di Orbán dello scorso 15 marzo (festa nazionale, ndr) in cui parlava di
repressione contro quanti lo avversano, contro i partiti e le organizzazioni
della società civile che si oppongono alla sua politica, contro gli
organizzatori delle manifestazioni antigovernative e contro i giornalisti che
lo criticano. Gli ha promesso ritorsioni. La situazione è peggiorata, non c’è
stata libertà di stampa, che è stata progressivamente limitata. Inoltre la
propaganda governativa mente al 100%, un po’ come quattro anni fa quando il
governo ha promesso la riduzione dei costi delle utenze.
Soprattutto
negli ultimi tre anni il governo ha battuto molto sulla questione migranti.
Sì, e oggi
Orbán dice che l’opposizione vuole portare in Ungheria milioni di migranti,
sopprimere la specificità culturale del paese e la sua identità cristiana. Non
c’è niente di vero in ciò che il governo attribuisce all’opposizione in questo
senso, ossia aprire le porte del paese a tutti: agli africani, a tutti i
migranti, invitarli a entrare in Ungheria in modo indiscriminato e mettere a
loro disposizione una casa, un posto in cui stare a titolo gratuito. Questo è
oggi l’aspetto centrale della propaganda governativa.
L’altro tema
della propaganda orbaniana è quello riguardante la figura di George Soros.
Il tema è
legato a quello dei migranti e fa capo allo stesso meccanismo. Per il governo,
Soros è colui il quale organizza tutte queste macchinazioni ai danni del paese.
Quello che muove i fili dietro i partiti dell’opposizione che secondo il
governo non rappresentano l’Ungheria e fanno piuttosto gli interessi di una
congiura internazionale. Secondo l’esecutivo, Soros coordina questa congiura, è
il ragno che cattura tutti nella sua tela. Il governo Orbán gioca il ruolo del
difensore del paese da tutti i pericoli esterni e quindi anche da Soros.
Quest’ultimo è una figura mitologica, è Mefisto, Lucifero, è il diavolo che
tenta tutti e vorrebbe fare la stessa cosa anche con l’Ungheria per
distruggerla. Solo Viktor Orbán si erge in difesa del paese, solo lui può
proteggerlo da queste minacce. Questa è più o meno la narrazione governativa.
L’opposizione
lancia al governo accuse di corruzione.
Credo che
corruzione sia il termine sbagliato. Corruzione è quando un uomo d’affari paga
un rappresentante del governo. Quando la politica influenza l’economia. Quando
il mondo degli affari condiziona la politica. Quella è la corruzione. In
Ungheria non avviene esattamente questo, quindi a mio avviso non si può
parlare, tecnicamente, di corruzione. Esiste un partito, questo partito crea
l’oligarchia ungherese i cui membri prendono soldi, hanno una fetta di potere e
contemporaneamente si assumono l’impegno di rimanere fedeli al partito e hanno
il compito di sostenerlo. Fanno capo a Viktor Orbán ed è come se fossero membri
di una stessa famiglia. Questo sistema viene chiamato da alcuni «stato-mafia»,
è forse una buona definizione. Potremmo anche parlare di feudalesimo, con un
signore che premia i suoi sottoposti con i latifondi. Sono cose che accadono
all’interno di un circuito legale. Il 20-30% dei fondi ricevuti dall’Unione
europea viene intascato dal governo e dalle persone a esso vicine, sempre con
questo sistema.
Come vede
l’opposizione?
L’opposizione
potrebbe vincere queste elezioni se avesse la generosità e il buon senso di
essere meno divisa e litigiosa. Nel 2014 il Fidesz era in minoranza e comunque
ha ottenuto la maggioranza dei due terzi. Tutto si complica se l’opposizione
non crea una struttura con un solo candidato e se i vari partiti che la
compongono continuano a sollevare dubbi e ad alimentare la sfiducia
dell’elettorato nei confronti di altre forze politiche ugualmente contrarie al
governo. Forse gli elettori sono più intelligenti dei partiti e sanno meglio di
loro di cosa ha bisogno il paese. Ma è anche vero che molti non sono
interessati alla destra o alla sinistra, e capita che mettano solo una x su un
simbolo senza considerare la responsabilità del loro gesto.
Cosa pensa
dei partiti Momentum e il Partito del Cane a Due Code?
Momentum è
un partito di giovani, molti dei quali hanno completato i loro studi
all’estero. Inizialmente, da fuori, non avevano idea di cosa succedesse in
Ungheria, ora cominciano pian piano a capire come stanno le cose e a rendersi
conto che all’estero non si comprende bene che cosa succede in questo paese.
Adesso iniziano a occuparsene e a fare politica in modo rispettabile. Quello
del Cane a due code è un partito ironico, lo voteranno quelli che non credono
più in nessuna delle forze politiche concorrenti, quelli per i quali tutto è
marcio, ma di certo non entrerà in Parlamento.
Jobbik ha
deciso di cambiare un po’ identità o abito.
Jobbik è
cambiato molto e sta facendo un percorso inverso a quello di Fidesz.
Quest’ultimo, infatti, era un partito liberale, poi è diventato di destra e ora
è di estrema destra, con il razzismo e con tutto ciò che caratterizza la destra
radicale. Jobbik ha iniziato nell’estrema destra, ma poi ha visto che lì non
c’è più posto in quanto tutto quello spazio è stato occupato dal Fidesz. Da
qualche parte Jobbik doveva cercare collocazione. Dove? Solo al centro. Ora in
Ungheria non c’è un partito della destra moderata o di centro-destra, dato il
cambiamento del Fidesz, quindi Jobbik ha approfittato di uno spazio lasciato
vuoto. Al centro ha visto la sua occasione migliore.
C’è chi dice
che per Orbán è iniziata una fase declinante. È una visione semplicemente
ottimistica o fondata?
Secondo me
non è una visione ottimistica, è un dato di fatto. Ormai nei suoi discorsi
parla solo di questo milione di migranti pronto all’invasione. Non sa che altro
dire. Ora l’opposizione potrebbe approfittare della situazione. Quattro anni fa
non era così, non si poteva parlare di declino. Ora però la situazione è
cambiata, Orbán ha perso molta della sicurezza che aveva prima e i partiti
dell’opposizione potrebbero sfruttare questa occasione.
*
da il manifesto - 8 aprile 2018
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