10 aprile 2018

Foreste e biomasse, gli alberi andrebbero piantati non certo sradicati



Il convegno Biomasse ad uso energetico: aspetti ambientali, forestali, giuridici economici, sanitari – svoltosi a Rieti il 6 aprile – ha riscosso un indiscutibile successo con la partecipazione di oltre 300 persone, l’adesione di 107 associazioni e di centinaia di accademici ed esperti delle più svariate discipline. Il convegno è stato il perfetto epilogo dell’impegno posto in questi mesi per contrastare il Testo unico forestale (Tuf), purtroppo di recente licenziato dal Quirinale. Si è trattata di un’intensa giornata di studio con 22 relazioni che si è conclusa con l’annuncio della nascita di un Osservatorio indipendente sulle biomasse.  È risultato evidente l’assunto totalmente errato del Tuf di non considerare boschi e foreste come ecosistemi complessi e autonomi che svolgono importantissimi “servizi ecosistemici” (purificazione di acqua e aria, tenuta dell’assetto idrogeologico, tutela della biodiversità, mitigazione del clima, benessere per la salute umana), ma solo per la loro “valorizzazione energetica”, ovvero per la filiera del legno o come cippato e pellet per impianti a biomasse.

Questa miope visione è in modo ipocrita mascherata sotto il falso mito che il bosco avrebbe bisogno dell’uomo e che il Tuf permetterebbe il recupero del paesaggio, ma proprio Italia Nostra – da sempre attenta al patrimonio storico e culturale – è schierata contro il Tuf perché il paesaggio è una cosa dinamica e non si può certo pensare di riportare agricoltura o pastorizia com’erano un tempo. Ed è l’uomo ad avere bisogno del bosco e non viceversa. Davanti all’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici gli alberi andrebbero piantati e non certo divelti, dimenticando che essi non si limitano – tramite la fotosintesi – a fissare il carbonio nella loro struttura fisica, vivente, ma sequestrano anidride carbonica anche attraverso la respirazione dei loro apparati radicali. Le radici nel sottosuolo, interagendo con acqua e rocce di vario tipo, permettono al carbonio – sotto forma di molecole solubili (ione idrocarbonico, calcio, potassio) – di entrare nel ciclo dell’acqua rendendola ideale per le cellule viventi, gli ecosistemi delle acque dolci, dei mari e degli oceani. A questa azione benefica si aggiunge quella altrettanto importante di erosione delle rocce da parte della Co2 esalata dalle radici che trasforma rocce compatte in una sorta di “spugna”, in grado di assorbire e trattenere grandissime quantità di acqua.

Queste funzioni sono tanto più efficaci quanto più i boschi sono allo stato naturale – con alberi adulti o vetusti -, per cui il taglio “a turno” dei boschi italiani avrà inaccettabili riflessi negativi anche da questo punto di vista. La produzione di energia con cui si giustifica questa operazione è poi a dir poco ridicola, visto che già da anni prestigiose istituzioni scientifiche hanno dimostrato come sarebbe possibile disporre al 100% dell’energia da vere fonti rinnovabili – sole, vento , acqua – evitando non solo combustibili fossili ma anche utilizzo di biomasse. A questo proposito anche di recente è emerso che neppure la combustione dei residui forestali è in pareggio per la Co2 e che l’”inganno biomasse” riguarda anche biocombustibili che pure vanno tanto di moda.

* ( Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica )

 da il fatto quotidiano - 10 aprile 2018


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