di Manuela Campitelli *
Stiamo
sbagliando qualcosa. E forse, dalle parole, è tempo di passare all’indignazione.
Un paese che non investe nel proprio futuro è anche un paese che lascia
a casa i bambini dalle scuole e le donne dal lavoro. E questa è la
storia dell’Italia.
Parte oggi, primo agosto, dalla
Germania, una delle più importanti riforme sociali tedesche: un posto all’asilo
per ogni bambino nato. 778mila in tutto per soddisfare le
richieste delle famiglie, 200mila in più rispetto all’anno precedente. E
se il piccolo non rientra comunque nella graduatorie, la legge prevede
che i genitori possano fare causa al comune, il quale dovrà provvede a
trovare una sistemazione entro tre mesi. Il bello e, per noi italiani, il nuovo
di questa riforma, è duplice: è stata messa a segno dalla Ministra della
Famiglia, degli Anziani, delle Donne e dei Giovani, Christina Schröder, che
oltre ad essere donna è persino giovane (35 anni) e mamma di due figli; accosta
due concetti che messi insieme fanno assumere alla riforma il valore di una
vera rivoluzione culturale e sociale: incrementare le nasce e,
contestualmente, far crescere l’occupazione femminile. In una sola parola: la
conciliazione della famiglia con la carriera per la crescita del paese.
Sorvolando sul fatto che in Germania esista addirittura un ministero della
Famiglia, degli Anziani, delle Donne e dei Giovani, quando da noi non siamo
neanche riusciti a tenerci quello delle pari opportunità, la legge Schröder
è il superamento del paradosso italico, che mai accosterebbe insieme due
concetti considerati antitetici: maternità e lavoro. In sintesi, quel
che da noi suonerebbe come un azzardo impensabile, in Europa è considerata la
chiave di volta per la crescita del paese.
L’Italia, in
pratica, racconta quel che il resto d’Europa vuole evitare a tutti i
costi: 800mila donne in un anno licenziate a seguito della gravidanza,
miseri voucher Fornero e aiuti alle neo mamme, aggiudicati come
fosse una lotterie dove a vincere è il più sfigato, mamme in crisi e nella
crisi, fotografate sempre più povere e sempre più disoccupate nell’ultimo rapporto di Save the Children,
scuole pubbliche che prendo fuoco e piste da sci al posto degli asili nido.
Per le scuole
dell’infanzia è emergenza in tutta Italia, e se a Milano più di 3000 bambini
sono ancora in lista d’attesa, la maglia nera è della Capitale. A Roma,
lo scorso anno, per 77.000 bambini tra zero e due anni, erano disponibili
solo 24 500 posti negli asili. I nidi e le materne, quando ci sono, restano
affollati, ma questo non basta per aprirne o ristrutturarne nuovi. Molti
rimangono chiusi, e questo è il segno della mancanza di volontà politica
nell’assegnare un posto per ogni bambini. Di esempi ce ne sono a bizzeffe. A
Nel municipio X della Capitale, tra i più popolosi, alcuni
genitori si sono costituiti nel comitato Zona Franca, per denunciare
che l’unica scuola materna statale nel quartiere di Ostia Antica (quella
di via Orioli) è chiusa perché i lavori di ristrutturazione sono
inspiegabilmente fermi da tre anni.
Una
vicenda analoga a quella della scuola fantasma di Selva Candida,
periferie nordovest di Roma, a cui costruzione non è mai decollata nonostante
lo stanziamento in bilancio di 5 milioni di euro. La società che doveva
eseguire l’opera ha deciso di sciogliere il contratto perché l’allora giunta
comunale ha impiegato oltre 3 anni prima di consegnare l’area per l’inizio dei
lavori. Il quartiere, ad oggi, resta sprovvisto di qualsiasi scuola e i bambini, costretti a diventare piccoli pendolari,
si alzano alle 6 del mattino per prendere un pullman alle 7.15, che costa oltre
1 milione e che impiegherà oltre un’ora e venti per portali a scuola. A nulla
sono valse le battaglie dei residenti, che hanno depositato 1346 firme presso
il dipartimento lavori pubblici per chiedere lo sblocco dei lavori.
Lo dicono i
più grandi esperti di economia mondiale: investire in prevenzione, nella
scuola e sulle donne non è una spesa ma un grande investimento e un risparmio
per il futuro. I costi per riparare i danni a volte irreparabili sono e saranno
sempre maggiori.
* da ilfattoquotidiano.it, 1
agosto
2013
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