di Vittorio
Bertola *
Scusate se sarò un po’ lungo, ma l’arrivo dei rifiuti
in Sala Rossa è stato un vero schifo; il punto più basso di un anno di
gestione Fassino.
E così, alla fine anche i rifiuti e l’inceneritore,
dopo i trasporti e l’aeroporto, sono stati privatizzati. Nonostante il nostro
ostruzionismo, svolto in perfetta solitudine e contro tutti i partiti, e dopo
una maratona di tre giorni, il consiglio comunale mercoledì sera ha approvato di
mettere in vendita il 49% di Amiat - ma non vi inganni la percentuale,
col 49% sarà data al privato anche la gestione - e l’80% di TRM
(inceneritore).
In campagna elettorale, il centrosinistra aveva
promesso l’esatto opposto: nelle linee programmatiche di Fassino, approvate un
anno fa, a pagina 15 si legge che “si valuterà l’utilizzo degli asset delle
partecipate, tenendo in ogni caso conto di due vincoli: il mantenimento del
controllo della società da parte del Comune ed il nuovo quadro politico e
normativo determinato dall’esito dei referendum del 12-13 giugno 2011″.
Infatti, un mese fa la delibera era partita dicendo
che si sarebbe venduta la minoranza delle due aziende, e solo perché si era
obbligati dalla legge dello scorso agosto che di fatto forzava i Comuni a
vendere. Su questa ipotesi si è espressa la città, e in particolare le
circoscrizioni; poi, all’ultimo momento, è diventata “vendiamo la
maggioranza dell’inceneritore perché ci servono soldi”.
Poi, venerdì scorso, la Corte Costituzionale ha
ribadito che il referendum aveva abolito l’obbligo di vendere le società
comunali, e ha cancellato la legge a cui Fassino si era continuamente riferito;
bene, facendo finta di niente, nel giro di una domenica la maggioranza ha
presentato un emendamento di venti pagine che riscriveva da capo la delibera,
ammettendo almeno la verità: la Città vende queste aziende perché ha bisogno
assoluto di soldi.
In commissione, il vicesindaco ci ha fatto il conto
della serva: per rientrare nel patto di stabilità il Comune deve incassare
entro fine anno 330 milioni di euro. Pensa di prenderne 50 dal 28%
dell’aeroporto, 100 dal 49% di GTT, 30 dal 49% di Amiat e dunque
dall’inceneritore ne devono entrare almeno 150; per arrivare a questa cifra non
basta vendere il 49%, serve vendere l’80%.
Per raggiungere questo obiettivo di brevissimo
termine, si vende un’opera pericolosissima, nociva per la salute e per l’ambiente,
che aumenterà il tasso di mortalità e di malattia in Torino e cintura; e se ne
perde il controllo, dandolo in mano a un privato che avrà come unico obiettivo
quello di guadagnarci il più possibile (secondo voi farà per bene la
manutenzione programmata?), e impegnandosi per vent’anni a portarvi i rifiuti a
qualsiasi costo, nonostante il Parlamento Europeo abbia deliberato qualche mese fa (punto 32) che entro
il 2020 dovrà essere introdotto il divieto di incenerire qualsiasi tipo di
materiale potenzialmente compostabile o riciclabile, cioè quasi tutti i
rifiuti. Anzi, all’ultimo momento, per aumentare ancora un po’ il valore
dell’azienda, hanno pensato addirittura di aumentare la durata della
concessione a trent’anni - per fortuna questa cosa è saltata!
Tutta l’operazione è stata raffazzonata, con continui
e improvvisi cambi di rotta a seconda del momento. Ma almeno, servirà a
qualcosa? Certo non ad abbassare la TARSU, dato che il gestore privato
dovrà guadagnarci: in delibera è già stata inserita una “remunerazione” del
2,5% sulla raccolta rifiuti, alcuni milioni di euro in più per tutti noi. Ma
non servirà nemmeno ad evitare il dissesto della città: magari si tamponano le
casse per quest’anno, ma l’anno prossimo? Cosa si venderà, la Mole?
Infatti il consiglio comunale non ha mai discusso
sulla motivazione vera di questa operazione, ovvero il fare cassa: non ha mai
discusso se pagare il debito sia un dogma incontestabile o se sia possibile
andare a rinegoziare il patto con le banche, tagliando una parte dei debiti e
spostando gli altri più in là nel tempo. Fassino in aula ha detto che Torino
deve mantenersi da sola, a costo di vendere tutto quello che ha, e che non ha
senso chiedere al governo centrale di cambiare la politica economica del Paese,
salvo poi il giorno dopo andare in piazza davanti alle telecamere a chiedere la
modifica della spending review (schizofrenia?). Questa discussione è tabù: non
si può fare.
Ma non si è fatta nemmeno una discussione
sull’acquirente più probabile, ovvero quella Iren che in teoria è una
società pubblica, ma che di fatto è una società privata del PD; e che
per Fassino dovrebbe diventare la base di una “multiutility del Nord”
che gli permetta di gridare “abbiamo una grande azienda!”. Peccato che
Iren in pochi anni abbia accumulato tre miliardi di euro di debiti; i nostri beni
comuni, costruiti da generazioni di nostri antenati, vengono inseriti in questa
scatola finanziaria e progressivamente spolpati, lasciando alla teorica
proprietà, i Comuni, soltanto i conti da pagare. Anche i nostri rifiuti faranno
questa fine?
L’ultima nota è per la tristezza del teatrino
politico: a un certo punto, in aula, la Lega difendeva i beni comuni
mentre il centrosinistra insisteva che era meglio privatizzare. Gli stessi
partiti che esultavano per il referendum, con tanto di manifesti sul vento che
cambia, ora insistono che il referendum non vale e non diceva quello che
diceva. Il PD almeno è coerente, è ormai un partito liberista e amico della
finanza; IDV invece non si sa che linea abbia, in aula uno ha
addirittura votato a favore - si dice su ordine diretto di Di Pietro, anche se
lui smentisce - e uno è scappato per non votare.
Ma il massimo è stato il comportamento di SEL:
il lunedì mattina il suo segretario e capogruppo Curto sui giornali chiedeva un rinvio dell’operazione; il lunedì
sera in aula SEL ha votato contro il rinvio da noi formalmente proposto.
Mercoledì, dopo settimane che dicevano che la loro richiesta fondamentale era
che si vendesse solo il 49%, SEL ha votato contro l’emendamento della Lega che
lo proponeva. Peraltro mercoledì Curto non si è nemmeno presentato in aula: era
già in viaggio per Cuba, ospite del governo di Fidel. SEL fa
regolarmente l’opposto di quello che dice: possibile che nessuno dei loro
elettori se ne accorga?
Il PDL, poi, era impegnato a chiedere
apertamente a Fassino di cacciare SEL e farsi invece appoggiare da loro. Non
scherzo: a un certo punto il capogruppo Tronzano ha detto apertamente
“Fassino, se lei caccia SEL noi votiamo la delibera”. Che durissima
opposizione!
Capite come, in questo scenario di inciuci e
manovrine, dei beni comuni importi veramente a pochi; per molti è più
importante evitare ad ogni costo di andare tutti a casa l’anno prossimo, come
facilmente accadrebbe se la vendita fallisse, per tenere ancora per un po’ le
mani sulla città.
* Consigliere comunale M5Stelle 27 luglio 2012
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