di Fabio Marcelli *
La sentenza della Cassazione sulla Diaz mi pare del
tutto condivisibile e sacrosanta. Essa conferma l’esistenza di una magistratura
indipendente in Italia e mette una parola chiara su uno degli episodi
centrali di quella che Amnesty International ha definito la più grave
sospensione dei diritti costituzionali nell’Europa del dopoguerra.
Seguiranno ulteriori azioni a livello civile e altro, mentre occorre
augurarsi che non siano applicate
le norme fasciste in base alle quali dimostranti colpevoli in vari
casi assolutamente di nulla possono essere condannati a vari anni di prigione.
E’ cioè importante che non siano condannati a pene pesanti coloro che si sono
resi colpevoli solo, nei casi più gravi di aver rotto qualche vetrina. Anche
perché non passi in alcun modo l’inammissibile principio secondo il quale si
possono causare danni gravi alle persone senza andare in galera e invece
andarci per danneggiamenti alle cose.
Tuttavia non deve bastarci. Innanzitutto, permettemi, mi spiace
personalmente vedere funzionari che in altre occasioni hanno svolto lavori
egregi, essere oggi puniti per aver accondisceso alle pretese di politici che restano
impuniti e nell’ombra quando addirittura non si sono rifatti o tentati di
rifare una verginità. Non è tollerabile che i poliziotti fungano da capri
espiatori! Per evitare una tale insoddisfacente conclusione, sarebbe
auspicabile che i funzionari condannati facciano il nome dei politici
che li hanno istigati alla violazione della legge o che quantomeno, con il loro
atteggiamento, hanno concorso a creare le condizioni affinché tale violazione
venisse perpetrata, con le conseguenze vergognose per tutto il Paese che si
sono poi registrate. Fare pulizia non solo nella polizia ma anche e
soprattutto nella politica è la conditio sine qua non per evitare il
ripetersi di situazioni di quel tipo.
E’ poi necessario attuare un profondo cambiamento nella cultura delle
forze dell’ordine. Forze di polizia professionalmente aggiornate,
costituzionalmente sane ed efficaci sono oggi più che mai necessarie al Paese
per contrastare le vere minacce criminali che incombono su di esso e sul
mondo, grazie al neoliberismo che ha permesso il rafforzamento e il dilagare
delle mafie, incrementando anche la piccola e media criminalità e incentivando
la crescita di una cultura della sopraffazione dei più forti sui più deboli che
è l’altra faccia di ideologie come quelle dei neocon americani o di
Monti e Berlusconi.
Purtroppo, episodi abominevoli come l’uccisione di Aldrovandi, di Cucchi
e di tanti altri, dimostrano come ci sia ancora molto lavoro da fare.
Innanzitutto per identificare e punire coloro che hanno ignominiosamente macchiato
l’onore del Paese e dei corpi armati di cui fanno parte, rendendosi colpevoli
di atti doppiamente criminali. Poi, per attuare quelle riforme nella
formazione, nell’ideologia e nell’impiego delle forze dell’ordine che si
rendono necessarie per farne strumenti utili ai cittadini (e agli immigrati) e
non apparati al servizio della casta e dei poteri forti.
In questo senso, occorre ipotizzare l’introduzione, all’interno di caserme,
questure e commissariati, di più avanzate forme di democrazia, che da
tempo reclamiamo e che hanno trovato accoglimento solo parziale con
l’introduzione del sindacato di polizia, frutto di lotte dure condotte a
partire dagli anni Settanta da tanti poliziotti, finanzieri e carabinieri. Non
è neanche tollerabile, in quest’ottica, che superburocrati come il capo
della polizia Manganelli guadagnino somme stratosferiche, mentre la
maggioranza dei poliziotti, impegnati in faticose e spesso rischiose attività
sul terreno, guadagnano stipendi assolutamente modesti e spesso
insufficienti.
E’ inoltre necessaria ed urgente l’introduzione del reato di tortura,
che costituisce un atto dovuto in adempimento di una convenzione internazionale, quella appunto contro la tortura e i
trattamenti degradanti che l’Italia ha prima firmato e poi
ratificato già da molti anni e che solo questa casta indecente che ci “governa”
si ostina ancora a non applicare.
Per finire, occorre una concezione ampia e onnicomprensiva di sicurezza,
che preveda, accanto alle garanzie fondamentali dei diritti umani di
ciascuno al lavoro, alla sanità, alla pensione, all’istruzione, ecc., l’impiego
di forze di polizia saldamente radicate nella realtà sociale e in grado di
dialogare costruttivamente con i cittadini e gli organismi democratici di base.
A queste condizioni si dovrebbe prevedere il reclutamento di un congruo numero di giovani uomini e donne
nelle forze dell’ordine, anche come contributo alla lotta contro
la disoccupazione, per forze dell’ordine che siano un fattore di sicurezza
ma anche di innovazione culturale e sociale.
·
* dal blog su
Il Fatto Quotidiano, 11 luglio 2012
Fabio Marcelli è Giurista
internazionale,
nato nel 1956 a Roma. E’ ricercatore
dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR e dirigente nazionale dell’Associazione dei
giuristi democratici . Ha scritto sette libri e oltre cento articoli su temi di
diritto e relazioni internazionali.
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