10 luglio 2012

La Repubblica dei corazzieri


 

E così anche il presidente di Confindustria sta assaggiando il nodoso bastone del regime tecnico e dell’informazione unica. Reo di aver espresso qualche perplessità di troppo sui tagli del governo Monti, ieri mattina il povero Giorgio Squinzi si è preso una bella ripassata da Repubblica e Corriere della Sera che, dopo averlo accusato di essere diventato “rosso” come la Camusso della Cgil, lo hanno ammonito a non provarci più. Come si permette di criticare un esecutivo “che opera in condizioni di emergenza con gli occhi del mondo puntati addosso” (Tito Boeri)? Anzi, sarebbe il caso che “facesse propria la riforma del lavoro targata Fornero” (Dario Di Vico).

Comprensibile l’immediata ritrattazione di mister Mapei che, dopo aver detto quel che ha detto sulla “macelleria sociale” in diretta televisiva, ha farfugliato di essere stato “male interpretato”. Faccia il bravo perché poteva andargli peggio, visto che con le sue incaute dichiarazioni “ha fatto salire lo spread” (Monti) e forse anche il termometro della calura. 

Ormai è tutto un monitare, nella Repubblica dei corazzieri.
Alti moniti contro chi osa soltanto pronunciare il nome di Napolitano, eppure così a lungo pronunciato nelle famose telefonate intercorse tra Mancino e il Colle. Monito del segretario Pd contro “alcuni giornali” che si occupano di ciò che dice o manda a dire il Presidente. Monito (via twitter) ai partiti di Cascella, portavoce del Quirinale, affinché concordino una nuova legge elettorale. Insomma, se Bersani fa Cascella e Cascella fa Bersani, la situazione dev’essere grave, ma non seria.

Grave, gravissima invece, a leggere certi editoriali. Più grave che negli anni dei tentati golpe, delle stragi nelle banche, sui treni, nelle stazioni? Più grave che ai tempi del terrorismo o di tangentopoli? Non sarà invece che tutta questa “emergenza” rappresenta un alibi straordinario per chi vuole commissariare il Paese, intimorirlo, “rivoltarlo come un calzino” (Monti)? Potendo contare sul suicidio dei partiti e sull’arrendevolezza dei giornali? 
E se qualche giornale non si arrende, c’è sempre la tecnica del silenzio. Basta non rispondere, come fa il ministro Passera interpellato dal Fatto sulle inchieste giudiziarie che riguardano lui e Banca Intesa quando al vertice comandava lui. Il premier chiederà qualcosa al suo ministro? Forse, ma sottovoce. 
C’è lo spread, ragazzi, e il mondo ci guarda.

* da Il Fatto Quotidiano, 10 Luglio 2012

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