di Antonio Padellaro
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E così anche il presidente di
Confindustria sta assaggiando il nodoso bastone del regime tecnico e
dell’informazione unica. Reo di aver espresso qualche perplessità di troppo sui
tagli del governo Monti, ieri mattina il povero Giorgio Squinzi si è
preso una bella ripassata da Repubblica e Corriere della Sera
che, dopo averlo accusato di essere diventato “rosso” come la Camusso della
Cgil, lo hanno ammonito a non provarci più. Come si permette di criticare
un esecutivo “che opera in condizioni di emergenza con gli occhi del mondo
puntati addosso” (Tito Boeri)? Anzi, sarebbe il caso che “facesse propria
la riforma del lavoro targata Fornero” (Dario Di Vico).
Comprensibile l’immediata
ritrattazione di mister Mapei che, dopo aver detto quel che ha detto sulla
“macelleria sociale” in diretta televisiva, ha farfugliato di essere stato “male interpretato”. Faccia il
bravo perché poteva andargli peggio, visto che con le sue incaute dichiarazioni
“ha fatto salire lo spread” (Monti) e forse anche il termometro della
calura.
Ormai è tutto un monitare, nella Repubblica
dei corazzieri.
Alti moniti contro chi osa soltanto
pronunciare il nome di Napolitano, eppure così a lungo pronunciato nelle famose
telefonate intercorse tra Mancino e il Colle. Monito del segretario Pd
contro “alcuni giornali” che si occupano di ciò che dice o manda a dire il
Presidente. Monito (via twitter) ai partiti di Cascella, portavoce del
Quirinale, affinché concordino una nuova legge elettorale. Insomma, se Bersani
fa Cascella e Cascella fa Bersani, la situazione dev’essere grave, ma non
seria.
Grave, gravissima invece, a leggere
certi editoriali. Più grave che negli anni dei tentati golpe, delle stragi
nelle banche, sui treni, nelle stazioni? Più grave che ai tempi del terrorismo
o di tangentopoli? Non sarà invece che tutta questa “emergenza” rappresenta un
alibi straordinario per chi vuole commissariare il Paese, intimorirlo,
“rivoltarlo come un calzino” (Monti)? Potendo contare sul suicidio dei partiti
e sull’arrendevolezza dei giornali?
E se qualche giornale non si arrende, c’è
sempre la tecnica del silenzio. Basta non rispondere, come fa il ministro Passera interpellato dal
Fatto sulle inchieste giudiziarie che riguardano lui e Banca Intesa
quando al vertice comandava lui. Il premier chiederà qualcosa al suo ministro?
Forse, ma sottovoce.
C’è lo spread, ragazzi, e il mondo ci guarda.
* da Il Fatto Quotidiano, 10 Luglio
2012
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