Le rinnovabili e l'exploit del fotovoltaico creano
problemi al settore energetico tradizionale. Il Ministro dello Sviluppo
Economico ne prende atto ed esegue, mettendo un freno alle energie pulite. Gli
unici settori in crescita ora dovranno tagliare giro d'affari e addetti. E ora
vogliamo anche una strategia energetica nazionale da questi signori?
di Leonardo Berlen *
In questi primi sei mesi del 2012 la produzione di
elettricità da fotovoltaico in Italia è stata esattamente pari a quella
dell'intero 2011: 9,2 TWh, cioè al 6,6% della produzione totale
2012 fino a fine giugno e il 5,7% della domanda, come si evince dai
dati forniti da Terna. Una
quota che sarà più rotonda per fine anno, quando forse un altro paio di
gigawatt si aggiungeranno agli attuali 14 GW.
Questa nuova massiccia produzione da fotovoltaico è il
vero obiettivo del rallentamento al settore che viene sancito con il nuovo decreto sul
quinto conto energia firmato lo scorso venerdì, insieme a quello sulle altre
rinnovabili elettriche. Il nostro sistema elettrico, e le produzioni elettriche
centralizzate tradizionali e da fonte fossile, non vogliono e non
possono accettare uno sviluppo ulteriore di queste tecnologie. Il FV
soprattutto abbassa fortemente il prezzo in Borsa nelle ore diurne e se
lasciato libera di diffondersi (vedi qui), senza
quel fardello burocratico che il nuovo DM gli accolla (vera
liberalizzazione del mercato, operatività dei SEU, scambio sul posto oltre i
200 kW), anche con tariffe molto ridotte, rapidamente raggiungerebbe quella
soglia della copertura del fabbisogno elettrico totale del 10% che tutti
prevedevano, appena due anni fa, non prima del 2020. Il braccio operativo di
questo pessimo decreto è il Ministero dello Sviluppo, con la complicità
di quello dell’Ambiente (che si è solo debolmente opposto, spesso a parole, al
diktat degli uomini di Passera) e dell’Agricoltura.
Ma i veri mandanti sono i poteri energetici di
questo paese che stanno spendendo da tempo molte energie “intellettuali” per accusare
le rinnovabili di scempi ambientali e del caro bolletta (tralasciando
sistematicamente i costi del gas e altri oneri legati alle fonti fossili). Gli
stessi che (a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina) forse sono
dietro anche alla sconcertante trasmissione ‘Speciale TG1’ di domenica
sera curata dalla della giornalista “embedded” (di chi stavolta?) Monica
Maggioni, che per quasi un’ora ha fatto il punto solo sulle negatività
ambientali ed economiche delle rinnovabili, in particolare di eolico e
fotovoltaico.
Alla faccia delle ipocrite parole sulla crescita proferite
ormai quotidianamente dal Governo Monti, già nelle prossime settimane molte
aziende del settore saranno costrette a licenziare collaboratori e
dipendenti e a veder drasticamente ridotto il loro giro di affari, proprio di
uno dei pochissimi comparti che in questi anni aveva dimostrato che si poteva
produrre diversamente reddito e occupazione.
Oltre alle premesse del decreto ministeriale (i
‘considerato che’, i ‘ritenuto che’, ecc.), alcune delle quali inopportune,
inutili e non degne di un documento pubblico, come quella che mette in
contrapposizione rinnovabili elettriche e termiche, è paradossale citare
l’articolo 20 (disposizioni finali) che recita: “il presente decreto non
comporta oneri nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.
Questo lo vedremo dopo i casi di cassa integrazione e di spese varie a
carico dello Stato per tutti quegli addetti messi in mobilità a causa di
questa normativa.
Poiché alcuni dei ministri competenti della materia
sono ormai in odore di candidatura alle prossime elezioni politiche è
bene che gli elettori ricordino di questi decreti e degli altri atti di
politica energetica in cui si sono contraddistinti, della loro indifferenza nei
confronti degli operatori, nell’incapacità di confrontarsi e del colpo da
maestri di raggirare la Conferenza Unificata (lo avevamo detto che non si
poteva concedere un parere positivo a scatola chiusa). Dovrebbero essere le
stesse associazioni di categoria a tenere viva questa memoria nell’opinione
pubblica. Almeno fino alla prossima primavera e intanto lavorare per rimettere
mano, speriamo a breve, a questi brutti provvedimenti ed evitare che
questi personaggi possano disegnare con un simile approccio una strategia
energetica nazionale che sarebbe probabilmente un altro disastro per un
settore, quello energetico, che va molto più veloce dei loro vecchi e
conformisti punti di vista.
* da www.qualenergia.it 9 luglio 2012
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