di Guido Moltedo *
Fa’ la cosa giusta New York dà il benvenuto a un nuovo giorno. Sarà "a new day" anche per l’America? La Grande Mela non è l’America, ma la portata e la risonanza della sfida elettorale newyorkese di oggi hanno assunto una dimensione nazionale, se non addirittura internazionale
New York dà il benvenuto a un nuovo giorno. Sarà a new day anche per l’America? La Grande Mela non è l’America, ma la portata e la risonanza della sfida elettorale newyorkese di oggi hanno assunto una dimensione nazionale, se non addirittura internazionale.
Un midterm d’importanza politica capitale, decisivo per il futuro stesso della democrazia americana. All’alba di lunedì Zohran Mamdani, alla testa di un lungo corteo di sostenitori, ha concluso la straordinaria campagna elettorale raggiungendo il municipio di New York dopo aver attraversato il ponte di Brooklyn. La città è alla vigilia dell’elezione del sindaco e i sondaggi sono unanimi. Lo danno vincente. Con un largo margine. Un distacco a due cifre rispetto al principale sfidante, Andrew Cuomo, con il repubblicano Curtis Sliwa brutalmente abbandonato al suo destino da Trump.
La candidatura da «indipendente» di Cuomo, dopo la batosta subita nelle primarie democratiche, non ha avuto altro scopo se non quello di provare a tagliare le ali del trentaquattrenne socialista democratico in volo verso un plebiscito senza precedenti, che avrebbe reso ancora più plateale il suo successo. Cuomo ha ricevuto per questo vagonate di soldi da miliardari, come l’amico di Trump, Bill Ackman, e Mike Bloomberg.
Ha beneficiato dell’appoggio dei giornali di Murdoch, Wall Street Journal e New York Post. Anche il NY Times è stato ambiguo, in continuità subliminale con il fuoco di sbarramento che il quotidiano riservò a Mamdani agli inizi della corsa. L’attacco si è concentrato sulla sua provenienza etnica e sulla fede islamica, una campagna indirizzata soprattutto ai newyorkesi ebrei che rappresentano un blocco elettorale decisivo. Si sono mobilitati importanti rabbini a sostegno di Cuomo contro Mamdani, con irrituali discorsi politici dal pulpito. L’accusa di essere critico nei confronti del governo d’Israele, di dire la parola che inizia con g a proposito di Gaza, è stata trasformata in accusa di antisemitismo tout court. Il risultato di questa campagna? Ha reso ancora più evidente la forza di Zohran, tra gli stessi elettori ebrei, nucleo d’acciaio della città più progressista d’America. E ha reso ancora più evidente la pretestuosità dell’accusa di antisemitismo nei suoi confronti al cospetto di un elettorato, specie giovanile, interessato a ben altri temi che sono al centro dell’agenda di Mamdani e che l’hanno reso credibile e popolare, temi che hanno a che vedere con la fatica della vita quotidiana nella metropoli ma anche in tutta l’America d’oggi.
In più la campagna di delegittimazione, brandendo l’arma dell’antisemitismo, ha finito per avere l’effetto opposto a quello desiderato: se lo scopo era quello di consolidare e riunire una comunità lacerata dalla guerra di Gaza, i tanti sostenitori ebrei di Mamdani e suoi probabili elettori confermano in modo ancora più chiaro la spaccatura prodotta dall’irresponsabile sostegno di esponenti di rilievo della comunità ebraica americana alla guerra di Bibi.
Si aspetta una grande partecipazione al voto. Grazie alla possibilità di votare anticipatamente, sono andati ai seggi già 735mila newyorkesi, moltissimi giovani. Nelle elezioni di medio termine del 2022 furono poco più della metà. Il giovane di Queens sembra aver portato una ventata di speranza all’elettorato democratico che va oltre i confini della metropoli, come accadde nel 2008 quando un altro fuori dai giri che contano, in pochi mesi, divenne la rockstar della politica americana. Barack Obama oggi vede in Mandani un suo erede, come lui con radici in Africa, come lui empatico e dall’oratoria forbita e comunicativa. Ma anche molto diverso da lui. Senza dare nell’occhio, l’aiuta, lo consiglia. E Mamdani ci tiene a farlo sapere. L’ex presidente, che resta la personalità numero uno del partito Democratico, è tornato attivo in questa tornata elettorale, soprattutto al fianco di due candidate governatrici, Abigail Spanberger in Virginia e Mikie Sherrill in New Jersey, stati dove si vota oggi, insieme a diverse altre consultazioni e referendum locali. Due politiche distanti dal radicalismo della nuova celebrity della politica, ma non senza un che di realismo nei confronti del fenomeno che rappresenta, una differenziazione che lo stesso Mamdani condivide, avendo ben presente che la scena politica newyorkese è molto diversa da quella dell’America rurale e delle piccole città. Obama si propone di mettere in comunicazione le diverse anime e realtà del partito, senza contemplare, sulla scorta del successo di Mamdani, un profilo del partito Democratico a sua immagine, anche se è nell’ordine delle cose possibili, come conseguenza lunga del voto newyorkese, che Zohran possa assurgere a frontrunner democratico nelle prossime presidenziali.
L’ha dimostrato proprio in questa campagna elettorale, sapendo coerentemente tenere insieme il suo messaggio radicale rivolto alle fasce sociali in sofferenza con la capacità di dialogo con i poteri forti della città, alcuni dei quali, come Jamie Dimon di JPMorgan, hanno rotto il fronte ostile al probabile futuro sindaco, dicendosi pronti ad aiutarlo.
leggi anche: Rivoluzione Mamdani. Oggi New York vota il sindaco d’America
* da il manifesto - 4ottobre 2025

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