30 novembre 2025

In Brasile la “boiada” è legge, distruggere l’ambiente si può

Estrattivismo: Rimossi i veti di Lula al "Pl da Devastação", estrattivisti e lobby dell’agribusiness in festa

di Claudia Fanti *

Non ha davvero perso tempo la lobby legata all’agribusiness ad accantonare qualsiasi aspirazione finto-green: appena spenti i riflettori sulla Cop 30 – quella che secondo Lula avrebbe dovuto essere la migliore della storia -, ha ribaltato con tempismo perfetto 56 dei 63 veti che Lula aveva posto ad agosto sul cosiddetto “Progetto di legge della devastazione”, sferrando il colpo decisivo ai già sofferenti ecosistemi brasiliani. Determinante, in questa offensiva, è stato il presidente del Senato Davi Alcolumbre, il quale ha messo in agenda la votazione con la massima fretta, facendo saltare al Pl da Devastação una lunga fila, e meritandosi per questo i più vivi complimenti da parte della lobby ruralista.

RISULTATO della votazione di giovedì: il Brasile ha praticamente perso la sua legislazione ambientale. Il sogno di ogni latifondista e di ogni impresa estrattivista è diventato realtà. Respingendo la quasi totalità dei veti di Lula, il Congresso ha infatti trasformato in legge la peggiore versione del Pl 2.159/2021, con tutti i suoi punti più critici, a cominciare dalla cosiddetta Lac (Licença ambiental por Adesão e Compromisso), grazie a cui, per la maggior parte delle iniziative imprenditoriali, ad eccezione solo di quelle ad alto impatto ambientale, sarà sufficiente l’autocertificazione: basterà compilare un formulario su internet, dichiarando che la propria attività non presenta rischi per l’ambiente. Un click e via, senza bisogno di studi di impatto ambientale. Mentre un altro punto assai criticato, quello relativo alla Lae (Licença Ambiental Especial) – una procedura semplificata di autorizzazione ambientale per tutte le opere considerate politicamente rilevanti, a prescindere da quale sia il loro impatto – è stato incluso in una misura provvisoria che sarà discussa la prossima settimana. Introdotta con un emendamento ad hoc, nella decisiva votazione al Senato del 21 maggio scorso, da Alcolumbre, deciso a velocizzare lo sfruttamento petrolifero a Foz do Amazonas, nel “suo” Amapá, la Lae spiana la strada a progetti contestatissimi come la BR-319, l’autostrada che collega Manaus a Porto Velho. Ma oltre a rendere estremamente più semplice e rapida la concessione delle autorizzazioni ambientali e a ridimensionare in maniera drastica gli studi di impatto ambientale, la legge calpesta i diritti delle comunità indigene e quilombolas, indebolisce la protezione della Mata Atlântica, riduce al minimo il ruolo degli organismi di salvaguardia della natura e consente a stati e municipi di rilasciare le autorizzazioni con la massima discrezionalità.

QUANDO il famigerato ex ministro dell’Ambiente del governo Bolsonaro Ricardo Salles esortava a «passar a boiada», cioè ad azzerare la legislazione ambientale come se ci passasse sopra una mandria di buoi, pensava esattamente a questo. Ironia della storia, la boiada è passata sotto la presidenza Lula, il cui governo – proprio quello su cui i popoli indigeni avevano riposto le loro speranze – è tutt’altro che esente da responsabilità.Che vari dei suoi esponenti non fossero pregiudizialmente contrari al progetto di legge, limitandosi semmai a prendere le distanze solo dai suoi aspetti più rovinosi, è cosa nota. Non a caso, come rivelato dal portale ambientalista Sumaúma, il documento preparato dall’ufficio del capogruppo governativo al Senato orientava lo scorso maggio a esprimere un voto «favorevole con aggiustamenti». Non un granché come strategia di contrasto. Cosicché, quando alla fine si è cercato di contenere il disastro, come ha tentato di fare Lula ponendo 63 veti al progetto, era ormai troppo tardi per arginare la boiada.

INUTILI si sono rivelati gli sforzi della ministra dell’Ambiente Marina Silva, la quale non ha nascosto il suo «lutto», denunciando la demolizione di un’impalcatura legislativa che aveva impiegato quarant’anni per consolidarsi – e proprio nel momento in cui il Brasile affronta le conseguenze sempre più severe del cambiamento climatico, tra ondate di calore, siccità, incendi, piogge torrenziali e trombe d’aria – e aprendo la possibilità di un ricorso alla giustizia: non è possibile, ha detto, passare impunemente «sopra l’articolo 225 della Costituzione», in base a cui tutti i cittadini hanno diritto a un ambiente ecologicamente equilibrato. E a rivolgersi alla giustizia saranno di certo varie organizzazioni, come l’Observatório do Clima, convinte dell’evidente incostituzionalità di molti punti della nuova legge e decise a non rassegnarsi allo «sterminio del futuro».

nella foto: A fuoco un’area oggetto di deforestazione da parte degli allevatori di bestiame nei pressi Novo Progresso, nello stato del Para, Brasile

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 * da il manifesto - 30 novembre 2025

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