20 gennaio 2015

I decreti «fantasma» che frenano l'energia efficiente



di Federico Rendina  *

Molti denari (a carico dei cittadini), tanta confusione e innumerevoli sprechi. E così la promozione dell'efficienza energetica e la corsa all'energia verde continuano a bruciare risorse senza restituire i risultati promessi. Colpa, anche e forse soprattutto, dei ritardi e delle inadempienze della burocrazia nelle norme che dovrebbero essere chiare ma non lo sono. E dei controlli che quando ci sono finiscono per vessare le tante vittime della confusione senza garantire i risultati. L'atto d'accusa viene da un dossier preparato dagli analisti energetici di Aicarr e Nexville con il contributo del coordinamento Free (operatori delle rinnovabili), illustrato oggi in una conferenza stampa al Senato promossa dal Movimento Cinque Stelle con un titolo pungente: Quanta energia spreca la burocrazia?.
Molte le promesse normative, innumerevoli le leggi “contenitore” che rinviano però a decreti attuativi che non arrivano. Problema endemico, come ben si sa, di tutto il circuito legislativo del nostro paese. Che nel settore dell'energia assume - si accusa nel dossier - aspetti devastanti. «Sono da completare almeno 9 provvedimenti nel settore dell'efficienza energetica, 2 tra cogenerazione e conto termico, 8 provvedimenti nel settore delle altre fonti rinnovabili non fotovoltaiche. Alcuni tardano da anni, altri solo da pochi giorni». Ma tutti rendono «altamente incerti» investimenti programmati «con capitali interamente privati a vantaggio del Paese». 

Confusione in casa
Il vuoto normativo più vistoso? Quello - si rimarca - dell'efficienza energetica negli edifici. Qui la normativa di “sostegno” non solo non aiuta ad orientarsi ma si rivela una vera trappola. Così della disciplina che obbliga ad installare i contabilizzatori individuali nei riscaldamenti condominiali, la cui scadenza è stata più volte rinviata (ora siamo a fine 2016, ma non pochi comuni impongono scadenze più vicine) con continue modifiche dei parametri tecnici. E che dire del groviglio normativo sui requisiti ambientali delle caldaie e dei loro scarichi esterni nei centri urbani? Il tutto all'insegna dei rebus.
Emblematico il caso dei criteri per definire obbligatoriamente la “prestazione energetica” degli edifici. Nel giugno di due anni fa l'Italia aveva recepito, peraltro in ritardo, la direttiva Ue del 2010. Rinviando naturalmente l'applicazione a decreti attuativi ancora nelle nebbie. Tra essi, appunto, quelli sull'«aggiornamento delle modalità di progettazione, installazione, esercizio, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva».

L'Europa non aspetta
Intanto «l'Europa ha cambiato le regole principali della prestazione energetica da 4 anni e noi, che continuiamo a fare calcoli e progetti su metodologie sorpassate, non abbiamo nemmeno a disposizione una prima bozza che inquadri i problemi e quindi non abbiamo capito che cosa dovrebbe cambiare» accusano gli estensori del dossier. Nel frattempo - aggiungono - «ogni regione procede nel più assoluto disordine» con «grave danno», tra l'altro, per l'industria italiana delle costruzioni.
Il bello (per modo di dire) è che così facendo lo Stato non è in grado neanche di incentivare se stesso nell'efficienza energetica. E' infatti scaduto il 18 agosto scorso - si osserva - il termine per emanare il decreto dei ministeri dello Sviluppo e dell'Ambiente per avviare gli interventi di «riqualificazione energetica su almeno il 3% della superficie coperta climatizzata degli immobili appartenenti alle pubbliche amministrazioni centrali». Lettera morta. Anche quella che doveva essere direttamente recapitata dai burocrati ad altri burocrati.


*         da  ilsole24ore,14 gennaio 2014 

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