24 settembre 2013

Perché è strategico riconquistare il diritto all'informazione

di Antonio Cipriani *

Non si lasci nelle mani di chi ha potere economico il campo strategico della comunicazione. Per loro è facile imporre contenuti su tv e media.

Su Globalist, nei giorni scorsi è apparso un illuminante pezzo di Paolo Berdini sugli appetiti delle lobby che guidano, di fatto, le azioni della politica nel Paese. "È la deregulation che ha dominato il paese negli ultimi 20 anni", dice l'urbanista. Nel caso specifico si parla di Tav e della nascita della cultura delle Grandi opere, senza alcuna coerenza tra loro, ma regolate dalla berlusconiana legge Obiettivo (443 - dicembre 2001). Scrive Berdini: "Con la consueta bravura mediatica subito amplificata dalla disinformazione imperante, quella decisione fu descritta come il passaggio da una visione burocratica alla modernità. In realtà era il contrario: si colpiva al cuore la già debole funzione pubblica e ci allontanavamo dai paesi che conservano gli strumenti programmatori".

Questo è un punto: il fatto che per le più discutibili operazioni vengano usati i media, oltre che la politica. Usati, sottolineo, da una lobby che oltre a farsi gli interessi propri, vuole anche far credere che tutto venga fatto a fin di bene comune. Non sempre e non solo perché i padroni dei giornali o delle televisioni sono in genere gli stessi che si avvantaggiano dagli affari. Ma anche per una diffusa, generalizzata vocazione dell'informazione a prendere per buone le verità della televisione, i progetti di plastica, l'effetto trascinante convincente della ricchezza, la retorica che copre il significato vero degli affari in questione. Ed è peggio. Sarebbe addirittura meglio la censura. Ma non ce n'è più bisogno: i grandi affari sono come le guerre: potere economico, politico e mediatico viaggiano a braccetto. 
Andrea De Benedetti, autore di Binario Morto, sul Tav: "Davvero per realizzare i 130 chilometri di Tav Torino-Milano ne hanno costruiti più di 400 di asfalto fra strade d'accesso, cavalcavia e raccordi, alla faccia della retorica finto-ecologista dei promotori dell'opera? Davvero il costo per chilometro del Tav italiano è il quintuplo rispetto a Francia e Spagna? . È che di certe cose non parla quasi nessuno. Non i quotidiani a grande tiratura nazionale e men che meno le televisioni. I treni italiani non sono abbastanza veloci? Può essere. Ma di sicuro non c'è nulla, nel nostro paese, che viaggi più lento delle notizie. Sempre che giungano a destinazione, ovviamente: perché alcune non ci arrivano del tutto, oppure arrivano distorte, oppure ancora arrivano capovolte. .. Alla fine, l'impressione che se ne ricava è che la battaglia più urgente, verrebbe quasi da dire più giusta, non è tanto quella che si combatte da anni intorno ai perimetri di cantieri con affaccio sul nulla, avviati solo per cominciare a smuovere qualche metro cubo di terra e tagliare qualche nastro in favore di telecamera, quanto quella per un'informazione più corretta, puntuale e plurale. Un'informazione in cui, anche le notizie scomode possano godere del privilegio dell'alta velocità e non siano condannate anch'esse ad arenarsi in un binario morto". 

Che aggiungere? Che funziona così. La libertà d'informazione naviga a vista inondata da una moltitudine infinita di notizie e notiziole. Di fonte imprecisata, fesse, distorte, approssimative o perfette nel loro portare l'acqua a logiche che al lettore o al telespettatore sfuggono. Che se poi uno fa il punto si rende conto che alla fine della giornata tremila telegiornali, una valanga di giornali, di carta o online, hanno dipinto una realtà di pochi pochissimi temi, quasi sempre gli stessi, fatti di tante chiacchiere e poca sostanza. Di allarmi, emergenza, paure, semplici posizioni da difendere nel nome di Silvio o contro Silvio. Nette, predisposte, conformiste, da una parte o dall'altra (non importa come la pensiate, l'importante è che la pensiate su quelle cose). Peccato che l'informazione sia una cosa diversa, e che questo blob sommerga il senso critico. E che i temi che dovrebbero stare a cuore ai cittadini, perché riguardano la vita e il futuro di tutti, non i destini dorati di alcuni, restano nell'ombra, dimenticati. 
Umanità infinita. Nella parte finale di un libro fondamentale ed eretico, Fight-Specific Isola, c'è un passaggio scritto da due architetti, Constantin Petcou e Doiba Petrescu che, parlando sulla battaglia di resistenza civile, culturale, politica di Isola Art Center contro le trasformazioni urbanistiche violente a Milano per mano di una multinazionale Hines coglie il tema dell'importanza strategica del controllo dei media: "Bisogna davvero crederci e avere una umanità infinita. È molto importante riuscire a comunicare il progetto. Normalmente si trascura l'aspetto della comunicazione fino a quando non si è coinvolti in progetti molto intensi. Occorre che la gente si possa render conto della forza dei valori sociali contro l'individualismo prodotto dalle regole ultraliberiste. Non si può lasciare alle multinazionali e ai loro collaboratori il campo strategico della comunicazione. Per loro è facile imporre immagini e contenuti su televisioni e media. È molto importante non perdere questa battaglia per la visibilità, sia su scala locale che su grande scala, per preservare e disseminare la solidarietà sociale e la cultura propria dei nostri quartieri e delle nostre città europee". 
*  da  globalist.it , 20 settembre 2013

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