21 aprile 2009

Il referendum liberticida di Giugno

Gli italiani non hanno ancora ben chiare le scadenze di giugno, anche perché l’informazione, controllata in gran parte dai due principali partiti, si guarda bene dal spiegarlo.Nella prima domenica di giugno (il 7) si voterà per i rappresentanti italiani nel parlamento europeo (con il “regalo” lasciato dall’accordo Veltroni-Berlusconi sul 4% da superare), per il primo turno di molti comuni e per gran parte delle provincie (due sistemi elettorali completamente diversi fra loro e diversi rispetto a quello delle europee). Quindici giorni dopo (il 21), si rivota per il ballottaggio nei comuni e provincie dove nessun candidato ha ottenuto il 51% al primo turno. Ma l’appuntamento di gran lunga più importante per il sistema politico (e per l’Italia) è quello di cui si parla di meno: il referendum promosso quasi 3 anni fa da Segni-Guzzetti con l’aiuto determinante di Alleanza Nazionale nella raccolta firme: che al momento è previsto per il 14 giugno.La scadenza europea interessa più che altro come vetrina per le schermaglie nazionali, per il consistente rimborso elettorale che si ricava per chi supera il 4% (decisivo quindi per i vari frammenti della sinistra per sopravvivere o chiudere bottega), per la possibilità di collocare personaggi, a volte scomodi ma autorevoli in un tranquillo incarico ben remunerato. A pochi interessano i destini dell’ Europa, il ruolo di Bruxelles nel regolamentare assetti economici, ambientali e sociali di un Europa dove, in definitiva, ognuno sta ricominciando a farsi i fatti suoi.

Le elezioni comunali e provinciali agitano parecchie migliaia di candidati che competono ad una determinante carica istituzionale. Il sistema elettorale, un prodotto malriuscito delle precedenti incursioni referendarie di Segni, Pannella ed altri, ci offrirà schede elettorali con 30-40 liste al primo turno e 15 giorni dopo il “miracolo” di riduzione a due dei competitori. Nell' intermezzo si svolgono riservati accordi sulle spartizioni di incarichi e scompaiono di botto contrapposizioni esistenti fino ad un mese prima. I duellanti principali, quasi dappertutto, hanno esattamente gli stessi obiettivi sulle questioni importanti e inventeranno qualche minutaglia sulla quale istaurare, per il pubblico, sanguinosi duelli televisivi quotidiani nei 30 giorni finali.La Provincia di Torino è un esempio: 35-40 liste probabili e due candidati veri: Saitta, solida formazione DC, per il centro-sinistra; dal 1985 ricopre ininterrottamente ruoli vari in Comuni, Provincia, Regione senza un solo mese di pausa (slogan:”Tante cose fatte, una da fare. Continuare” ). Porchietto, affascinante signora 40enne che miracolosamente gestisce insieme un azienda di Materie plastiche, uno Studio da commercialista e l’API, 3000 piccole imprese e 50.000 addetti: (fra i primi passi elettorali :” cercasi giovani talenti locali da inserire nello staff elettorale, a dimostrazione che il territorio della Provincia di Torino riesce a sviluppare le genialità...”con invito a presentare il curriculum).La Porchietto, malgrado il fascino, ha qualche difficoltà all’avvio per il fatto che i due vogliono esattamente le stesse cose (TAV, 2 inceneritori, Tangenziale-est, qualche grattacielo..etc ) ma dilagherà facilmente; al momento “ la lotta agli sprechi “ sembra il suo banner principale; è sostenuta da due soli partiti (PdL e Lega) che hanno assorbito tutti gli altri e che per razionalizzare gli sprechi hanno pensato bene (con il silenzioso consenso del “principale partito di opposizione”) di far debuttare a giugno ben tre nuove Provincie ( la notizia in qualche articoletto di giornale, se avete tempo e pazienza, forse la trovate..). Noi immaginiamo che, se a metà della campagna elettorale i due si scambiassero di ruolo, se non fosse per la diversa avvenenza, una parte consistente dell’elettorato non se ne accorgerebbe.


Il referendum invece è una questione seria. Dopo i pasticci referendari di 13 anni fà, di cui paghiamo ancora conseguenze nel caos attuale dei sistemi elettorali, la carriera politica di Mario Segni (Mariotto per gli amici) si era infranta di botto. La Lista dell’Asinello, promossa insieme ad Alleanza Nazionale da poco rigenerata a nuova vita dal vecchio MSI fascista, ebbe un clamoroso tonfo e Fini pensò bene di fare a meno dell’alleato che quasi svanì nell’ombra.Ma poiché a volte ritornano, Mariotto insieme a Guzzetti è tornato circa 3 anni fa, promuovendo un referendum, di nuovo con l’appoggio decisivo di AN, che abrogherebbe parti della legge elettorale 270 del 2005 in modo tale da dare al partito (non alla coalizione) che ottiene più voti (alla Camera) un premio di maggioranza (55% dei seggi); gli altri seggi andrebbero al secondo partito ed “un diritto di tribuna” resterebbe agli altri partiti che hanno superato il 4% o l’ 8% a seconda della camera. Il referendum non modificherebbe altro, ne il sistema di non-preferenze, ne il singolare premio “per Regioni” al Senato.Paradossalmente la proposta, che vorrebbe essere fustigatrice verso il proliferare dei partiti, e in qualche modo atta a ridurre i costi e il potere della politica, introdurrebbe nella specifica situazione italiana una specie di incubo autoritario dove ad esempio il neonato superpartito di Berlusconi da solo, senza la Lega Nord e senza neppure il requisito del 50%,richiesto dalla legge-truffa degli anni ’50, avrebbe il controllo completo del Parlamento.Naturalmente con la prospettiva di ridimensionare il Senato ed arrivare all’elezione diretta del Capo del governo (altro sogno-incubo di Segni e dei vari postfascismi vaganti nel paese).Il referendum, ferocemente osteggiato per ovvi motivi dalla Lega Nord, ed un po’ superato dal fatto che AN è già stata fagocitata dal “partito del predellino”, sembrava dimenticato da tutti ma è inesorabilmente arrivato alla sua estrema scadenza che è il 15 giugno; esattamente in mezzo alle due ordinarie scadenze elettorali. Con ampie probabilità,in quella data, di non raggiungere il quorum di elettori. Tuttavia qualche settimana fa Franceschini (vero genio dell’opposizione italiana secondo solo a Veltroni), ha improvvisamente riaperto la questione usando lo spreco di soldi come argomento per sollecitare l’unificazione delle scadenze elettorali alla prima domenica; questione in astratto discutibile se non si trattasse del fatto che si parla di un vero cambio di regime in Italia in senso apertamente autoritario (non per nulla i veri “sostenitori” dell’operazione sono forze con chiare connotazioni populiste e postfasciste).Va notato che, a parte la reale dimensione dei costi (400.000 euro sono esagerati in presenza di strutture per seggi etc.. già esistenti) "lo spreco”reale è ad esempio di 5-10 volte inferiore a quello provocato dalla mala gestione dei rifiuti di Bassolino & C in Campania negli ultimi 10 anni, ampiamente di un ordine di grandezza inferiore all’evasione fiscale annua, per non parlare delle risorse annue sottratte al paese dalle varie mafie. E’ stupefacente che migliaia di persone (di sinistra) stiano agitando, in assoluta buonafede, la bandierina di Franceschini senza rendersi minimamente conto del pericoloso errore che stanno compiendo, complice anche il totale silenzio dell’informazione sulle reali connotazioni “peroniste”, nel migliore dei casi, del referendum. Che dovrebbe essere al centro di una campagna esattamente contraria, con l’obiettivo di far mancare il quorum. Vari gruppi di giuristi, molti di sinistra, in lunghi seminari, praticamente sconosciuti ai non addetti ai lavori, hanno discusso, preoccupati, gli effetti del referendum, hanno sottolineato che se si raggiunge, magari per poco il quorum, la probabilità della vittoria dei no sarebbe uguale a zero, come insegna l’esperienza e che l’Italia cambierebbe regime. Totalmente ignorati dall’informazione come anche il docente che a distanza di tre anni ha preso le distanze dal referendum, al cui Comitato aveva aderito allora, ritenedolo troppo pericoloso.E Berlusconi, ancora dopo i fatti dell’Abruzzo, e memore dell’esperienza con Veltroni, dalla quale ha imparato che le migliori occasioni per i suoi trionfi gli sono state regalate dai leader del “principale partito di opposizione” sta negli ultimi giorni riconsiderando la questione sollecitato, ahinoi!, proprio dall’opposizione, a valutare la possibilità di tentare il colpaccio.Prima ipotesi: un decreto del governo che consenta il voto referendario la settimana successiva, unito con il secondo turno elettorale: unico ostacolo da superare la Lega Nord. Seconda ipotesi,spostarlo al prossimo anno per avere il tempo di trovare un accordo con la Lega Nord. Berlusconi ha dimostrato in più occasioni di essere, purtroppo, l’unico vero leader politico italiano: capace di morire, resuscitare e compiere anche preoccupanti miracoli…
(versione corretta e aggiornata)

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