intervista a Daniel Cohn-Bendit
di Andrea Tarquini *
Vendola si ricordi della Spagna del ´36. «Attenti, ragazzi, chi scende in piazza contro la missione internazionale cerca magari una terza via ma di fatto non è neutrale, bensì con Gheddafi. Perché niente cortei quando Gheddafi massacrava il suo popolo? Ricordate Francia e Gran Bretagna del ‘36, che lasciarono sola la Repubblica spagnola contro Franco, Hitler e Mussolini». Daniel Cohn-Bendit, leader verde europeo, è durissimo.
In piazza per la pace: solo in Italia o anche altrove?
«In Germania si va in piazza contro l'atomo. Vedo appelli anti-raid aerei solo in Italia, o in Grecia dai neostalinisti. Finiscono per schierarsi con la Cina, Putin e Chavez. Sono prigionieri delle categorie degli anni ‘50».
Insomma, la ricerca di una "terza via" non la convince?
«In Italia vedo appelli a protestare mossi dall'ossessione assoluta e accecante della mitica lotta contro l'imperialismo americano. Come fa Vendola a dire né con Gheddafi né con le bombe? Non faccio paragoni col triste slogan "né con lo Stato né con le Br", ma mi ricordo del 1936. Madrid democratica fu lasciata sola contro Franco, la Legion Condor di Hitler e i reparti di Mussolini. Risultato: stragi, 50 anni di franchismo, e nel ‘39 la seconda guerra mondiale».
Scusi, ma la voglia di pace, di un'altra via tra la guerra e il tiranno, non è importante?
«Arriva il momento in cui bisogna fare scelte. La Resistenza italiana, francese o jugoslava fu giusta, ma sanguinosa. Gli Alleati non la lasciarono sola. Che lo voglia o no, chi vuol lasciare soli i rivoluzionari libici è con Gheddafi, non è neutrale. E schiavo di miti come l'ossessione della pace a ogni costo che a Monaco 1938 portò Londra e Parigi a cedere a Hitler. O il mito del patto Molotov-Ribbentrop, giustificato dall'Urss perché anti-imperialista».
E la nonviolenza alla Gandhi?
«Gandhi vinse contro un imperialismo democratico, non contro un tiranno sanguinario pronto a sterminare il suo popolo. Gandhi poté trovare una terza via, per i rivoluzionari libici la terza via non esiste sul campo. È triste che non lo si capisca. Agire è giusto, come lo fu contro Milosevic e i suoi massacri in Bosnia e in Kosovo. La guerra è sanguinosa, lo fu anche la Resistenza nell'Europa occupata dall'Asse. Ma allora gli italiani dovrebbero rinnegare la Resistenza? I jet occidentali hanno fermato i Panzer di Gheddafi che puntavano su Bengasi per un bagno di sangue. E in Tunisia ed Egitto la rivoluzione ha vinto perché gli Usa, influenti sulle forze armate locali, le hanno convinte a non fare stragi. In Libia è diverso».
La voglia della "terza via" però è forte in una parte dell'opinione pubblica? Perché, secondo lei?
«Per i precedenti della guerra in Iraq, dove non c'era un movimento rivoluzionario da appoggiare, e perché in Afghanistan la situazione è difficile. Ma ricordiamo che dopo la prima guerra alleata in Iraq (contro l'occupazione irachena del Kuwait-ndr), prima ci fu la no-fly zone, poi Saddam massacrò 500mila sciiti e sterminò col gas un'intera città curda. Spesso chi protesta nel mondo del benessere non s'immagina cosa sia vivere sotto dittatori come Gheddafi. Ciò ha a che fare con ideologie marxiste-leniniste: il mondo diviso in cattivi e buoni, l'imperialismo cattivo e tutti i suoi nemici buoni».
Come giudica la non partecipazione della Germania alla coalizione anti-Gheddafi?
«Merkel e Westerwelle sono opportunisti, fiutano aria di pacifismo e temono per le elezioni di domenica. Potrei capirli solo se criticassero l'amicizia passata di Berlusconi e Sarkozy con Gheddafi, ma non lo fanno. In troppi amano solo le rivolte che vengono sconfitte, facile poi chiudere gli occhi davanti alla repressione, come con la Spagna lasciata a Franco».
* la Repubblica, 22 marzo 2011 ( da MicroMega )
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