Amory Lovins, uno dei più autorevoli esperti americani di energia e autentico innovatore del pensiero ambientalista, ha pubblicato sul sito della sua organizzazione (Rmi) un lungo post per elencare i tanti motivi che fanno del nucleare una scelta perdente, a cominciare non solo da quello della sicurezza, che pure è saltato così drammaticamente alla ribalta con la tragedia giapponese, ma da quello dei costi. Qui di seguito la traduzione di uno stralcio dei passaggi più significativi dell’articolo.
“Ogni dollaro speso per un nuovo reattore serve a ridurre le emissioni di CO2 da due a dieci volte meno e da 20 a 40 volte più lentamente che se investito (…) in efficienza energetica, cogenerazione, rinnovabili…
Queste ultime due hanno rappresentato il 18% dell’elettricità prodotta nel 2009 (contro il 13% del nucleare) e oltre il 90% della nuova produzione aggiunta nel 2007-2008 globalmente…
Metà della nuova capacità installata nel 2008 e 2009 è rinnovabile. Nel 2010 le rinnovabili, escludendo il grande idroelettrico, ha raccolto 151 miliardi di investimenti privati e ha aggiunto 50 miliardi di watt (70% dell’intera capacità delle 23 centrali Usa simili a quella di Fukushima), mentre il nucleare ha raccolto zero investimenti privati e ha continuato a perdere capacità. La presunta inaffidabile energia del vento ha fatto nel 2010 dal 43 al 52 per cento dell’elettricità di quattro stati tedeschi…
Al contrario, dei 66 impianti nucleari ufficialmente indicati come “in costruzione” nel mondo alla fine del 2010, 12 risultano “in costruzione” da oltre 20 anni; per altri 45 non c’è una data di presunta entrata in funzione; la metà sono in ritardo sui piani di realizzazione; tutti e 66 sono frutto di interventi statali mentre nessuno è stato realizzato attraverso i meccanismi di mercato. Dal 2007 la crescita del nucleare ha contributo a nuova produzione in misura minore del solare, la più cara delle rinnovabili. Mentre i competitori delle intrinsecamente sicure rinnovabili massacrano sul mercato tanto le centrali nucleari quanto quelle a carbone (e continuano a diventare clamorosamente più economiche), i costi dell’energia atomica continuano a lievitare e aumenteranno ancora di più con la richiesta di maggiore sicurezza.
Dal 2005 i nuovi reattori americani (nel caso ce ne fossero stati) sarebbero stati sussidiati al 100%, ma nonostante ciò non hanno raccolto neppure un cent di capitale privato perché non sono un affare. Costano da due a tre volte più dell’eolico e, prima che vengano realizzate finiranno per essere più costose anche del solare. Rinnovabili competitive, efficienza e cogenerazione sono in grado di rimpiazzare più di 23 volte tutta l’energia da carbone degli Stati Uniti e quindi anche quella nucleare, pari a circa la metà di quella del carbone. Eppure l’industria dell’atomo continua a chiedere sussidi ancora più generosi e i suoi lobbisti tengono in ostaggio tutti gli sforzi delle altre energie chiedendo in riscatto decine di miliardi, senza senso del limite . Per questo la prima domanda da porsi non è se i reattori sono sicuri, ma perché mai costruirli e perché mai continuare a tenere accesi quelli che sicuri non sono…
Un mito che fatica a morire sostiene che gli ordini nucleari negli Usa sono stati fermati dall’indicente di Three Mile Island (1979). In realtà si erano già fermati un anno prima, uccisi da un incurabile attacco delle forze del mercato. Allo stesso modo non c’è dubbio che quando il nucleare collasserà definitivamente sui mercati la colpa verrà data a quanto accaduto a Fukushima.
* da “2050 “ blog su Repubblica - 22 marzo 2011
Nessun commento:
Posta un commento