1 ottobre 2025

Come sarà la Cina del 2030

 Pechino si prepara a varare il suo nuovo piano quinquennale 2026-2030, avvicinando la “modernizzazione socialista” fissata per il 2035. Al centro ristrutturazioni industriali, tecnologia, ambiente e sicurezza. Il Partito comunista punta sulle “nuove forze produttive di qualità”. Resta da risolvere il nodo dei consumi, per completare la trasformazione del modello di sviluppo.


di Lorenzo Lamperti *

La Cina sta per svelare i suoi obiettivi per i prossimi cinque anni. Entro fine ottobre, si terrà il quarto Plenum del XX Comitato centrale del Partito comunista. E il protagonista assoluto sarà il XV piano quinquennale, che il Plenum è chiamato a mettere a punto, in attesa della formale approvazione che arriverà a marzo 2026 dall’Assemblea nazionale del popolo, durante le annuali “due sessioni”.

Il piano 2026-2030 non è un documento qualsiasi: segna il primo passaggio del decennio che condurrà la Cina al 2035, anno in cui il Partito punta a raggiungere il traguardo della cosiddetta “modernizzazione socialista”. Un concetto che indica obiettivi concreti: migliorare la distribuzione del reddito, garantire servizi pubblici di base più equi, accelerare la transizione verde, avvicinare il perseguimento dell’autosufficienza tecnologica, rafforzare sicurezza nazionale e governance. Su tutti: completare la trasformazione del modello di sviluppo, seguendo il principio della “doppia circolazione” presentato da Xi Jinping nel 2020, vale a dire riducendo la dipendenza dalle esportazioni (la circolazione esterna) e aumentando il peso dei consumi (circolazione interna).

A differenza dei cicli precedenti, l’ambiente interno ed esterno appare segnato da profonde incertezze, dai dazi di Donald Trump alla debolezza dei consumi interni. In questo quadro, il nuovo piano dovrà conciliare crescita economica e stabilità sociale, sicurezza nazionale e apertura internazionale, innovazione tecnologica e redistribuzione.

La leadership ha già indicato che la crescita rimarrà una priorità, pur con un orientamento alla “qualità” più che alla mera quantità. Si parla di fissare un obiettivo annuo attorno al 5%–5,5%, sufficiente per mantenere occupazione e fiducia dei mercati. In parallelo, si rafforzerà la capacità dello Stato di gestire debito pubblico e rischi finanziari, con nuove regole su spesa e trasferimenti fiscali a livello locale.

Il principale nodo da risolvere è il basso peso dei consumi privati, pari a circa il 40% del PIL (contro il 68% degli Stati uniti e oltre il 55% in Europa e Giappone). La contrazione demografica, l’incertezza post-pandemica e la crisi immobiliare hanno ulteriormente ridotto la propensione alla spesa dei cittadini. Il piano intende intervenire ampliando la quota di reddito disponibile delle famiglie, riducendo diseguaglianze e potenziando il welfare. Sono allo studio riforme fiscali (ad esempio sull’imposta sul reddito personale), trasferimenti diretti e voucher di consumo. L’obiettivo (non semplice) è trasformare il consumo in un motore stabile della crescita, pur senza abbandonare la leva degli investimenti pubblici.

Un altro fronte è quello delle ristrutturazioni industriali. Negli ultimi anni, la sovracapacità ha prodotto una competizione distruttiva in settori come pannelli solari, auto elettriche e acciaio. Potrebbe comparire il termine “involuzione”, espressione ormai comune in Cina per descrivere la concorrenza interna eccessiva che logora imprese e lavoratori senza generare reale progresso. Il governo ha già dichiarato battaglia contro questa tendenza, che il piano mira a regolare con nuove leggi sui prezzi, meccanismi di uscita dal mercato per aziende inefficienti e incentivi alle fusioni.

La rivitalizzazione delle campagne resta una delle colonne portanti. La Cina intende rafforzare la sicurezza alimentare con nuove politiche su sementi, tecniche agricole e infrastrutture rurali. Parallelamente, saranno sviluppati servizi pubblici (scuole, ospedali, assistenza agli anziani) anche nelle zone periferiche, così da contenere squilibri tra aree urbane e rurali.

Il cuore del piano sarà l’innovazione tecnologica. A partire da semiconduttori, intelligenza artificiale, biotecnologie, energie rinnovabili, industria tecnologica verde, quantistica. Il concetto di “nuove forze produttive di qualità” è diventato uno slogan chiave della leadership cinese, ma non si limita a evocare l’adozione di nuove tecnologie. Indica un cambio strutturale dell’intero sistema economico, volto a superare il modello basato su manodopera a basso costo, grandi investimenti infrastrutturali e industrie pesanti. Le nuove forze produttive comprendono settori strategici ad alto valore aggiunto, capaci non solo di colmare il divario con le economie avanzate, ma anche di rilanciare filiere tradizionali attraverso l’innovazione. L’iniziativa “AI Plus” sarà integrata come piattaforma per accelerare la digitalizzazione dei settori industriali e dei servizi. Dopo gli anni della stretta regolatoria, lo Stato punta a reintegrare il settore privato come protagonista dell’innovazione, coinvolgendo colossi come Ant Group e DeepSeek. L’obiettivo dichiarato è ridurre la dipendenza dalla tecnologia occidentale per schermarsi da sanzioni e restrizioni alle catene di approvvigionamento più avanzate, consolidando una base di autosufficienza.

Sul piano ambientale, verranno ribaditi gli impegni: picco delle emissioni entro il 2030 e neutralità carbonica al 2060. Anzi, verranno aggiornati alle ultime promesse presentate da Xi al vertice sul clima delle Nazioni unite: riduzione delle emissioni nette di gas serra tra il 7 e il 10% entro il 2035 e aumento di sei volte di energia eolica e solare rispetto ai livelli del 2020. Le tecnologie verdi rimarranno dunque un pilastro del prossimo piano, con investimenti mirati nelle energie rinnovabili, nella mobilità elettrica e nell’efficienza energetica.

Il nuovo piano quinquennale dovrebbe dare ampio spazio anche alla sicurezza nazionale. Non solo e non tanto in senso militare, ma piuttosto per la protezione delle catene di approvvigionamento critiche, la costruzione di riserve energetiche e alimentari, l’autonomia nelle infrastrutture digitali e il rafforzamento della cybersicurezza. Il concetto chiave è quello di “sviluppo sicuro”, dove crescita e sicurezza diventano due facce della stessa medaglia.

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* collaboratore di Il Manifesto dall’Asia orientale - 1 ottobre 2025


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