di Sara Gandolfi *
Dal Perù al
Madagascar, dal Marocco alle Filippine, dal Kenya al Nepal i giovani stanno
protestando. Non lo fanno per Gaza, contro le guerre o per qualche altra
lontana questione umanitaria. Manifestano contro il caro-vita, il malgoverno,
la mancanza di opportunità e la disuguaglianza dilagante, perché sono sempre
più poveri a causa di governi corrotti o incompetenti. Guidati per lo più da
studenti e laureati disoccupati, protestano, soprattutto, perché il contratto
sociale fra generazioni si è rotto.
La rivolta della Generazione Z, giovani nati tra il 1996 e il 2010, si sta
diffondendo a livello globale, nel Global South. Video, app criptate e una
bandiera pirata nera con un grande teschio sono diventati messaggi di sfida in
tutto il mondo. E forse arriveranno presto anche nel nostro Occidente.
I disordini arrivano sulla scia della destituzione del governo nepalese da parte della Gen Z a settembre e di altri recenti movimenti giovanili in tutta l'Asia meridionale: nel 2024, i bengalesi hanno estromesso Sheikh Hasina, che ha governato il paese per oltre 15 anni; nel 2022, i giovani dello Sri Lanka hanno posto fine alla dinastia familiare Rajapaksa che ha dominato la politica del Paese per due decenni. Ora, i giovani del Marocco (vedi articolo di Guido De Franceschi, più sotto) si stanno mobilitando per le riforme della giustizia sociale e per lo stato dei servizi pubblici, contestando gli investimenti miliardari fatti dal governo per ospitare la Coppa del Mondo FIFA 2030. In Madagascar (vedi articolo sotto), la scintilla sono state le continue interruzioni nelle forniture di elettricità e acqua sull'isola dell'Oceano Indiano. In Nepal, un recente divieto sui social media ha scatenato le dimostrazioni contro un governo accusato di corruzione e nepotismo, il veto ai social è stato rapidamente revocato e il primo ministro K.P. Sharma Oli si è dimesso. In Perù, le manifestazioni sono iniziate il 20 settembre dopo che il governo ha annunciato le riforme di una legge sulle pensioni. I giovani hanno iniziato apertamente a contestare il governo della presidente Dina Boluarte, accusato di corruzione e repressione (con decine di manifestanti uccisi durante le manifestazioni che seguirono il suo insediamento a fine 2022), oltre che per l'aumento della criminalità. E la rabbia della Generazione Z ha travolto di recente altri Paesi, tra cui Filippine, Indonesia, Serbia, Kenya, Paraguay...
Si stanno affacciando al mondo, spesso dopo una laurea, ma il mondo li accoglie con instabilità politica, maggiore polarizzazione, crescente disuguaglianza di ricchezza e un mercato del lavoro sempre più debole. Il presente è cupo, il futuro anche più nero e senza speranze. Qualcosa di simile non sta avvolgendo anche i giovani del nostro molto più ricco Occidente?
La Gen Z è la prima generazione di nativi digitali e internet è il loro strumento di mobilitazione. Non è certo la prima volta che i giovani guidano proteste di massa, basti pensare alle rivolte studentesche del maggio francese nel 1968, ai sit-in contro la guerra del Vietnam e ai movimenti per i diritti civili negli Stati Uniti, alle enormi manifestazioni cinesi su Piazza Tiananmen, ad Occupy Wall Street, alla Primavera Araba o alla Rivoluzione degli Ombrelli a Hong Kong. I giovani di oggi hanno solo strumenti diversi per organizzarsi e mobilitarsi: hanno trasformato l'attivismo su piattaforme digitali come Instagram, TikTok, Discord – un'app di messaggistica inizialmente diffusa dai gamer – e Telegram. Strumenti che consentono un coordinamento decentralizzato e in tempo reale, una rapida condivisione delle informazioni e simboli virali che uniscono gruppi diversi in tutto il mondo.
L'onda della protesta cresce sui social. E un altro elemento che contraddistingue la Generazione Z dalle precedenti è che c'è «una sensazione catastrofica, una sorta di fine della democrazia liberale percepita in un Paese dopo l'altro», come ha commentato alla Cnn Subir Sinha, direttore del SOAS South Asian Institute, che sottolinea come la Generazione Z sia cresciuta all'ombra della crisi finanziaria del 2008. «Raggiungendo la maggiore età, ha dovuto affrontare una divisione politica sempre più profonda, una crescente crisi climatica, l'incertezza economica e una pandemia che ha messo in luce profonde disuguaglianze». Per i giovani, «l'idea che il futuro venga cancellato sembra essere molto reale – e credo che questo sia in parte il tipo di contagio a cui assistiamo», ha concluso Sinha.
nella foto: Madagascar - Un giovane durante gli scontri con le forze di sicurezza malgasce durante una manifestazione per chiedere riforme costituzionali ad Antananarivo
* Notizie dal sud del Pianeta - Newsletter Corriere della sera - 9 ottobre 2025

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