18 maggio 2019

Ecologista e anticlericale, rivolta giovanile negli Urali


Russia. Mega cattedrale al posto del parco, luogo di ritrovo per i ragazzi di Ekaterinburg, con la benedizione di Putin e della Chiesa ortodossa. Ad opporsi un movimento «moderno» e non violento, che non evita la dura repressione delle autorità: oltre 100 i fermi amministrativi



Ecologista, anticlericale, radicale. Esplode a sorpresa a Ekaterinburg – capitale degli Urali e città natale di Boris Eltsin – il primo grande movimento giovanile russo del XXI secolo contro la costruzione di una cattedrale della chiesa ortodossa in una piazza del centro.

LA CATTEDRALE della Santa Grande Caterina era stata costruita alla fondazione della città nel 1723 e venne abbattuta dall’amministrazione sovietica nel 1930, durante una delle campagne antireligiose dell’epoca. Ma nel 2010, con il sostegno del sindaco di Ekaterinburg, la chiesa ortodossa ne ha preteso la ricostruzione in vista del tricentenario della sua erezione. Questa però è solo una parte della storia. Chi finanzia l’operazione del costo di oltre 70 milioni di dollari sono Igor Altushkin (magnate del cotone) e Andrey Kozitsyn (boss del settore metallurgico negli Urali), che da sempre fanno affari con il patriarcato di Mosca. Kozitsyn ha già partecipato al restauro del monastero di Valaam, il più frequentato da Vladimir Putin, e fa parte di molte fondazioni che gestiscono la costruzione di chiese in tutto il paese. Come Altushkin – 4,4 miliardi di dollari di patrimonio accertati da Forbes – il quale è stato ringraziato lo scorso anno per il suo fervore religioso con uno stanziamento di 60 miliardi di rubli da parte di Gazprombank per aprire un grande impianto industriale metallurgico a Celyabinsk. Un business perfetto se non si fossero messi di mezzo i ragazzi di Ekaterinburg.

LA PIAZZA OTTOBRE, scelta come luogo destinato a ospitare una montagna di cemento alta 75 metri, è nota tra i giovani della città semplicemente come «Square». Lussureggiante e bagnata da uno splendido lago artificiale, è da sempre il ritrovo serale dei ragazzi di Ekaterinburg nella bella stagione. Così quando lunedì sono apparse le prime recinzioni in vista dell’inizio dei lavori è partito un tam tam via social che ha portato nella notte alla mobilitazione intorno alla location di migliaia di giovani. «Per far posto alla chiesa verranno abbattuti 200 alberi e verrà cementificata un’intera area verde» spiegava una ragazza intervistata una televisione locale la prima sera della mobilitazione. E un amico aggiungeva: «Non siamo antireligiosi, ma in centro ci sono già 4-5 grandi chiese, un’altra è inutile». Una mobilitazione che è continuata a crescere nelle serate successive trasformandosi in un vero e proprio happening e flash-mob che va già oltre le stesse motivazioni iniziali. Si suona, si balla, si beve birra in quello che malgrado gli appelli della polizia a sgomberare (le manifestazioni non sono autorizzate) è diventato uno spazio liberato. E si abbattono le recinzioni anche se il giorno dopo ne vengono innalzate di più alte e robuste.

SONO MANIFESTAZIONI che preoccupano, e molto, Putin. Giovedì sera, dopo che blandizie e minacce del sindaco non erano servite a bloccare i presidi è sceso in campo personalmente il capo del Cremlino, con una intervista televisiva. Ha accusato «gli agitatori di professione venuti da Mosca» e ha sostenuto che «la soluzione del problema dovrà essere decisa attraverso un sondaggio di tutta la popolazione interessata» e non da una «minoranza vociante»: parole che non hanno fatto che convincere i giovani degli Urali di essere sulla buona strada. La loro mobilitazione pacifica è stata colpita da un’inaudita repressione. Sono ormai oltre 100 i fermi amministrativi effettuati dalla polizia, con condanne a detenzioni per una o due settimane o al pagamento di multe salatissime. Come quella denunciata da Marina su Facebook, di oltre 40mila dollari. Sono 7 invece i giovani che saranno processati penalmente.

«SI TRATTA DI UN MOVIMENTO moderno – afferma il sociologo Boris Kagarlitsky – che ricorda Occupy a New York e il parco Gezi a Istanbul. Niente leader, comunicazione orizzontale, obiettivi concreti». E in effetti i ragazzi che si vedono nelle dirette serali del canale televisivo Dozd sono maledettamente simili ai loro coetanei “occidentali”. «Ascoltano la stessa musica indie-rock, vestono le stesse felpe e le stesse snickers e non vedono un futuro luminoso davanti a sé», conferma Kagarlitsky.

Uno dei mille fili insomma di una lotta planetaria. Che stasera andrà in replica a Ekaterinburg.

* da il manifesto, 18 maggio 2019

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