Domenica si è chiusa una delle più
importanti consultazioni interna nella storia di Podemos, seconda solo alle due
congressuali di Vistalegre 1 e 2.
In una fase di nuova ascesa
elettorale di Unidos Podemos, registrata dagli ultimi sondaggi che lo collocano
sopra il Pp e Psoe all’inseguimento di un più distaccato Ciudadanos, l’acquisto
di uno chalet da 540 mila euro da parte del segretario Pablo Iglesias e della
portavoce del congresso Irene Montero, è stato per dieci giorni la notizia di
apertura dei telegiornali. La vicenda ha rappresentato per i media l’occasione
di una campagna mediatica violenta, tesa a screditare i due ma soprattutto a
ridimensionare gli scandali giornalieri del Partito Popolare.
L’exit strategy del gruppo
dirigente di Podemos (il referendum interno) non è piaciuta all’ala
anticapitalista del partito, che ha ritenuto eccessivo il ricorso alla consultazione
per una vicenda privata, considerandolo un precedente che rischia di
“privatizzare” il dibattito politico interno.
L’esito della consultazione ha
ampiamente confermato il mandato ad Iglesias e Montero: 158 mila iscritti hanno
partecipato alla consultazione (il 68% del censo attivo, record interno di
partecipazione) e il 69% (122 mila) ha confermato i due dirigenti nei loro
incarichi. Un risultato in linea con i risultati dell’ultimo congresso e che ha
soddisfatto il gruppo dirigente, che pure «prende nota» del 31% di No.
Bisognerà vedere quale sarà
l’impatto elettorale della vicenda all’inizio di un anno decisivo per Unidos Podemos e per la sinistra spagnola, che
sarà impegnata in importanti elezioni regionali, municipali, europee e con le
elezioni nazionali sempre più probabili. Il caso chalet è scoppiato in un
momento segnato dalla crisi del Partito Popolare e dalla nuova fase della crisi
politica catalana. Il governo Rajoy, travolto da numerosi scandali, sembra
essere arrivato al capolinea dopo le sentenza Gürtel che ha portato alla luce una rete di corruzione e di finanziamento
parallelo del Pp, perdendo anche l’appoggio dell’alleato/competitore
Ciudadanos. Questa settimana il Partito Socialista presenterà una mozione
di sfiducia che dovrebbe godere dell’appoggio di Podemos, più difficile risulta
quello di Ciudadanos. In Catalogna l’elezione del nuovo presidente Quim Torra
(rappresentante dell’ala più
conservatrice del blocco indipendentista) protrae la crisi del modello territoriale
spagnolo, con la continuazione del 155 e il nazionalismo aggressivo di
Ciudadanos che macina consensi.
Da un lato, la consultazione
interna era per i dirigenti di Podemos l’unica arma disponibile contro un assedio mediatico che ha toccato una corda
fondamentale per un partito come questo: la coerenza rispetto ai principi
fondanti, il rapporto tra il livello di vita dei capi e quello degli elettori a
cui ci si rivolge. La rilegittimazione della base è stata usata contro la
delegittimazione mediatica. È stata autodifesa.
Dall’altra parte, la strategia
“populista” di Podemos, basata su una
leadership forte e mediatica (teoricamente bilanciata dalla moltiplicazione
dei momenti deliberativi), che ha permesso un’irruzione veloce nello spazio
elettorale, ha contribuito a una sorta di privatizzazione della sfera pubblica:
la dimensione privata occupa uno spazio politico decisivo. In questo contesto l’arma politica delle elites diventa
l’attacco e il discredito alla leadership per rompere il filo simbolico che la
connette alla “gente comune”, perché al tempo della spoliticizzazione di massa
e dell’antipolitica diffusa la rappresentanza popolare vive anche della
similarità tra le condizioni dei rappresentanti e quelle dei rappresentanti.
È, questa, un’ambivalenza decisiva
di Podemos e di tutti i populismi di sinistra, ma potremmo dire, più in
generale, di tutte le sinistre con ambizioni egemoniche: si usano le armi
dell’avversario, ci si stabilisce sul suo terreno per non essere marginali, gli
si rivolgono contro le sue stesse parole; facendolo, si rischia di legittimare queste parole e questo terreno senza
cambiarli, restandone prigionieri e perdendo il proprio orizzonte
strategico. Giudicare, però, queste scelte politiche da un punto di vista
morale è troppo facile: giocare il gioco della purezza e stare lontani dal
“campo populista”, salva l’anima ma lascia in un cono d’ombra, come si sta
incaricando di ribadire, in questi giorni, la vicenda italiana.
Una volta di più, Podemos
giudicherà sé stesso, e sarà giudicato, sul piano dei risultati.
* da il manifesto 29 maggio 2019
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