La febbre
del pianeta è aumentato di quasi un grado in un anno, e l’Uk Met Office lancia
l’allarme: il 2016 sarà l’anno più caldo della storia
di Angelo Mastrandrea *
Clima. È Natale ma sembra primavera:
temperature mai viste da New York al polo Nord. I cambiamenti climatici
sconvolgono il mondo: Pechino affoga nello smog, tornado a raffica nel sud
degli Stati Uniti ed emergenza alluvioni in Gran Bretagna. La febbre del
pianeta è aumentato di quasi un grado in un anno, e l’Uk Met Office lancia
l’allarme: il 2016 sarà l’anno più caldo della storia
Non avrebbe potuto esserci
sceneggiatura migliore contro i cambiamenti climatici di quella che madre
natura ha architettato per questo Natale: una città come Pechino avvolta in una
cappa di fumi tossici così densa che gli aerei non hanno potuto atterrare; temperature
per niente polari sull’Artico; zero termico a 1100 metri sulle vette
trentine, al punto da mettere a rischio persino la tenuta della neve
artificiale sulle piste da sci; alluvioni devastanti in Gran Bretagna,
primavera anticipata a New York e mimose in fiore in Liguria. Nulla
di nuovo, a ben vedere, solo la degna chiusura di un anno caldo come pochi
altri, con temperature medie mediterranee sulle Alpi e punte di oltre 40
gradi in estate in tutta la Mitteleuropa.
Se così stanno le cose, lascia il
tempo che trova lo «storico accordo» (com’è l’ha definito il presidente Laurent
Fabius, socialista francese) appena raggiunto alla conferenza sul clima Cop 21
di Parigi. Al meeting delle Nazioni unite si è deciso non di diminuire le
emissioni dei cosiddetti gas serra, come sarebbe d’obbligo vista la rapidità
dei cambiamenti climatici e gli sconvolgimenti ambientali e sociali
che essi producono («sarà un mondo più estremo», ha ricordato Naomi Klein in
un’intervista al manifesto il 15 dicembre scorso), ma solo un impegno
all’«equilibrio» nella seconda metà del secolo e nessuna sanzione per chi
viola le regole.
La fuliggine di Pechino
Nel mirino sono soprattutto potenze
emergenti come la Cina e l’India, con il loro modello frenetico di
sviluppo che non tiene in alcun conto le esigenze dell’ambiente
e l’utilizzo massiccio di combustibili fossili. Proprio Pechino in questi
giorni è stata la prima vittima di se stessa: il livello di inquinamento
cittadino (già solitamente alto) è salito così tanto da far cancellare 220
voli all’aeroporto per la scarsa visibilità causata dallo smog. Dichiarata
l’«allerta rossa», la chiusura delle scuole e il blocco dei cantieri
edili, nonché la circolazione delle auto a targhe alterne. Misure tampone
in attesa dell’arrivo di un vento freddo che ripulirà l’atmosfera ma non
risolverà il problema, come ha ammesso lo stesso governo cinese in un documento
diffuso alla conferenza di Parigi. In esso si spiega come il rapido
innalzamento della temperatura terrestre possa minacciare il Paese su tre fronti:
l’ambiente, l’economia, e la sicurezza nazionale, tra innalzamento del
livello del mare (tra i 40 e i 60 centimetri) che metterebbe
a rischio megalopoli come Shangai, e lo scioglimento dei ghiacciai
del Tibet che metterebbe a rischio i 700 chilometri della ferrovia
più alta del mondo.
Primavera a New York
Da un capo all’altro del pianeta,
nella solitamente gelida Grande Mela, dove l’anno scorso il freddo raggiunse
temperature record, in questi giorni è invece primavera: venti gradi
e immagini di cittadini in t-shirt a Central Park che fanno il giro
del mondo. Mentre Alabama, Arkansas, Mississippi e Tennessee sono stati
flagellati da decine di tornado (23 nella sola giornata di mercoledì). Anche
negli States il problema è politico. Tra un anno si vota e «il partito
repubblicano è l’unico nel mondo avanzato che nega il cambiamento
climatico», ha detto Barack Obama nella conferenza stampa di fine anno alla
Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti ha detto di aspettarsi
i tentativi dei conservatori di fermare l’applicazione dell’accordo sul
clima raggiunto in Francia. Anche su questo fronte si tratterà di un
voto-spartiacque, con implicazioni globali.
Mimose e zanzare in Italia
Non siamo a livelli cinesi, ma
nel nostro Paese il Natale pazzo ha preso le sembianze di una cappa di smog che
ha avvolto le due maggiori città. A Milano il sindaco Giuliano Pisapia ha
deciso lo stop del traffico per due giorni e a Roma il prefetto Francesco
Paolo Tronca è stato costretto al dietrofront, mentre il giorno di Natale
alle 13 la metropolitana chiudeva anticipatamente. Un segnale di quanto sia
complicata la situazione nella capitale e di come la questione ambientale
rimanga in fondo all’agenda politica.
Ma non c’è solo questo. Il pazzo
Natale italiano ha fatto registrare nebbie record e chiusure di aeroporti
in tutto il centro, mentre nelle zone tirreniche sono fiorite mimose, viole
e primule, nelle montagne i ghiri non sono andati in letargo
e le zanzare imperversano nelle aree più umide. La Coldiretti ha lanciato
l’allarme: il mese di dicembre ha fatto registrare 2,5 gradi di temperatura in
più rispetto alla media (lo stesso è accaduto a novembre), ma
soprattutto non ha piovuto, con la conseguenza che il fiume Po è ai
livelli estivi e in alcune zone di montagna è scattato l’allarme
incendi per la presenza di arbusti e rami secchi. Se il problema immediato
si chiama siccità (e una parte d’Italia è a serio rischio
desertificazione), la sfasatura climatica potrebbe avere risultati disastrosi:
se le temperature dovessero abbassarsi di colpo sarebbero a rischio
i raccolti.
Polare? Magari
L’Arctic Report Card, uno studio
guidato dall’agenzia Usa della meteorologia (Noaa) e scritto da 70
studiosi di dieci paesi diversi, pochi giorni fa ha denunciato: la temperatura
media annuale dell’aria sulla terraferma, tra l’ottobre 2014 e il
settembre 2015, è stata di 1,3 gradi sopra la media, la cifra più alta da
quando sono iniziate le registrazioni, nel 1900. Rispetto agli inizi del XX
secolo, oggi l’aria è più calda di 3 gradi. L’estensione massima del
ghiaccio marino è la più bassa mai riscontrata dal 1979. Inoltre, oltre il
50 per cento della superficie della calotta di ghiaccio della Groenlandia si
è sciolta. Nell’ultimo anno i ghiacciai hanno perso una superficie di
16,5 chilometri quadrati e la conseguenza più visibile è stata la
migrazione dei trichechi verso nord, con le prevedibili conseguenze
sull’habitat. Niente slitte per Babbo Natale nella sua città, Rovaniemi in
Finlandia, all’altezza del Circolo polare artico, dove è stato registrato
un grado sopra lo zero.
A Londra non piove, diluvia
Nel Regno Unito il 2015 è stato
l’anno più caldo dal 1910, quando le temperature hanno cominciato a essere
rilevate. Le temperature elevate hanno portato piogge record: nella contea di
Cumbria, nel nord-ovest dell’Inghilterra, a dicembre sono state
certificate le più alte precipitazioni della storia e i fiumi sono
tracimati. Una situazione inedita nel pur piovoso Regno Unito, poco abituato
a fare i conti con eventi estremi. Per questo il giorno di Natale si
è riunita una commissione del governo britannico per affrontare
l’emergenza alluvioni.
Un 2016 ancora più caldo
A gennaio è prevista un’ondata
di freddo che spazzerà via ogni preoccupazione fino alla prossima emergenza
(ma, come abbiamo visto, potrebbe avere effetti disastrosi sulle colture). Ma
rischia di essere un fuoco di paglia. Secondo le previsioni dell’Uk Met Office,
il 2016 potrebbe essere l’anno più caldo di sempre, a causa della
combinazione tra i cambiamenti climatici e il picco del fenomeno
meteorologico El Niño che ha già flagellato il mondo nel 2015.
Nell’anno in arrivo, fa sapere il
Met Office, la temperatura media globale sarà più alta di 1,14 gradi rispetto
ai livelli pre-industriali, e la tendenza è verso ulteriori
progressivi aumenti. Dopo le punte massime toccate nel 2015, anche l’anno che
sta per arrivare potrebbe essere caratterizzato da livelli elevati.
A lanciare il nuovo allarme è stato l’Uk Met Office, secondo cui
stando alle previsioni il 2016 potrebbe essere l’anno più caldo di sempre.
«Entro la fine del 2016 assisteremo a tre anni da record di seguito per le
temperature globali», ha spiegato il professor Adam Scaife, dopo che nel solo
2015 le temperature sono salite di 0,72 gradi. Con queste previsioni,
l’obiettivo di contenere l’incremento entro 1,5 gradi appare di basso profilo,
oltre che difficile da rispettare se non si inverte radicalmente la tendenza.
*da il
manifesto 27 dicembre 2015 ( fonte:dirittiglobali.it )
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