Il testo
prevede 567 seggi: oltre 400 saranno riservati a candidati indipendenti. Delle
circa 45 formazioni che si erano presentate alle elezioni del 2011, nessuna
potrebbe essere in grado di assumere un ruolo rilevante. "Le persone hanno
paura di fare politica", spiega a IlFattoQuotidiano.it Khaled Dawd,
portavoce di Al Dostour - 9 dei nostri esponenti sono in carcere".
Sei mesi
dopo l’elezione di Abdel Fattah El Sisi alla presidenza egiziana, il
governo approva la legge che regolerà le prossime elezioni parlamentari
previste, al momento, a marzo del 2015. Ma la prossima tornata elettorale,
ultima tappa della road map partita con la deposizione di Mohammed Morsi
nel luglio del 2013, più che mettere fine alla transizione democratica potrebbe
segnare l’ennesimo colpo di coda contro le formazioni politiche che ancora
cercano di sopravvivere dopo la violenta repressione del governo
egiziano.
La nuova
legge che detta la composizione del parlamento, per la prima volta monocamerale
dopo l’abolizione della Maglis al Shura (il senato egiziano), prevede
567 seggi. Di questi, solo il 20% sarà assegnato a candidati
appartenenti a partiti politici. Il resto, più di 400, sarà riservato a candidati
indipendenti mentre il 5% sarà nominato direttamente dal presidente
egiziano El Sisi. Inoltre, la nuova suddivisione per distretti impone alle
coalizioni percentuali molto alte per poter ottenere un seggio. Un
cambiamento radicale rispetto alla legge precedente che vedeva invece due terzi
della Camera assegnati a formazioni politiche e un terzo a candidati
indipendenti.
Diversi
schieramenti hanno espresso la loro preoccupazione. “Questo testo darà poche
speranze ai partiti nati dopo la caduta di Mubarak”, commenta Said Al
Khouri del partito Al-Wafd che lo scorso novembre aveva proposto con
un emendamento l’aumento del numero di seggi assegnati alle liste
politiche. La violenta repressione contro tutte le forme di dissenso ha
profondamente rallentato lo sviluppo dei partiti politici. I Fratelli Musulmani,
vincitori delle scorse parlamentari, sono stati messi fuori legge e
dichiarati organizzazione terroristica mentre anche numerosi attivisti che
avevano espresso il loro dissenso verso il regime sono in carcere. Delle circa
45 formazioni che si erano presentate alle prime elezioni dopo la
rivoluzione, nell’autunno del 2011, nessuna potrebbe essere in grado di
assumere un ruolo rilevante. Così anche per i partiti rimasti, anche per quelli
che andranno a formare una coalizione in favore di El Sisi, le speranze di
poter pesare nel nuovo parlamento si assottigliano sempre di più.
“La prima
conseguenza di questo sistema maggioritario è che i programmi e l’ideologia dei
partiti passeranno in secondo piano”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Mustafa
Al Sayyed, professore di Scienze Politiche all’Università del Cairo.
A pesare di più saranno i singoli candidati perché “la maggior parte verrà eletta sulla base di conoscenze sul territorio e sui servizi che questi candidati potranno dare agli elettori”, continua Al Sayyed. “I partiti politici non hanno avuto tempo di diventare forti nel Paese e di elaborare un programma alternativo. Le candidature individuali, inoltre, potrebbero spianare la strada al ritorno di politici appartenenti al defunto National Democratic Party (NDP) di Mubarak e a diversi businessman vicini al vecchio regime, gli unici ad avere le risorse economiche e i legami sul territorio sufficienti per poter avere successo nella prossima campagna elettorale. “Le reti di potere delle persone vicine al vecchio regime verranno consolidate – commenta El Sayed – la possibilità che molte personalità vicine al vecchio NDP si risiedano in Parlamento è molto alta”.
A pesare di più saranno i singoli candidati perché “la maggior parte verrà eletta sulla base di conoscenze sul territorio e sui servizi che questi candidati potranno dare agli elettori”, continua Al Sayyed. “I partiti politici non hanno avuto tempo di diventare forti nel Paese e di elaborare un programma alternativo. Le candidature individuali, inoltre, potrebbero spianare la strada al ritorno di politici appartenenti al defunto National Democratic Party (NDP) di Mubarak e a diversi businessman vicini al vecchio regime, gli unici ad avere le risorse economiche e i legami sul territorio sufficienti per poter avere successo nella prossima campagna elettorale. “Le reti di potere delle persone vicine al vecchio regime verranno consolidate – commenta El Sayed – la possibilità che molte personalità vicine al vecchio NDP si risiedano in Parlamento è molto alta”.
Lo scenario
politico che si delinea con questa legge è dunque molto simile a quello degli
anni del governo Mubarak, dove la mancanza di libertà di espressione e la
repressione contro i movimenti politici di ispirazione islamica aveva impedito
lo sviluppo di qualsiasi attività politica alternativa al regime. “Le
persone hanno paura di fare politica – spiega a IlFattoQuotidiano.it Khaled
Dawd, portavoce del partito liberale Al Dostour – 9 persone
appartenenti alla nostra formazione sono in carcere e le nostre
richieste per cambiare questa legge elettorale non sono state ascoltate”. La
marginalizzazione dei partiti dopo l’elezione di Sisi è evidente anche dal
fatto che lo stesso presidente ha deciso, a differenza di Mubarak, di non avere
nessuna formazione politica a supportarlo. “Nel luglio del 2013 avevamo
appoggiato la destituzione di Morsi – continua Dawd – non avremmo mai potuto
immaginare che Sisi avrebbe confinato i partiti a un ruolo così marginale nella
scena politica egiziana”.
·
da
ilfattoquotidiano, 23 dicembre 2014
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