Ammontano a 500.000 metri quadrati
gli orti urbani diffusi in Italia che oggi consentono ai cittadini che decidono
di cimentarsi con zappa e vanga di produrre fino a 50 kg/mq di prodotti freschi
all’anno. Una rivoluzione verde delle città che parte dal basso, sì, ma anche
grazie al coinvolgimento dei Comuni: in base a dati Istat il 38% delle
amministrazioni comunali capoluogo di provincia ha dedicato spazi urbani da
adibire ad orti con un elevato risvolto sociale. Il Comune fornisce terreno e
acqua con un canone minimo che arriva fino ai 200 euro annui per gli orti
urbani e tra i 25 e i 100 euro l’anno per gli orti urbani sociali. Le città più toccate dal fenomeno degli orti ubani?
Torino, Padova e Genova, ma si stanno facendo strada anche nei
piccoli centri. In media la dimensione media degli appezzamenti è tra i 30 e i
50 mq.
Sono alcuni dei dati emersi in
occasione del convegno ”Gli orti comunali: un fenomeno sociale in continua
espansione”, che si è svolto durante la Fiera di Vita in Campagna. Tra le
funzioni più rilevanti quella sociale, perché lavorare ad un orto urbano (i più
diffusi sono quelli di quartiere) favorisce il dialogo tra culture e fasce
della popolazione di età e tradizioni diverse.
Nati alla metà dell’800 in Germania,
gli orti urbani si sono rapidamente diffusi in tutta Europa e oggi consentono
di produrre fino a 50 kg/mq di prodotti freschi all’anno. E se i più diffusi
sono quelli di quartiere, negli ultimi anni sono diventati sempre più tematici:
orti per donne, per scolari, per disabili con valenza di ”giardino
interculturale” per facilitare l’interscambio e ”fattorie urbane” volte ad
alimentare chi ci lavora.
All’inizio degli anni 2000 questi
spazi recuperati da aree degradate venivano soprattutto concesse ad anziani per
favorire la socializzazione, ma oggi vengono assegnati anche a scuole (leggi La scuola della terra), a persone
con disagio sociale e di tutte le età. E così succede anche che
numerosi parchi urbani un tempo lasciati a se stessi, tornano a essere popolati
e vissuti.
Un caso emblematico è quello del
Comune di Livorno. ”Ottenuta la
copertura finanziaria di circa il 50% dalla Regione Toscana e aggiudicati i
lavori, tra l’ottobre del 2004 e il maggio del 2005 sono stati realizzati 227
orti di cui 10 riservati per casi sociali rilevanti, 7 alle scuole e 210
assegnati in base al solo criterio dell’età anagrafica – spiega Mirco
Branchetti, responsabile Ufficio Gestione Verde Urbano, Agricoltura e Foreste
del Comune di Livorno – In media ogni orto è costato sui 1.000 euro all’anno
con una produzione di 120-140 kg per una produzione totale tra i 25 e i 30.000
kg. Il pomodoro è stato l’ortaggio più coltivato in primavera-estate, mentre
insalata, cavoli e cipolle hanno registrato una produzione costante”.
da leggere:
La capitale europea degli orti urbani Conversione ecologica dei quartieri e orti
comunitari hanno trasformato Berlino
Gli orti di tutto il mondo
Mariella Bussolati – «Ho viaggiato per visitare gli
orti-comunitari – scrive l’autrice di Orto diffuso -, per capire perché
gli abitanti delle città europee animano un movimento sempre più grande, che
rivendica gli spazi abbandonati non per fare parchi ma per nutrire la terra, i
quartieri, la gente»
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