di Massimo Marino *
Quasi 13 milioni di elettori, un quarto del totale, vanno al voto domenica 15 e lunedì 16 maggio. In 5 capoluoghi di regione (Milano, Napoli, Torino, Bologna, Cagliari), 31 su 107 capoluoghi di provincia, 1344 degli 8100 comuni italiani. Un test elettorale significativo che segue quello di 13 Regioni del maggio 2010, delle elezioni europee del giugno 2009 e delle elezioni politiche anticipate dell’aprile 2008 che videro la sconfitta di Prodi ed il successo della coalizione di Berlusconi.
Sono 131 i comuni sopra i 15.000 abitanti coinvolti (che hanno quindi un doppio turno di ballottaggio se nessun candidato supera il 50% al primo turno), dei quali, pochi ne sono al corrente, 30 sono commissariati prevalentemente per problemi di mafia, corruzione o infortuni vari degli amministratori.
Vanno al voto anche 11 Provincie fra le quali Mantova e Pavia (Lombardia), Vercelli (Piemonte), Gorizia e Trieste (Friuli), Ravenna (ER ), Macerata (Marche) Reggio Calabria. In 27 comuni siciliani, fra i quali Ragusa, le elezioni in realtà si svolgono il 29 -30 maggio, con eventuale ballottaggio (per i comuni sopra i 10.000 abitanti) il 12- 13 giugno.
Prescindendo dalla rituale lettura della scadenza elettorale, che secondo l’interpretazione rituale dei media constata quanti comuni passerebbero da un campo all’altro delle cosiddette coalizioni di centro-destra e centro-sinistra, vale la pena di tentare una analisi per punti un po’ più approfondita di come stia evolvendo la situazione politica e sociale del paese a ridosso di questa scadenza elettorale.
1) Tutti i sondaggi, sospesi 2 settimane fa, indicano una contrazione elettorale dei 2 principali partiti, soprattutto il PDL ma anche il PD; una tendenza all’aumento dell’astensionismo, l’ esistenza di “ un‘ area di centro” agguerrita ma un po’ inventata dai media ( esisterebbe se ci fosse una convergenza stabile fra FLI e UDC ma al momento non c’è). Infine un‘area alleata e di fatto dipendente dal PD che oltre a IdV comprende ormai anche SeL e mette nell’angolo la sinistra estrema; infine una tendenza ad una maggiore autonomia della Lega Nord insieme a qualche sprazzo di moderatismo, una significativa espansione, ancora con difficoltà nel Sud continentale del paese, del Movimento 5 Stelle che si colloca a distanza da tutti gli altri competitor elettorali ed è in parte ignorato e sottostimato dai media tradizionali.
2) Gli otto partiti citati rappresentano “ l’offerta” della politica italiana e nello stesso tempo il segno della sua storica anomalia in quanto con l’attuale sistema elettorale sono gli unici che hanno delle possibilità concrete di una qualche rappresentanza nel futuro Parlamento ( per la quale è necessario il 4% su base nazionale alla Camera e l’ 8 % su base regionale al Senato). Nel 2013, o più probabilmente nel 2012, la scadenza elettorale nazionale dovrebbe o potrebbe portarci ad un nuovo scenario che può essere chiamato terza Repubblica, migliore o peggiore delle precedenti lo si vedrà.
Sebbene gli otto rappresentino meno di due terzi del corpo elettorale, cioè dei 50 milioni di cittadini italiani sopra i 18 anni, sono gli unici ad avere la possibilità di concorrere ad ottenere un numero significativo di eletti, almeno in una delle due Camere. Per numero “ significativo” si intende tale da permettere la costituzione di un Gruppo parlamentare ed operare in autonomia nella azione legislativa.
Alla Camera soltanto tre di questi partiti da soli reggono con tranquillità il quorum: PDL, PD e Lega Nord; gli altri cinque hanno qualche chance ma nessuna sicurezza di farcela.
Al Senato oltre alle tradizionali possibili coalizioni anche su base regionale (PDL-Lega e qualche nuova formula ulivista) di un qualche rilievo sarebbe un cartello elettorale fra UDC e FLI ( forse decisivo per determinare chi governerà il paese); poche possibilità correndo da soli per SeL (tranne la Puglia), IdV , il Movimento di Grillo.
Nessuno ad oggi, tranne il piccolo Gruppo delle Cinque Terre, ipotizza una aggregazione così ampia nell’area ecologista e civica tale da essere in grado di ottenere un risultato o anche solo di concorrere alle elezioni politiche nazionali. Restano nell'ambito dei perditempo le ipotesi di liste civiche o ecologiste nazionali senza radicali scelte di solvi et coagula dei gruppi principali esistenti, a cominciare dai verdi che sono il principale ostacolo a questo processo, ma anche degli altri gruppi e gruppetti principali fino ad arrivare al movimento di Grillo.
3) Attorno o accanto agli otto partiti citati ad oggi ruotano un variegato gruppo di partitini “ di secondo livello” (radicali, verdi, socialisti, 2-3 di estrema sinistra, 1-2 di estrema destra, a parte alcuni di connotazione geografica circoscritta, dalla Sicilia alla Val d’Aosta ) privi di chance e quindi di vera autonomia. Prevalgono quelli orientati in un area di sinistra critica, verde ed ecologista, civica e anticasta, con venature più o meno radicali; disponibili in molti casi a forme di compromesso per tentare di sopravvivere alle difficoltà del sistema elettorale italiano ben congegnato e concordato fra i principali partiti per renderli eterni. Partitini che sono poco in grado di influenzare il quadro politico e le scelte legislative anche se in qualche occasione esercitano una contingente influenza, sui costumi , sulla cultura, sui temi prevalenti nel campo dell’informazione; influenza spesso positiva come per verdi e radicali, a volte meno come per alcuni gruppi autonomisti del sud o di alcune regioni autonome. In genere, proprio perché piccoli e autocentrati su se stessi e la propria sopravvivenza, questi gruppi hanno anche un ruolo limitato rispetto ai “movimenti “ sociali o monotematici i quali sono ancora un'altra cosa e, per quanto frammentati anche loro, rappresentano una ricchezza del paese in grado a volte di esprimere posizioni incisive (ad esempio i comitati su acqua pubblica e beni comuni) o di collegarsi recentemente a nuovi segmenti o filiere economiche emergenti, ad esempio quella del settore delle Rinnovabili.
4) A seguire, in particolare nell’area che un po’ superficialmente potremmo chiamare ecologista, civica, alternativa, anticasta, un'altra decina di “movimenti” ( in realtà piccoli gruppi che esercitano una funzione di cerniera) più o meno organizzati o con la vocazione a organizzarsi prevalentemente nell’area ecologista ( parola malamente intesa come equivalente a verde o ambientalista ) e civica ( nella quale sono compresi parti interessanti dei movimenti sociali che si esprimono a livello locale ma anche gruppi sostenuti o inventati dai partiti tradizionali per recuperare parte del credito perduto, o una via di mezzo fra le due cose).
5) E’ un fatto che negli ultimi tempi, per ragioni contingenti ( il tracollo del nucleare in Giappone, i successi ecologisti in tante parti del mondo, i referendum di chiara impronta ecologista ) e per ragioni strutturali più di fondo ( la crisi del modello della crescita senza limite, la saturazione del settore auto, l’insostenibile peso economico e ambientale dei combustibili fossili ) i temi generali dell’ ecologia e di una conversione ecologica dell’economia, l’avvio di una transizione di città e forme di residenza verso un modello diverso ed ecocompatibile, coniugati con la necessità di ridimensionare corruzione, mafie, costi e ruoli della politica non più sostenibili, sono più che mai attuali. In aggiunta a queste ragioni emerge la piena attualità di una cultura ed una strategia che garantisca convivenza, sicurezza ed equilibrio nell’ esplosivo dilagare delle crisi nei paesi africani, mediorientali, asiatici e del conseguente flusso migratorio verso “ le zone ricche” del pianeta e in particolare verso l’Italia che è la principale “porta di ingresso” per chi transita verso l’Europa continentale.
6) Il paradosso italiano, che non ha paragoni in altri paesi europei , è che mentre ci sono le condizioni e ci sarebbero i protagonisti per la nascita di una grande aggregazione alternativa, ecologista e civica ( un terzo polo ), come avviene in molti altri paesi europei, non succede nulla di nuovo e logiche da piccoli gruppi, piccoli leader, progetti di basso profilo, continuano a tenere banco; alcuni fatti degli ultimi mesi hanno ulteriormente congelato qualunque possibilità, nell’immediato, di cambiamento.
Il movimento di Grillo, che è oggettivamente parte di quest'area, per quanto sia di gran lunga il più vivace, il più interessante, il meno compromesso, ha assunto il dogma, imposto dal capo, di non procedere ad alleanze con nessuno (in realtà neanche con movimenti o comitati locali checché ne dica Grillo). In molti dei 75 comuni dove il movimento si presenta alle elezioni, a causa del quorum elevato (a seguito della recente riduzione del 20% dei consiglieri deciso con la Finanziaria 2010 ) Grillo otterrà un buon risultato e nessun eletto. Il probabile risultato rilevante in 2-3 grandi città (Bologna, Torino, Milano ) farà scalpore per qualche giorno ma non risolverà il problema di Grillo: l’impossibilità da solo di essere presente nel 2013 o più probabilmente nel 2012 alle elezioni politiche.
Sinistra e Libertà, cresciuta attorno all’immagine di Vendola e delle primarie con i successi di Pisapia a Milano e Zedda a Cagliari, sovrastimata nei sondaggi nazionali che puntualmente si dimezzano in quelli comunali, stà dando un immagine opaca dentro le grandi amministrazioni locali, dove emergono continuamente posizioni differenziate e vaghe, quasi sempre subordinate al PD, ad esempio sulle scelte cruciali dello sviluppo urbanistico, degli inceneritori, con una posizione altalenante sulla TAV che è problema nazionale rilevante e non questione della Val di Susa.
I Verdi hanno scelto di preservare il proprio gruppo per quanto ridotto ai minimi termini, ( e ulteriormente decimato da abbandoni in tutte le direzioni in questa scadenza elettorale) fino alla rottura provocata all’ecoconclave di Bologna, un appuntamento che, per quanto piccolo, ha dato il pessimo segnale anche ad altri frammenti della galassia ecologista e civica che ognuno può pensare alla propria sopravvivenza, fra generici appelli da sognatori, reti di limitata estensione , seminari e convention all’infinito, invece di porre a tutti i potenziali protagonisti di una grande aggregazione la necessità per tutti di superare se stessi per un movimento nuovo. Gli avvenimenti del Giappone, i successi degli ecologisti in varie parti dell' Europa, i referendum “ambientalisti “ in arrivo, per quanto abbiano riaperto spazi sui media non sembrano avere ricadute elettorali significative e mantengono i Verdi quasi immobili nei sondaggi attorno all’1%.
Nell’Italia dei Valori c’è un pò di tutto e sebbene Di Pietro stia consolidando una maggiore attenzione e conoscenza di alcune problematiche ambientali e sociali, promuovendo il referendum contro il nucleare e rimescolando la composizione dei quadri del partito, prevalgono ad oggi le pessime figure di personaggi che sembrano disponibili con facilità al trasformismo.
Gli effetti di questa situazione paradossale che continuiamo a chiamare “l’anomalia italiana” si sentono e si sentiranno con chiarezza alla lettura dei risultati elettorali. Alcuni esempi di come si possano buttare via potenzialità preziose possono dare l’idea che non c’è mai limite al peggio. A Milano, a parte il proliferare di liste civiche varie, tipico delle medie e grandi città e e a parte la lista dei 5 Stelle del ventenne Mattia Calise, si è riusciti a presentare due diverse liste “ecologiste”, quella dei Verdi-Ecologisti e quella dell’ Arancia, con il bel risultato di avere un elevatissimo rischio di elisione reciproca che, essendo percepita, farà perdere voti potenziali ad entrambe.
A Napoli le quattro liste di De Magistris ( sopra il 20%% nei sondaggi) e quella di Grillo marciano separate e per non essere da meno alcuni Verdi sopravvissuti si collocano, nella solita coalizione ulivista del PD, con una vera novità: una lista civica SocialistiLaiciEcologistiVerdi. Tutte insieme unite queste tre diverse aggregazioni avrebbero potuto tentare una svolta in una città davvero simbolo di questa Italia malata o almeno tentare di andare al ballottaggio, che sembra escluso al solo De Magistris; invece sembra che trionferanno gli stessi di prima. Anche parte dei media segnalano, con qualche sintomo di nausea, che l’80% del pessimo, vecchio consiglio comunale, si è ricandidato in massa e magari verrà pure rieletto in gran parte.
A Torino l’area ecologista-civica è letteralmente esplosa in mille pezzi e in mille direzioni; la nascita degli Ecologisti del Piemonte un anno fa aveva messo insieme molti frammenti dispersi dopo la scomparsa dei verdi, insieme ad altri di diversa provenienza, con il tentativo, sostenuto anche dal Gruppo delle Cinque Terre, di essere da stimolo per un processo di aggregazione dal basso anche in altre regioni. Osteggiati dai Verdi nazionali, che non amano le aggregazioni vere, delusi dai risultati del conclave di Bologna, gli ecologisti e civici a Torino si sono dispersi in ben sette diverse liste e gli ultimi verdi rimasti in varie realtà comunali della regione sono approdati alle liste di SeL o IdV in posizioni del tutto marginali. E' caduito nel vuoto, anche perchè ormai espresso a tempo scaduto, un disperato appello di vari docenti del Politecnico ed altri impegnati nei diversi movimenti che chiedeva ad ecologisti, civici e grillini di modificare questa allucinante situazione e unirsi insieme, in nome delle emergenze incombenti sulla città. Molto scarse per tutti le possibilità di elezione.
A Bologna, sede di innumerevoli incontri nazionali ecologisti, gli ecologisti nelle urne non si vedono proprio, tranne alcuni candidati nella lista di SeL ( per Amelia-per Vendola ) mentre sembra probabile in questa città il più consistente successo di Grillo.
In sintesi si può azzardare la previsione che con questa tornata elettorale si completa il processo di espulsione dei rappresentanti del vecchio ambientalismo italiano, dei verdi, ma anche di movimenti civici più recenti, dalle sedi istituzionali del paese; processo iniziato con le elezioni politiche del 2008, con la dottrina Veltroni sulle alleanze, con la modifica dei quorum alle elezioni europee, con la scissione dei Verdi al congresso di Fiuggi ed il loro mancato scioglimento per avviare un percorso nuovo. A parte le ambigue e frammentarie connotazioni ecologiste nei partiti di Vendola e Di Pietro e qualche esperienza virtuosa di vera presenza ecologista-civica in poche realtà locali circoscritte, che piaccia o no, nelle nuove amministrazioni locali troveremo per un po’ di anni qualche decina di eletti del Movimento 5 Stelle a tenere fronte all’assalto al territorio, alle grandi opere inutili, ai processi corruttivi, agli sprechi clientelari delle risorse. Che piaccia o no c’è da sperare che siano in tanti e che siano all’altezza…
E magari capire come fare per girare pagina e non regalare interamente il nuovo Parlamento ai vecchi partiti della vecchia Italia.
* del Gruppo delle Cinque Terre
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