In che direzione – La nuova “agenda Draghi” prevede un debito comune per finanziare l’Europa della Difesa e prepararsi a conflitti ritenuti incombenti e ineluttabili (perché si è abolito il negoziato)
di Barbara Spinelli *
Invece di brancolare
costantemente nella nebbia, e negare che nel Parlamento europeo si esprimono e
votano assieme alle destre di Meloni su questioni cruciali come la nuova
Commissione, e anche la pace e la guerra, il Partito democratico ed Elly
Schlein potrebbero sospendere almeno per un po’ l’abitudine di proclamare una
cosa per farne un’altra e provare a dire quel che pensano dell’Europa e se
magari hanno qualche idea su come cambiarla.
Se sono d’accordo
oppure no con i piani di pace o di tregua che prevedono la neutralità
dell’Ucraina e la cessione di territori russofoni a Mosca. Se sono favorevoli o
contrari a iniziative europee autonome nei rapporti con Mosca (gli abboccamenti
tentati dall’ungherese Orbán e dal tedesco Scholz sono stati bocciati dagli
eurodeputati Pd, non si sa perché).
Deve anche dire, il
Pd, se ha capito oppure no che l’ambizione di entrare nell’Unione europea è
drasticamente diminuita nei paesi che confinano con la Russia (Georgia e in
buona parte Moldavia), e che l’esito di un’elezione non diventa automaticamente
illegittimo se la maggioranza degli elettori non vota come vorrebbero l’Ue, la
Nato e Washington. L’adesione all’Unione europea suscita ben più sospetti di
vent’anni fa, e una parte consistente di elettori georgiani e anche moldavi
guardano spaventati il cumulo di morti in Ucraina e sentono che chi entra oggi
in Europa aderisce per forza alle strategie belliche della Nato e di
Washington. Aderisce alla nuova guerra fredda e alla corsa al riarmo che Usa,
Nato e Ue vogliono, incoraggiano e pagano. Non stupisce che nelle risoluzioni
dell’Europarlamento compaiano sempre più spesso termini come Comunità
euro-atlantica e Ordine internazionale basato sulle regole (le
regole sono statunitensi).
Per la verità i
Democratici hanno già fornito una risposta a questi interrogativi, anche se
regolarmente la dissimulano. Da quando è iniziata l’aggressione di Putin – dopo
otto anni di guerra civile nel Donbass russofono e in parte russofilo – i
deputati europei hanno votato più di 30 risoluzioni intese a finanziare una
guerra inasprita ed estesa alla Russia e sempre il Pd si è allineato, con Letta
e Schlein. Si può dunque presumere che la scelta decisiva sia stata fatta: in
favore di una guerra sempre meno fredda con Mosca e di un’Unione che finge di
integrarsi più efficacemente divenendo avamposto armato della Nato.
Torna perfino in auge
Draghi, incensato dagli europarlamentari Pd con lo stesso vuoto entusiasmo
esibito da Enrico Letta nelle ultime elezioni politiche. Stavolta l’Agenda
Draghi n. 2 prescrive un comune indebitamento europeo come quello ottenuto da
Conte dopo il Covid: non per salvare lo Stato sociale, non per far fronte al
collasso climatico del pianeta, ma per finanziare l’Europa della Difesa – nuovo
gioiello – e prepararsi a guerre ritenute incombenti oltre che ineluttabili.
Sarebbe un passo
avanti se il Pd ammettesse queste verità, invece di ingarbugliarsi e assicurare
che non cederà mai alle destre meloniane che sono ormai parte della maggioranza
europarlamentare. “Nessun cedimento”, assicura Nicola Zingaretti, eurodeputato
che il 28 agosto aveva annunciato: “La destra in Europa non conta perché non
esiste!”. E Schlein, non meno sconclusionata: “Non cediamo di un millimetro”.
Sembrano le frasi
fatte che vengono inculcate durante il sonno nello Splendido Mondo
Nuovo di Huxley, con tecniche ipnotiche che fin dall’embrione bloccano
ogni sorta di risveglio mentale durante il giorno, e allenano al pensiero
positivo in qualunque circostanza. Frasi che non dicono nulla di fattuale,
ripetute più volte a pappagallo.
La frase fatta che
ricorre con più frequenza è “Siamo Responsabili”, e sempre vuol dire: ci va
bene il perenne status quo, e ci comprometteremo sull’essenziale
(pace/guerra, economia dell’austerità, ecc.). C’è voluto Conte e la sua
denuncia del “grave errore politico” commesso mercoledì scorso dai Democratici
(“Votare la Commissione Von der Leyen non è stato un infortunio”) perché i
dirigenti Pd si svegliassero un attimo dall’ecolalia e capissero che come
minimo dovevano spiegare il voto in favore della Commissione allargata a
destra, avendo inveito per settimane contro tale prospettiva.
L’ecolalia è la
ripetizione inebetita di frasi pronunciate e imposte da altri, ed è questa
l’abitudine contratta dalla sinistra in Italia e in gran parte d’Europa da
circa trent’anni. Oggi Schlein ricomincia a parlare di diseguaglianze sociali,
di Stato sociale, di battaglie sindacali, di transizione ecologica, ma da
Bruxelles gli eurodeputati Pd l’impallinano (tranne gli indipendenti Tarquinio
e Strada) e comunque la segretaria non può garantire alcunché visto che con il
suo consenso le principali spese andranno a difesa e armi. Si parla di
transizione verde, ma come salvare la Terra se le guerre in corso e quelle
pronosticate impediscono ogni negoziato e accordo tra i primi paesi inquinatori
(Usa, Russia, Cina, India, Ue). E difesa da chi? Dalla Russia? Dalla Cina?
Perché? Per sempre?
La sinistra naufraga
in realtà da quando crollò il comunismo, e prima ancora da quando, nel 1979 e
1981, fu travolta dalla possente onda neo-liberista e antistatalista di
Margaret Thatcher e Ronald Reagan. Si pensò che il socialismo non sarebbe
precipitato assieme al comunismo, dopo l’89, invece è accaduto proprio questo,
dato che tante loro idee erano comuni. La sinistra venuta dopo fu una finzione,
per non dire una frode. Si presentò come molto “responsabile”, pronta a
riarmare l’Europa e a trasformarla in “comunità euro-atlantica”, contro le
volontà di gran parte dei cittadini e gli interessi del continente. La lista
dei trasformatori è lunga: Blair, Hollande, Macron, Veltroni, Renzi,
Gentiloni+Minniti, Letta, e Starmer dopo la decapitazione politica di Jeremy
Corbyn, oggi deputato indipendente).
Molti sostengono,
specie in Francia, che la sinistra dovrebbe diventare socialdemocratica per
essere del tutto accettabile (accettabile da chi?). Ma la socialdemocrazia del
dopoguerra è stata ben altro, almeno in Germania. Essere socialdemocratici
voleva dire, negli anni 50 e durante la Distensione negli anni 60, costruire
una sicurezza europea assieme all’Urss, come propose poi Gorbaciov nell’89.
Queste le convinzioni di Willy Brandt ed Egon Bahr, contrari alla guerra fredda
e ai riarmi Nato.
La socialdemocrazia di
allora considerò “serie”, “da valutare”, le Note di Stalin del marzo 1952, che
offrivano la riunificazione delle due Germanie in cambio della neutralità
tedesca e della non adesione alla Nato. Oggi si potrebbero cercare soluzioni analoghe
per l’Ucraina, tanto più che Putin non è Stalin e la Russia non è l’Urss. Ma a
differenza di allora, la vera socialdemocrazia non c’è. Ci sono frammenti di
partiti progressisti, che potrebbero aiutare il Pd a svegliarsi dalle
sonnolente frasi fatte in cui sono immersi. Un po’ di pensiero woke non
ci sta male, e per questo forse i neoconservatori hanno in odio tutto quel che
dipingono come woke, e è solo “risveglio”.
* da ilfattoquotidiano
- 3 dicembre 2024