Il lutto di Magdeburgo Il giorno dopo l’attentato al mercatino di Natale il bilancio delle vittime sale a cinque (tra cui un bambino di 9 anni) e 205 feriti di cui una trentina in condizioni critiche
di Sebastiano Canetta *
Il giorno dopo la
strage, con il tricolore tedesco issato a mezz’asta su tutti gli edifici
pubblici come disposto dalla ministra dell’Interno, Nancy Faeser, la
ricostruzione dei fatti appare pressoché completa. Ci sono il reo confesso e il
movente dichiarato («ho agito per vendetta su come la Germania tratta le
rifugiate saudite») mentre appare sempre più innegabile la complicità colposa
del fallimentare sistema di sicurezza del mercatino di Natale di Magdeburgo,
bucato con incredibile facilità dall’attentatore. Per superare le barriere di
protezione intorno alle bancarelle gli è semplicemente bastato utilizzare la
corsia di emergenza riservata alle ambulanze. Drammaticamente incerta resta
invece la conta delle vittime. L’ultimo bollettino riporta 5 morti (tra cui un
bambino di 9 anni) e 205 feriti di cui una trentina in condizioni critiche al
centro della grave preoccupazione esternata nella nota ufficiale del
cancelliere Olaf Scholz senza alcuna retorica e dopo l’urgente appello dei
medici degli ospedali della Sassonia-Anhalt a tutti i donatori di sangue.
IL MASSACRO di Magdeburgo ha
le dimensioni di una catastrofe naturale abbattutasi su un paese indifeso, ed è
più o meno così perché la vigilia devastata dalla strage improvvisa non è solo
e tanto quella di Natale ma più in generale delle imminenti elezioni federali.
Di fatto l’attentato compiuto da Taleb Al Abdulmohnsen ingerisce nel voto
nazionale ben più degli endorsement pro-Afd di Elon Musk. Basta registrare
l’ultimo sondaggio della Bild, il tabloid nazional-popolare sempre
ben sintonizzato con la pancia dei tedeschi: «Ci fidiamo ancora davvero a
frequentare ancora i mercatini di Natale?» è il quesito che restituisce
l’impatto del terrore facendo ben capire quale sia il clima di paura che si sta
alimentando in vista delle urne del 23 febbraio. Sarà (anche) questa la domanda
che milioni di elettori si faranno prima di imbucare la scheda.
NESSUNO A BERLINO, lo nega più, e
infatti fra le segreterie dei partiti si prova cinicamente a calcolare ormai
soltanto a chi potrà giovare politicamente il brutale attentato di Natale. Un
arma a doppio taglio per chiunque abbia intenzione di impugnarla in campagna
elettorale: il terrorista di Magdeburgo denuncia sì il pericolo islamico
esattamente come Afd però non è distante dall’album di famiglia
dell’ultradestra, mentre il suo profilo multi-polare mette in crisi non poco
anche la stretta sui migranti siriani imposta dall’Ue e lo stop alle richieste
di asilo dei siriani appena varato dal governo Scholz: se il “nemico” è già
dentro i confini a cosa serve raddoppiare la sicurezza, come prevedono i
programmi dei partiti progressisti? Un altro quesito a cui a rispondere saranno
probabilmente gli elettori.
CON IL LEIT MOTIV della
rivendicazione complottista del medico saudita che fa leva, tanto per cambiare
sull’ex cancelliera Angela Merkel, iniziatrice dell’islamizzazione imposta per
prima dalla Cdu e tuttora paladina dei rifugiati. Giusto Sahra Wagenknecht può
vantare sulla carta un possibile guadagno dopo che ha messo sulla graticola la
ministra Faeser insieme a tutti i governi precedenti. La leader del Bsw chiede
polemicamente come siano stati utilizzati i miliardi destinati alla sicurezza
contro il terrorismo, parlando direttamente alle tasche del paese. «La polizia
potrebbe aver valutato male il pericolo del sospettato nonostante gli
avvertimenti» ammette Jochen Kopelke, presidente federale del sindacato di
polizia prima di precisare che «solo perché le autorità di sicurezza tedesche
ricevono segnalazioni dall’estero non significa che possiamo elaborarle
immediatamente. Per fare questo abbiamo bisogno di maggiori poteri e risorse
per prevenire crimini gravi» è un altra inquietante richiesta pre-elettorale
PER ADESSO I TEDESCHI sono ancora
paralizzati dallo shock provocato dalla scena post-apocalittica della piazza
vuota di Magdeburgo. Rimane stampata in testa l’immagine delle decine di guanti
chirurgici usati rimasti sul terreno della strage, i pezzi di palle di natale frammisti
al sangue non ancora rappreso. L’orrore andato in scena in tutte le edizioni
dei telegiornali nazionali. Mentre non si fermano le commemorazioni spontanee,
a partire dalla solidarietà della comunità islamica tedesca scesa in campo nel
ricordo delle vittime e per denunciare l’estremismo. Sullo sfondo resta il
conto perlomeno politico che la Germania comunque presenterà, prima o poi, a
Elon Musk. Colui che ha «permesso la propagazione dell’odio e della violenza
che vediamo oggi sulla sua piattaforma» per dirla con le parole di fuoco di ieri
di Karl Lauterbech, ministro della Sanità della Spd.
*
Lo psichiatra saudita
anti Islam e pro Afd
Taleb Al Abdulmohnsen,
il killer del mercatino di Natale di Magdeburgo, già nella lista nera di
Riyadh, era noto anche alle autorità di Berlino
di Sebastiano Canetta *
Il dottor Taleb Al
Abdulmohnsen – il terrorista di Magdeburgo – lo conoscevano tutti, dai vicini
di casa nel borgo di Bernberg dove viveva ai colleghi delle due cliniche nella
Sassonia-Anhalt in cui prestava servizio come psicologo e psichiatra; senza considerare
la frenetica attività come «difensore delle donne oppresse dall’Islam»
sviluppata insieme al sito wearesaudis.net rilanciato dalla Bbc e da Al Jazeera
oltre che dai media nazionali. Ma il medico era noto anche a Berlino. Lo scorso
febbraio si era presentato al distretto di polizia del rione di Tempelhof per
sporgere denuncia su presunti «abusi delle istituzioni tedesche sulle rifugiate
saudite». In evidente stato confusionale, era stato prontamente accompagnato
alla porta dagli agenti con una multa di 600 euro per abuso della chiamata
d’emergenza dopo che, insoddisfatto dell’accoglienza ricevuta, aveva chiesto
l’intervento dei vigili del fuoco. Il giorno prima di compiere la strage al mercatino
di Natale di Magdeburgo Al Abdulmohnsen era atteso nel tribunale di Berlino per
il rigetto del suo ricorso alla sanzione, come conferma il registro delle
udienze che riporta anche la sua mancata presenza. Non era la prima volta che
il medico saudita compariva davanti a giudici. Già nel 2013 a Rostock era stato
condannato per aver minacciato di commettere crimini violenti, tre anni prima
di presentare domanda per il permesso di soggiorno, regolarmente accettata con
buona pace dell’attuale norma anti-terrorismo concentrata sul contrasto
dell’immigrazione illegale.
Al Abdulmohnsen faceva
rumore sotto tutti i punti di vista, ed era impossibile non accorgersi della
necessità di indagare fino in fondo il grado del suo estremismo, sebbene non
sia mai risultato nelle liste dei potenziali terroristi, a esclusione naturalmente
del lungo elenco dei nemici dell’Arabia Saudita consegnata dalla monarchia
wahabita di Riyad a tutti i paesi occidentali, Germania compresa. Invece
«nessun pericolo concreto» è la conclusione ufficiale della «valutazione del
rischio» sul dottore compilata appena un anno fa dagli esperti di Bka e Lka,
rispettivamente la polizia criminale federale e del Land della Sassonia-Anhalt,
che pure si erano poste il problema. Non è bastato che Al Abdulmohnsen
sbandierasse pubblicamente la sua rabbia per l’«islamizzazione forzata della
Germania» sfociata nel massacro al mercatino di Natale. Era sul piede di guerra
già all’epoca di Angela Merkel, accusata di avere dato inizio alla «rovina
dell’Europa» e per questo minacciata di morte, ma si era distinto anche sui
social con il like ai messaggi ispirati alla politica xenofoba di Afd e ai post
con le immagini celebrative dei generali israeliani a Gaza, egualmente
sintomatiche della sua ideologia anti-islam. «Dopo l’arresto Al Abdulmohnsen
non ha superato il test anti-droga» fa sapere la polizia a completamento
dell’identikit e aprendo un capitolo parallelo che attende di essere sondato
come il resto della sua parabola tedesca cominciata con l’entrata nel paese nel
2006 grazie a un visto per la specializzazione medica e finita con la strage di
Natale del 2024.
*
Per l’ultra destra
europea (e per l’attentatore) è colpa dei migranti
Le reazioni Allarme sicurezza,
Piantedosi intensifica i controlli nei luoghi affollati. Le destre europee in
tilt dopo l'attentato di Magdeburgo
di Andrea Valdambrini *
«Non è la prima volta
che accade sotto Natale. È un tema col quale ci confrontiamo da anni. Dobbiamo
essere attenti a come gestiamo le nostre politiche anche per come riusciamo a
garantire la sicurezza dei nostri cittadini». Così la premier Giorgia Meloni
commenta l’attentato di Magdeburgo dalla Finlandia, dove ha preso parte al
primo vertice Nord-Sud. Mentre a Roma il ministro dell’Interno Piantedosi
presiedeva una riunione con i vertici delle forze di polizia, indicando la
necessità di intensificare la vigilanza nei luoghi affollati e l’attenzione
verso gli ambienti di possibile radicalizzazione. Un allarme concreto non c’è,
fa sapere il Viminale, ma il pericolo emulazione non si può escludere. Ancora
di sicurezza parla il vicepremier Matteo Salvini, che definisce l’atto
terroristico come una dimostrazione che «quando non si vigila sull’immigrazione
nel nome di una autolesionistica tolleranza si mette a grave rischio la
sicurezza di tutti». A puntare il dito contro le politiche di accoglienza è
anche il premier ungherese Viktor Orbán sempre in prima linea sul fronte
anti-immigrazione. Con le sue parole, Orbán fa riferimento soprattutto alla
Germania, ma guarda all’orizzonte del continente. «Tali incidenti si sono
verificati solo in seguito alla crisi dei rifugiati del 2015», ha detto
parlando da Budapest e richiamandosi all’arrivo in Germania dei rifugiati
siriani nove anni fa. La «connessione» tra aumento dell’immigrazione e aumento
della violenza, «è evidente anche se alcuni cercano di negarla».
Le posizioni dei
diversi leader delle destre europee sembrano quindi convergenti. Ma il corto
circuito tra le convinzioni dell’attentatore di Magdeburgo e il credo xenofobo
dei partiti ultranazionalisti è però evidente. Saudita ma anti-Islam,
terrorista con le modalità dell’Isis ma sostenitore dell’ultradestra tedesca di
Afd, lo psichiatra 50enne Taleb Al Abdulmohnsen è oltretutto fan del santo
protettore di tutte le estreme destre, ovvero Elon Musk. Proprio Musk che,
all’indomani dell’attacco di venerdì sera, ha sostenuto che «solo Afd» può
salvare la Germania. Poi, attaccando il cancelliere Olaf Scholz («pazzo
incompetente») ha definito l’aggressione «risultato diretto di un’immigrazione
di massa non controllata». Così le parole del consigliere di Donald Trump
sembrano aver dato il via a una lettura dell’accaduto piuttosto
contraddittoria.
Nei commenti dei
partiti ultranazionalisti, si torna a citare lo «scontro di civiltà» tanto cara
alla famiglia orbaniana di cui in Europa fanno parte tanto la francese Le Pen e
l’olandese Wilders, che il leghista Salvini. «La barbarie islamista sta
seminando terrore nel cuore dell’Europa», sottolineava a caldo la leader del
Rassemblement National, che definisce l’azione «un atto di guerra contro un
simbolo della nostra civilizzazione». L’analisi è contenuta in un tweet pubblicato
venerdì notte poco dopo i fatti di Magdeburgo, che fino alla serata di ieri non
è stato rimosso dall’account X di Le Pen. In sintonia la posizione della leader
francese è Geert Wilders, storico capo degli islamofobi olandesi il cui partito
è ora al governo all’Aja. Oltre a ricordare che «come dico da 20 anni, bisogna
smetterla con queste frontiere aperte», descrive così l’azione di Abdulmohnsen:
«Un altro attacco barbarico, stavolta arrivato da un uomo dell’Arabia saudita».
Accenti simili sono espressi da Nigel Farage, creatore del partito Reform Uk,
attualmente in testa ai sondaggi nel Regno Unito. «Abbiamo permesso a persone
che odiano noi e i nostri valori di entrare in Europa. Il Natale è il loro
obiettivo». Eppure, l’autore dell’attacco di Magdeburgo esprimeva via social la
propria indignazione nei confronti del tentativo di «islamizzare l’Europa» da
parte della Germania.
*
Musk e l’ossessione
nera per la Germania: «Solo Afd può salvarla»
Verso il voto L’endorsement su X a
quattro giorni dall’inizio della campagna elettorale, questa volta il bersaglio
è il leader Cdu Friedrich Merz
di Sebastiano Canetta *
Ancora una volta Elon
Musk entra a gamba tesa nella politica interna di Berlino interferendo sulla
campagna elettorale iniziata da appena quattro giorni. Nonostante siano i
nemici giurati dell’auto elettrica, il padrone di Tesla si schiera a fianco dei
fascio-populisti tedeschi: «Solo Afd può salvare la Germania» è il suo
endorsement su X a favore del partito oggi al secondo posto nei sondaggi
nazionali. Segue il retweet del video postato da Naomi Seibt, 24 anni, nota
influencer nell’orbita di Afd, conosciuta nell’ultradestra come l’«anti-Greta»
e sospesa più volte da YouTube per aver diffuso teorie complottiste. Un’ingerenza
mal digerita a Berlino da quasi tutti i leader politici a eccezione del
segretario di Fdp, Christian Lindner, pronto anzi a invitare Musk al confronto
faccia a faccia: «Non trarre conclusioni affrettate. Incontriamoci!» rilancia
l’ex falco delle Finanze che ha fatto colare a picco il governo di Olaf Scholz,
il cancelliere già bollato come «uno sciocco» dal tycoon Usa.
IL PIÙ ARRABBIATO comunque resta
il segretario della Cdu, Friedrich Merz. Da super-atlantista e ultrà
filo-americano fin dai tempi in cui lavorava per il fondo BlackRock per lui è
«inaccettabile» che Musk soffi il vento sulle vele del più diretto concorrente
elettorale dei cristiano-democratici, già anche troppo gonfie: Afd nei sondaggi
vale ormai cinque punti più di Spd e Verdi e (al contrario della Cdu) ha
aumentato del 2% il consenso dopo il voto di sfiducia a Scholz. Soprattutto
Merz considera l’endorsement di Mr. Tesla come un affronto personale: il video
caricato dalla social-star di Afd rilanciato da Musk prende di mira proprio il
leader Cdu che aveva fatto sapere di essere «inorridito» di fronte al modello
turbo-capitalista di Javier Milei, a cui invece Lindner guarda con interesse.
«Il presidente argentino sta rovinando il suo paese calpestando i cittadini»
sono le parole del capo della Cdu alla base dell’intervento di Musk. Mentre
Scholz osserva tutto quasi da spettatore esterno: stavolta l’obiettivo non è
lui ma il suo sfidante più pericoloso nella gara per il rinnovo della
cancelleria; per la Spd in compenso replica a tono il deputato Jens Zimmermann
con riferimento all’indagine sulla disinformazione propagandata su X aperta
dalla Commissione Ue. «Il procedimento si chiuderà presto e verranno emesse
severe sanzioni. La legge europea si applica anche a Musk quando offre i suoi
servizi ai nostri cittadini. Se continuerà a non adeguarsi, le multe saranno la
logica conseguenza».
Sotto questo aspetto socialisti e democristiani stanno dalla stessa parte
dentro e fuori dalla Germania.
IL TASTO VIENE TOCCATO con la massima
forza anche dall’eurodeputato Cdu Dennis Radtke, egualmente preoccupato per le
continue ingerenze esterne. «È minaccioso e irritante che una figura chiave del
futuro governo Usa interferisca così nella nostra campagna elettorale. Musk sta
diventando sempre più una minaccia per il mondo occidentale e ha trasformato X
nella fionda della disinformazione. Dobbiamo iniziare a difenderci da questo
nemico dichiarato della democrazia a cui in troppi continuano a stendere il tappeto
rosso». La prima ovviamente è Alice Weidel, beneficiaria unica della discesa in
campo di Musk. «Ha ragione quando parla di fallimento della politica tedesca»
esordisce la candidata-cancelliera dell’ultra destra prima di bastonare la Cdu
con il suo refrain preferito: «A rovinare la Germania è stata la “socialista”
Angela Merkel». La deputata di Afd, Beatrix von Storch, plaude invece al
risultato politico del nascente asse internazionale fra sovranisti. «La
Germania ha bisogno di noi come gli Usa hanno bisogno di Trump, come
l’Argentina ha bisogno di Milei».
* 4
interventi da il manifesto del 21-22 dicembre 2024
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