Rinnovabili In Italia mancano all’appello 60 GW sugli 80 previsti entro il 2030. Caos normativo creato dal decreto «aree idonee» e decreto Agricoltura
Per confermare
l’obiettivo della transizione energetica definito dal Piano Nazionale Integrato
Energia e Clima Pniec, è necessario un quadro normativo stabile. Visto che oggi
mancano ancora all’appello 60 GW di rinnovabili sugli 80 previsti da realizzare
entro il 2030, bisogna
accelerare il trend di questi ultimi due anni, tra i 6 e gli 8 GW all’anno,
ancora troppo basso.
IN MOLTI SPERAVANO CHE
IL DECRETO sulla
definizione delle aree idonee per gli impianti da fonti rinnovabili, aspettato
da oltre due anni, potesse aggiustare il tiro, ma l’effetto è stato quello di
peggiorare le cose. Infatti, il DM 21 giugno 2024 sulle aree idonee è uscito
ma, con una sentenza importante, il Consiglio di Stato ha parzialmente sospeso
la disciplina perché non in linea con l’articolo 20 del Dlgs 199/2021, legge
che vuole favorire una rapida espansione delle fonti rinnovabili a cui il DM
doveva dare attuazione. Un
errore da linea blu: si prevedeva un sistema di individuazione delle superfici
idonee e non idonee che, secondo il giudice, è risultato non conforme alla
normativa nazionale. In realtà tale giudizio era stato da tempo
ampiamente espresso dalle associazioni e dagli operatori del settore: la disposizione sospesa (art. 7,
comma 2, lettera c) conferiva alle Regioni la possibilità di escludere alcune
aree già classificate come idonee dalla normativa nazionale, il Dlgs 199/2021
appunto, generando disparità territoriali e ritardi nei progetti, con
penalizzazioni inaccettabili dello sviluppo delle fonti rinnovabili.
OCCORRE ASPETTARE IL
PRONUNCIAMENTO nel
merito dei prossimi mesi, ma appare chiara la necessità di definire procedure
di individuazione delle aree idonee snelle, trasparenti e quanto più possibile
omogenee tra le varie Regioni. Da
tempo il mondo delle rinnovabili chiede alle istituzioni una maggiore coerenza
fra i provvedimenti autorizzativi e la necessità di raggiungere gli obiettivi.
NEL FRATTEMPO LE
REGIONI più
solerti si sono organizzate per adempiere al loro compito (180 giorni di tempo dalla
entrata in vigore del decreto) e, approfittando della ampia
discrezionalità nella scelta delle aree idonee e di quelle non idonee, hanno
reso palese quanto già noto ai più: un inevitabile proliferarsi di regimi diversi da Regione a Regione con
conseguente pericolo di contenziosi amministrativi, tali da rendere di fatto
impossibile raggiungere l’obiettivo indicato all’art. 2 del DM stesso, gli 80
GW di potenza installata, suddivisi per Regione.
SARDEGNA, LOMBARDIA,
PIEMONTE,
Calabria, Puglia al momento hanno elaborato norme, proposte o linee di
indirizzo, quasi tutte con criteri non omogenei e con criticità importanti,
frutto di questa grande confusione normativa. Confusione autoprodotta
maldestramente dal MASE che ora è pure subissato da richieste da parte delle
Regioni che supplicano di non attivare il meccanismo dei poteri sostitutivi e
di aspettare il pronunciamento
del Tar del prossimo 5 febbraio. Per complicare ulteriormente le cose, la norma accetta, nonostante
le proteste del settore, quanto previsto dall’art. 5 del DL Agricoltura che
vieta la realizzazione di impianti fotovoltaici nelle zone classificate come
agricole dai vigenti piani urbanistici, considerando tali terreni destinati alla
sola coltivazione anche se inattivi da decenni.
IL COMBINATO DISPOSTO
DEI DUE documenti
normativi rappresenta di fatto l’impossibilità di realizzare gli obiettivi in
essi indicati, limitando eccessivamente le aree idonee. Il generico richiamo ai
beni sottoposti a tutela, senza ulteriore specificazione della tipologia di
beni tutelati cui ci si intende riferire, è elemento non irrilevante visto il
loro numero e la loro natura. Inoltre, le Regioni hanno anche la possibilità di stabilire una
fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela, anche qui non
meglio specificati, fino a un massimo di 7 chilometri di ampiezza. In
netto contrasto con il Dlgs. n. 199/2021 in cui la fascia di rispetto era stata prevista solo con
riferimento ai beni vincolati ai sensi della parte seconda del Codice dei beni
Culturali e del paesaggio (beni culturali) oppure a quelli classificati di
notevole valore paesaggistico, ed era pari a tre km per gli impianti eolici e
500 metri per quelli fotovoltaici. Non ci vuole una sfera di cristallo
per immaginare, di fronte a tale genericità, questa posizione del Consiglio di
Stato, avendo oltretutto reso possibile un aumento delle aree non idonee in
dispregio alle raccomandazioni della Commissione Europea 2022/822 del 18 maggio
2022 e n. 1343 del 13 maggio 2024 per le quali gli «Stati Membri dovrebbero limitare al minimo
necessario le zone di esclusione in cui l’energia rinnovabile non può essere
sviluppata». L’occasione ci è però utile per fornire al Legislatore
alcuni consigli, per non reiterare indefinitamente lo stesso errore. Sono da
ritenersi idonee tutte le aree a destinazione industriale, le aree compromesse
come le cave e le discariche, le aree su cui occorrono interventi di bonifica. Ma anche le aree nelle
immediate vicinanze di stabilimenti industriali o di zone industriali, anche se
agricole, consentendo l’autorizzazione e la realizzazione di impianti
fotovoltaici con moduli a terra.
DOVREBBERO RISULTARE
IDONEI I TERRENI agricoli
non produttivi o non utilizzati per l’agricoltura da lungo tempo, ma anche i terreni agricoli
produttivi, almeno per gli impianti agrivoltaici, in tutte le loro
configurazioni, se essi rientrano in progetti di supporto allo sviluppo delle
attività agricole. Devono essere ovviamente idonee le aree in cui sono stati
localizzati i progetti presentati dal 2021, data di emanazione della normativa
di attuazione della direttiva europea (art. 20 comma 8, Dlgs. 199/2021), ma
anche quelle dei progetti per i quali sia stata avviata almeno una delle
procedure amministrative necessarie a ottenere l’autorizzazione a realizzare
l’impianto.
DEVE ESSERE TENUTA IN
CONSIDERAZIONE la
Raccomandazione della Commissione UE n. 2024/1343, in cui occorre giustificare
il motivo per il quale le zone sono ritenute non idonee, e se in queste siano
possibili deroghe, ad esempio per impianti con capacità ridotta. Si ritiene
importante ammettere sempre il revamping o repowering degli impianti eolici,
incredibilmente proibiti, e per quelli off-shore fare riferimento al Piano di
Gestione delle Aree Marittime.
DEVONO ESSERE CONSIDERATE IDONEE tutte le aree riguardanti le ferrovie, le autostrade e le strade di grande comunicazione, le coperture, poste anche in aree non idonee, di parcheggi, centri commerciali, capannoni agricoli o industriali. Non ci vuole poi tanto: solo un po’ di buon senso ed il convincimento di voler veramente realizzare gli obiettivi riportati in un piano energetico approvato da questo Governo.
* Prorettore per la sostenibilità, Sapienza Università di Roma
da il manifesto - 5 dicembre 2024
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