15 dicembre 2024

Energie pulite, l’Italia non rinnova

Rinnovabili In Italia mancano all’appello 60 GW sugli 80 previsti  entro il 2030. Caos normativo creato dal decreto «aree idonee» e decreto Agricoltura

 di Livio De Santoli *

Per confermare l’obiettivo della transizione energetica definito dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima Pniec, è necessario un quadro normativo stabile. Visto che oggi mancano ancora all’appello 60 GW di rinnovabili sugli 80 previsti da realizzare entro il 2030, bisogna accelerare il trend di questi ultimi due anni, tra i 6 e gli 8 GW all’anno, ancora troppo basso.

IN MOLTI SPERAVANO CHE IL DECRETO sulla definizione delle aree idonee per gli impianti da fonti rinnovabili, aspettato da oltre due anni, potesse aggiustare il tiro, ma l’effetto è stato quello di peggiorare le cose. Infatti, il DM 21 giugno 2024 sulle aree idonee è uscito ma, con una sentenza importante, il Consiglio di Stato ha parzialmente sospeso la disciplina perché non in linea con l’articolo 20 del Dlgs 199/2021, legge che vuole favorire una rapida espansione delle fonti rinnovabili a cui il DM doveva dare attuazione. Un errore da linea blu: si prevedeva un sistema di individuazione delle superfici idonee e non idonee che, secondo il giudice, è risultato non conforme alla normativa nazionale. In realtà tale giudizio era stato da tempo ampiamente espresso dalle associazioni e dagli operatori del settore: la disposizione sospesa (art. 7, comma 2, lettera c) conferiva alle Regioni la possibilità di escludere alcune aree già classificate come idonee dalla normativa nazionale, il Dlgs 199/2021 appunto, generando disparità territoriali e ritardi nei progetti, con penalizzazioni inaccettabili dello sviluppo delle fonti rinnovabili.

OCCORRE ASPETTARE IL PRONUNCIAMENTO nel merito dei prossimi mesi, ma appare chiara la necessità di definire procedure di individuazione delle aree idonee snelle, trasparenti e quanto più possibile omogenee tra le varie Regioni. Da tempo il mondo delle rinnovabili chiede alle istituzioni una maggiore coerenza fra i provvedimenti autorizzativi e la necessità di raggiungere gli obiettivi.

NEL FRATTEMPO LE REGIONI più solerti si sono organizzate per adempiere al loro compito (180 giorni di tempo dalla entrata in vigore del decreto) e, approfittando della ampia discrezionalità nella scelta delle aree idonee e di quelle non idonee, hanno reso palese quanto già noto ai più: un inevitabile proliferarsi di regimi diversi da Regione a Regione con conseguente pericolo di contenziosi amministrativi, tali da rendere di fatto impossibile raggiungere l’obiettivo indicato all’art. 2 del DM stesso, gli 80 GW di potenza installata, suddivisi per Regione.

SARDEGNA, LOMBARDIA, PIEMONTE, Calabria, Puglia al momento hanno elaborato norme, proposte o linee di indirizzo, quasi tutte con criteri non omogenei e con criticità importanti, frutto di questa grande confusione normativa. Confusione autoprodotta maldestramente dal MASE che ora è pure subissato da richieste da parte delle Regioni che supplicano di non attivare il meccanismo dei poteri sostitutivi e di aspettare il pronunciamento del Tar del prossimo 5 febbraio. Per complicare ulteriormente le cose, la norma accetta, nonostante le proteste del settore, quanto previsto dall’art. 5 del DL Agricoltura che vieta la realizzazione di impianti fotovoltaici nelle zone classificate come agricole dai vigenti piani urbanistici, considerando tali terreni destinati alla sola coltivazione anche se inattivi da decenni.

IL COMBINATO DISPOSTO DEI DUE documenti normativi rappresenta di fatto l’impossibilità di realizzare gli obiettivi in essi indicati, limitando eccessivamente le aree idonee. Il generico richiamo ai beni sottoposti a tutela, senza ulteriore specificazione della tipologia di beni tutelati cui ci si intende riferire, è elemento non irrilevante visto il loro numero e la loro natura. Inoltre, le Regioni hanno anche la possibilità di stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela, anche qui non meglio specificati, fino a un massimo di 7 chilometri di ampiezza. In netto contrasto con il Dlgs. n. 199/2021 in cui la fascia di rispetto era stata prevista solo con riferimento ai beni vincolati ai sensi della parte seconda del Codice dei beni Culturali e del paesaggio (beni culturali) oppure a quelli classificati di notevole valore paesaggistico, ed era pari a tre km per gli impianti eolici e 500 metri per quelli fotovoltaici. Non ci vuole una sfera di cristallo per immaginare, di fronte a tale genericità, questa posizione del Consiglio di Stato, avendo oltretutto reso possibile un aumento delle aree non idonee in dispregio alle raccomandazioni della Commissione Europea 2022/822 del 18 maggio 2022 e n. 1343 del 13 maggio 2024 per le quali gli «Stati Membri dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui l’energia rinnovabile non può essere sviluppata». L’occasione ci è però utile per fornire al Legislatore alcuni consigli, per non reiterare indefinitamente lo stesso errore. Sono da ritenersi idonee tutte le aree a destinazione industriale, le aree compromesse come le cave e le discariche, le aree su cui occorrono interventi di bonifica. Ma anche le aree nelle immediate vicinanze di stabilimenti industriali o di zone industriali, anche se agricole, consentendo l’autorizzazione e la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra.

DOVREBBERO RISULTARE IDONEI I TERRENI agricoli non produttivi o non utilizzati per l’agricoltura da lungo tempo, ma anche i terreni agricoli produttivi, almeno per gli impianti agrivoltaici, in tutte le loro configurazioni, se essi rientrano in progetti di supporto allo sviluppo delle attività agricole. Devono essere ovviamente idonee le aree in cui sono stati localizzati i progetti presentati dal 2021, data di emanazione della normativa di attuazione della direttiva europea (art. 20 comma 8, Dlgs. 199/2021), ma anche quelle dei progetti per i quali sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie a ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto.

DEVE ESSERE TENUTA IN CONSIDERAZIONE la Raccomandazione della Commissione UE n. 2024/1343, in cui occorre giustificare il motivo per il quale le zone sono ritenute non idonee, e se in queste siano possibili deroghe, ad esempio per impianti con capacità ridotta. Si ritiene importante ammettere sempre il revamping o repowering degli impianti eolici, incredibilmente proibiti, e per quelli off-shore fare riferimento al Piano di Gestione delle Aree Marittime.

DEVONO ESSERE CONSIDERATE IDONEE tutte le aree riguardanti le ferrovie, le autostrade e le strade di grande comunicazione, le coperture, poste anche in aree non idonee, di parcheggi, centri commerciali, capannoni agricoli o industriali. Non ci vuole poi tanto: solo un po’ di buon senso ed il convincimento di voler veramente realizzare gli obiettivi riportati in un piano energetico approvato da questo Governo.


* Prorettore per la sostenibilità, Sapienza Università di Roma

da il manifesto - 5 dicembre 2024

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