29 novembre 2015

COP21, Naomi Klein: “A Parigi non si parlerà di ridistribuzione della ricchezza”



di Luca Pisapia *

Il documentario ambientalista prende il nome dal suo ultimo libro e sarà nelle sale italiane il 2 dicembre. E proprio domani si apre nella capitale francese la conferenza sul clima: “Quando entrano in gioco il potere dei soldi e la corruzione ogni paletto messo all'inquinamento risulta inefficace”, ha detto il regista e marito della scrittrice, Avi Lewis

 “Siamo una specie avida e ottusa, e se questo è vero non c’è speranza. Per fortuna però durante questo cammino ho incontrato persone che lottavano, e ho capito che il problema non sono gli umani ma una storia che siamo andati avanti a raccontarci per 400 anni. E questa storia è il capitalismo”. Non potrebbe essere più chiara Naomi Klein, la celebre autrice di No Logo, voce narrante di This Changes Everyting, documentario ambientalista che prende il nome dal suo ultimo libro e che sarà nelle sale italiane il 2 dicembre. Frutto di quattro anni di lavoro in giro per il mondo, racconta dalle battaglie contro l’estrazione di bitume nelle foreste del Canada, la fratturazione idraulica in Nord America, le centrali a carbone in India, le miniere in Grecia. Il documentario assume ancora più importanza in vista della conferenza sul clima Cop21 che si apre domenica a Parigi.

Proiettato ad Amsterdam sui muri di una vecchia centrale a carbone, ad Atene alimentato dall’energia cinetica delle biciclette, a Roma in anteprima nell’Aula dei Gruppi Parlamentari di Montecitorio alla presenza della presidentessa Laura Boldrini, che ha detto: “Alla Cop21 di Parigi dovranno essere gettate la basi per una possibile convivenza in questo pianeta”. Non è stato molto d’accordo il regista Avi Lewis, marito di Naomi Klein, che ha ricordato come a Parigi “non si discuterà nemmeno dei limiti di estrazione di energia fossile, che sono oggi il problema più stringente”. Sempre Avi Lewis a proposito della tragedia del climate change non ha lesinato critiche alla “mancanza di lungimiranza dei governi che parlano bene ma poi agiscono male”, e non si è nemmeno risparmiato una stoccata al governo italiano per le trivellazioni nel mare Adriatico.

Tra comunità di indigeni che lottano in nome di diritti ancestrali sul territorio e piccoli villaggi che si ribellano alla corruzione dei loro politici, il documentario ovviamente simpatizza con gli ultimi della terra, che sono poi i primi a subire le conseguenze della devastazione ambientale. “Crescita è il nome che più si avvicina oggi a una divinità globale. In nome di una cultura consumistica occidentale che sfrutta e inghiotte tutte le risorse della terra”, dice infatti Naomi Klein, che poi ricorda: “In Canada dove stiamo combattendo contro l’estrazione di bitume abbiamo scoperto che il governo sorveglia gli attivisti, una grave violazione dei diritti civili, e poi condivide le informazioni con le multinazionali. Ma nonostante ciò siamo riusciti a ottenere le nostre vittorie, come quando poche settimane fa Obama ha dovuto sospendere la costruzione della Keystone Pipeline, l’oleodotto che dal Canada doveva arrivare negli Stati Uniti”.

Per ogni vittoria locale però, c’è l’ennesima decisione presa a discapito delle popolazioni e delle loro battaglie. Per questo dice ancora Avi Lewis a ilfattoquotidiano.it: “Per ottenere dei risultati vanno abbattuti i pilastri centrali del neoliberismo, oggi in particolare quelle leggi internazionali che diventano lo strumento che permette agli investitori stranieri, e quindi alle multinazionali, di citare in giudizio un governo perché le sue leggi locali potrebbero privarli di guadagno. Ovvero il cuore di trattati come il ttip, tisa e ttp. Non è possibile che comitati di presunti esperti non eletti dalle popolazioni possano poi decidere in favore delle multinazionali e dei loro guadagni invece che della tutela delle persone e dell’ambiente. E’ la logica mortale del libero scambio”.

C’è poi un ultimo rischio, quello del cosiddetto capitalismo verde. “L’ideologia della crescita verde è una battaglia critica in termini di narrazione del problema, se vogliamo pensare di migliorare il sistema così come è o di cambiarlo – continua Avi Lewis -. I trattati oggi in vigore permettono alle grandi compagnie di continuare a inquinare, in cambio di piccole multe, e già le multinazionali si sono impossessate dell’economia delle energie rinnovabili. Il problema principale di conferenze come quelle della Cop21 di Parigi infatti è che non si tocca nemmeno lontanamente il problema della ridistribuzione della ricchezza, senza cui ogni paletto messo all’inquinamento risulta inefficace, perché poi entrano in gioco il potere dei soldi e la corruzione”.

* da ilfattoquotidiano.it  magazine  28 novembre 2015

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