18 agosto 2025

Turchia: Processo di pace o no, mai così tanti prigionieri nelle celle turche

 300mila detenuti, uno dei tassi più alti d’Europa. Tra loro sindaci, rivali politici, giornalisti, Curdi

di Murat Cinar *

Dallo scorso marzo in Turchia una decina di condannati per reati legati al terrorismo e con pene superiori alla soglia del 30 yıl sınırı (limite informale dei trent’anni di detenzione oltre cui la scarcerazione dovrebbe avvenire per legge) sono tornati in libertà dopo aver scontato, in media, più di tre decenni dietro le sbarre.

LE LIBERAZIONI sono avvenute in un momento in cui, seppur senza un protocollo formale, è in corso un fragile tentativo di riavvio del dialogo tra lo Stato turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), con Abdullah Öcalan e il partito politico Dem come interlocutori centrali. Tra i liberati vi sono persone con gravi problemi di salute e ultraottantenni. Ma i centri penitenziari sono tuttora pieni di persone in attesa di essere scarcerate. Come spiega Diren Yurtsever, caporedattrice dell’agenzia Mezopotamya, «in molti casi le scarcerazioni sono state rinviate per motivi assurdi: chi, con le gambe amputate, non veniva ritenuto di buona condotta perché ‘non praticava sport’, o chi restava in cella per cavilli senza basi giuridiche». A queste persone non è stato applicato l’infaz yakma, il meccanismo che in Turchia consente alle autorità di prolungare la detenzione di un condannato nonostante abbia già scontato la pena, di solito motivandolo con presunte violazioni disciplinari. La liberazione sarebbe dunque un obbligo di legge. Tra le persone scarcerate in questi mesi c’è Veysi Aktas, detenuto per oltre 31 anni nel carcere di massima sicurezza di Imralı, dove è recluso anche Öcalan, con cui ha lavorato negli ultimi mesi al processo di pace. C’è poi Soydan Akay, rilasciato dopo 32 anni e sette ricoveri ospedalieri per gravi patologie, tra cui il cancro. Ismail Hakkı Tursun, in carcere da oltre 32 anni, ha ricordato alla scarcerazione che «ci sono tanti detenuti in fin di vita che devono essere liberati al più presto». Infine, Sıddık Güler, 85 anni, è uscito dopo più di tre decenni nonostante un certificato medico attestasse da tempo la sua impossibilità a condurre una vita autonoma.

SECONDO YURTSEVER, non c’è stato alcun cambiamento legislativo che giustifichi le recenti scarcerazioni: «Non serve una nuova legge, basterebbe applicare quelle esistenti. Ma raramente si esce dopo trent’anni, di solito solo al 31° o 32°, e per ragioni arbitrarie. Migliaia di persone, molte gravemente malate o anziane, restano in carcere nonostante i requisiti per la liberazione. Le decisioni passano dai Comitati di sorveglianza delle carceri, privi di giuristi, che agiscono in modo discrezionale e senza trasparenza». Yurtsever ribadisce che la liberazione di questi detenuti non è un passo negoziale: «È un obbligo legale, non il frutto di un accordo. Si cerca di dare l’idea che le carceri siano oggetto di trattativa politica, ma né lo Stato né il Pkk parlano di un protocollo in corso». Yurtsever aggiunge che la sua redazione riceve da tempo lettere di detenuti in cui si denuncia come, in particolare nelle carceri di Sincan e Bakırköy, esista «una scelta non giuridica e arbitraria per continuare a trattenere le persone».
La Turchia detiene un numero impressionante di persone: a fine marzo, le carceri ospitavano più di 300mila detenuti, oltre 42mila in più rispetto alla capacità, confermando un trend in crescita rispetto agli anni precedenti e con uno dei tassi più alti d’Europa. Detenuti anche politici dell’opposizione, amministratori, accademici e giornalisti non vicini al Pkk, spesso con accuse politiche o di terrorismo. Emblematico il caso di Murat Çalık, ex sindaco Chp, trattenuto nonostante condizioni critiche, una violazione legale e umana» secondo l’Ordine degli Avvocati di Istanbul.

ÖMER FARUK Gergerlioglu, deputato Dem, denuncia da tempo che lo Stato ritarda il rilascio fino a quando il prigioniero è ormai in fin di vita, definendo questi decessi «omicidi di Stato». Ha inoltre denunciato situazioni estreme come il taglio dell’acqua nelle carceri, servizi igienici insufficienti e la prima richiesta formale del ministero della famiglia per tutelare detenuti con malattie degenerative, come Ibrahim Güngör, affetto da Alzheimer e cancro alla prostata, che ormai non riconosce nemmeno la figlia. Sebbene alcune scarcerazioni possano sembrare un passo verso la pace, migliaia di casi di ingiustizia e trascuratezza persistono, alimentando sfiducia nel sistema giuridico in Turchia.

nella foto: La polizia turca arresta i partecipanti alla manifestazione "Libertà per la pace" organizzata da partiti politici curdi a Diyarbakir in Turchia

* da il manifesto - 15 agosto 2025

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