24 gennaio 2018

Egitto: elezioni presidenziali del marzo 2018



Sami Anan, ex capo di stato maggiore e unico avversario di al Sisi, è stato arrestato 

Egitto. Un altro potenziale sfidante che salta pochi giorni dopo l’attesa ricandidatura dell’ex generale al-Sisi: il 19 gennaio in un discorso tv ha rivendicato i risultati del primo mandato e promesso che non permetterà a dei «corrotti» di «salire su questa sedia». Una minaccia poco velata, che rende la possibilità di una corsa solitaria ogni giorno più probabile
 
di  Chiara Cruciati ( il manifesto 24 marzo 2018 )

Ieri Sami Anan, ex capo di Stato maggiore egiziano, da poco candidato alle presidenziali del 26-28 marzo, è stato arrestato: ufficialmente – dicono fonti della sicurezza – è stato «convocato» con l’accusa di aver falsificato documenti ufficiali nei quali dichiarava di essersi ritirato dall’esercito, condizione necessaria alla candidatura. Un altro potenziale sfidante che salta pochi giorni dopo l’attesa ricandidatura dell’ex generale al-Sisi: il 19 gennaio in un discorso tv ha rivendicato i risultati del primo mandato e promesso che non permetterà a dei «corrotti» di «salire su questa sedia». Una minaccia poco velata, che rende la possibilità di una corsa solitaria ogni giorno più probabile.
Se la National Elections Authority ha ricevuto richieste di monitoraggio del voto da 48 organizzazioni locali e internazionali, il problema è a monte: la barriera è mediatica. La denuncia è di altri aspiranti candidati: Mohamed Anwar Sadat, nipote dell’ex presidente, non è riuscito a trovare un hotel o una sala conferenze (la risposta ricevuta: ordine dei servizi di sicurezza) che ospitasse il lancio della campagna e nessuna tipografia ha voluto stamparne i volantini. Alla fine si è ritirato. Lo stesso ha fatto l’ex premier e uomo di Mubarak, Ahmed Shafik: non sono l’uomo giusto, ha detto, troppo tempo trascorso fuori dal paese. Ma il motivo – riportano fonti a lui vicine – è stata la minaccia del governo di scatenargli contro la magistratura per casi di corruzione.
E poi c’è Khaled Ali, avvocato e rappresentante della sinistra, su cui pende la condanna per gesti osceni. L’appello si terrà il 7 marzo: se la sentenza sarà confermata sarà fuori dalla corsa. Nel frattempo anche lui è nella pratica impossibilitato a presentare pubblicamente la candidatura.

Al-Sisi pigliatutto: per gli sfidanti non c’è spazio 

Presidenziali. La legge egiziana prevede come requisiti alla candidatura 20mila firme di cittadini e l'appoggio di 20 deputati. Ma 510 su 596 lo hanno dato al presidente. E mentre Khaled Ali rischia la prigione, Ahmed Shafiq si ritira per le minacce del Cairo

di Chiara Cruciati  ( il manifesto 11 gennaio 2018 )

Erano già tanti ma continuano ad aumentare: da martedì il numero di parlamentari che sostengono la candidatura del presidente al-Sisi – che di suo ancora non si è fatto avanti, ma lo farà – alle presidenziali di marzo è salito da 466 a 510 su 596. Un dato da non tralasciare: la legge egiziana richiede come requisiti a chi voglia candidarsi alla presidenza 20mila firme di cittadini e 20 deputati a sostegno. Ne restano «liberi» 96, come vada la corsa non sarà certo affollata. A denunciare una legge «troppo restrittiva» è Mohamed al Sadat, nipote dell’ex presidente Anwar e potenziale candidato se il clima, dice, non fosse così «scoraggiante»: Sadat non è ancora riuscito a presentare il suo programma alla stampa.
Stesso problema per Khaled Ali, candidato della sinistra, su cui pesa anche una condanna in primo grado per «gesti osceni». L’appello sarà il 7 marzo: se la condanna verrà confermata, sarà arrestato e perderà il diritto a concorrere. E poi c’è l’ex uomo forte di Mubarak, Ahmed Shafiq, il cui tentativo di candidarsi è ormai una saga: cacciato dagli Emirati dove viveva, detenuto in Egitto al suo rientro e poi rilasciato, si è «volontariamente» ritirato due giorni fa, ufficialmente perché non si ritiene «l’uomo giusto al momento attuale». Ufficiosamente, dicono fonti a lui vicine, per le pressioni del Cairo che avrebbe minacciato di tirare fuori vecchie storie di corruzione. Sicuramente vere, verrebbe da dire, visto il ruolo giocato negli anni di Mubarak, prima nell’esercito fino al grado di capo di Stato maggiore e poi come primo ministro nel gennaio 2011 per placare (invano) le piazze.
Le elezioni si terranno dal 26 al 28 marzo (dal 16 al 18 per gli elettori all’estero) e l’eventuale ballottaggio dal 24 al 26 aprile. Per candidarsi c’è tempo fino al 29 gennaio, sempre che si superino le forche caudine del parlamento.

Nella foto: Il presidente dell'Egitto generale al Sisi

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