L’articolo
Svezia, primo paese libero dal petrolio ha suscitato moltissime attenzioni. Torniamo sul tema con un intervento
di Giorgio Nebbia
( Giorgio
Nebbia su comune-info.net )
È quanto mai
difficile sapere che cosa succederà nei prossimi anni, nell’economia,
nell’energia, nell’ambiente, ma qualche ipotesi sui possibili eventi futuri è
pur utile fare. Un esercizio di questo genere è stato pubblicato di recente col
titolo: “Energia rinnovabile al 100 per cento per tutti”. Le previsioni
sono estese al 2050 per una popolazione mondiale di nove miliardi e mezzo di
persone, con una drastica diminuzione dei consumi dei combustibili fossili,
responsabili dei mutamenti climatici, senza energia nucleare, con consumi
totali di energia più o meno uguali a quelli attuali derivati
prevalentemente da fonti rinnovabili: l’energia solare come fonte di calore e
di elettricità, l’energia del vento e quella geotermica come fonti di
elettricità, l’energia idroelettrica, la biomassa come fonte di calore e di
prodotti industriali.
Nel mondo la
richiesta di energia è ripartita in parti più o meno uguale fra i settori dei
trasporti, delle città e delle famiglie, e dei vari processi industriali. I
trasporti di persone e merci su strada e ferrovia, in teoria, potrebbero anche
essere alimentati soltanto con l‘elettricità. Cominciano a fare qualche passo
le proposte di autoveicoli elettrici, ma la sostituzione di oltre un
miliardo di automobili e camion a benzina o gasolio con altrettanti elettrici
richiederebbe la soluzione di molti problemi. Attualmente ogni autoveicolo
porta con se, in un serbatoio, una riserva di combustibile che consente di
percorrere centinaia di chilometri. Un autoveicolo elettrico può portare con se
l’elettricità soltanto immagazzinata in batterie di accumulatori; oggi quelle
più progredite, a ioni di litio, assicurano l’autonomia del veicolo soltanto,
al massimo, per poche centinaia di chilometri prima della ricarica con altra
elettricità. La transizione “elettrica” richiederebbe, quindi, una
grande quantità di litio, un elemento relativamente raro in natura, e milioni
di stazioni di “rifornimento” di elettricità.
Alcuni mezzi
di trasporto, quelli aerei e navali, possono muoversi soltanto con carburanti
liquidi e
occorrerebbe produrre su larga scala nuovi biocarburanti ottenibili da
sottoprodotti agricoli e forestali. Le famiglie e i servizi urbani richiedono
energia sia sotto forma di elettricità sia sotto forma di calore; in via di
principio, sarebbe possibile riscaldare d’inverno, con impianti elettrici, le
abitazioni, gli uffici, i negozi, in città alimentate dall’elettricità prodotta
sul posto dal Sole o dal vento o dal calore geotermico del sottosuolo.
Un terzo dei
consumi mondiali di energia viene richiesto dalle industrie che fabbricano, con
diversissimi cicli produttivi, gli innumerevoli prodotti che usiamo. L’acciaio, che oggi viene prodotto
in ragione di circa un miliardo e mezzo di tonnellate all’anno, può essere
ottenuto con processi elettrici; lo stesso vale per altri metalli strategici
come alluminio e magnesio.
Anche in una
società basata su fonti energetiche rinnovabili sarebbe necessario ricorrere
ancora ad una certa quantità di combustibili fossili come carbone, petrolio o
metano, difficilmente sostituibili con la biomassa. Questo vale per la produzione di
cemento, circa quattro miliardi di tonnellate all’anno, che richiede calore ad
alta temperatura. I grandi prodotti di base dell’industria chimica come l’acido
solforico, l’ammoniaca e i fosfati, essenziali per la produzione di concimi,
potrebbero essere fabbricati con processi elettrici.
Più
complicato fare a meno di idrocarburi per l’industria delle sintesi chimiche da
cui derivano materie plastiche, ma anche coloranti, prodotti farmaceutici e
molti altri. Se proprio volessimo correre con la fantasia si potrebbe pensare
di ottenere idrocarburi dalla reazione fra l’idrogeno elettrolitico e
l’anidride carbonica, portandola via dall’atmosfera dove si è accumulata in
questi decenni, col che si farebbe anche diminuire in parte la concentrazione
del principale gas responsabile dei cambiamenti climatici. Con l’energia
elettrica rinnovabile sarebbe anche possibile ottenere nuova acqua dolce per
dissalazione di quella marina.
I lettori
avranno notato che non ho parlato di soldi; la ipotizzata transizione alle
fonti rinnovabili offrirebbe elettricità e calore a costi superiori a quelli
attuali, ma stimolerebbe anche nuove attività produttive, creerebbe posti di
lavoro ed eviterebbe i costi che le società umane dovranno pagare se continuano
i peggioramenti del clima. E non ho neanche parlato di come e dove ottenere
su larga scala energia da fonti rinnovabili: se nella società ipotizzata per il
2050 un terzo dell’energia globale fosse ottenuta con pannelli fotovoltaici,
questi dovrebbero estendersi su una superficie tre volte quella dell’Italia.
D’altra parte ci sono in Asia e Africa grandi zone desertiche e non coltivate e
abitate che potrebbero essere coperte di pannelli solari o centrali eoliche.
Addirittura qualcuno ha scritto (centodieci anni fa!) che, con l’uso del Sole,
“i paesi tropicali avrebbero accesso allo sviluppo e la civiltà ritornerebbe
così nei paesi in cui è nata”.
Questo sogno
potrebbe svanire perché, per sostituire gli attuali combustibili fossili,
inquinanti e a rischio di esaurimento, sarebbe necessario produrre elettricità
in quantità dieci e più volte superiori a quella odierna, che ammonta a
circa 20.000 miliardi di chilowattore all’anno, e gli impianti che utilizzano
il Sole, il vento o il moto delle acque potrebbero anch’essi provocare gravi
alterazioni ambientali. Anche se non 100-per-100 rinnovabili, le società future
dovranno comunque fare un ricorso crescente a fonti di energia diverse dalle
attuali, ciò che significa innovazioni, nuove imprese, nuova occupazione e, se
si opererà con saggezza e lungimiranza, alla fine anche un ambiente migliore.
Auguri, Terra.
13
ottobre 2015 - pubblicato anche sulla
Gazzetta del Mezzogiorno.
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