17 ottobre 2015

Una società tutta a energia rinnovabile


L’articolo Svezia, primo paese libero dal petrolio ha suscitato moltissime attenzioni. Torniamo sul tema con un intervento di Giorgio Nebbia

( Giorgio Nebbia su comune-info.net )


È quanto mai difficile sapere che cosa succederà nei prossimi anni, nell’economia, nell’energia, nell’ambiente, ma qualche ipotesi sui possibili eventi futuri è pur utile fare. Un esercizio di questo genere è stato pubblicato di recente col titolo: “Energia rinnovabile al 100 per cento per tutti”. Le previsioni sono estese al 2050 per una popolazione mondiale di nove miliardi e mezzo di persone, con una drastica diminuzione dei consumi dei combustibili fossili, responsabili dei mutamenti climatici, senza energia nucleare, con consumi totali di energia più o meno uguali a quelli attuali derivati prevalentemente da fonti rinnovabili: l’energia solare come fonte di calore e di elettricità, l’energia del vento e quella geotermica come fonti di elettricità, l’energia idroelettrica, la biomassa come fonte di calore e di prodotti industriali.

Nel mondo la richiesta di energia è ripartita in parti più o meno uguale fra i settori dei trasporti, delle città e delle famiglie, e dei vari processi industriali. I trasporti di persone e merci su strada e ferrovia, in teoria, potrebbero anche essere alimentati soltanto con l‘elettricità. Cominciano a fare qualche passo le proposte di autoveicoli elettrici, ma la sostituzione di oltre un miliardo di automobili e camion a benzina o gasolio con altrettanti elettrici richiederebbe la soluzione di molti problemi. Attualmente ogni autoveicolo porta con se, in un serbatoio, una riserva di combustibile che consente di percorrere centinaia di chilometri. Un autoveicolo elettrico può portare con se l’elettricità soltanto immagazzinata in batterie di accumulatori; oggi quelle più progredite, a ioni di litio, assicurano l’autonomia del veicolo soltanto, al massimo, per poche centinaia di chilometri prima della ricarica con altra elettricità. La transizione “elettrica” richiederebbe, quindi, una grande quantità di litio, un elemento relativamente raro in natura, e milioni di stazioni di “rifornimento” di elettricità.

Alcuni mezzi di trasporto, quelli aerei e navali, possono muoversi soltanto con carburanti liquidi e occorrerebbe produrre su larga scala nuovi biocarburanti ottenibili da sottoprodotti agricoli e forestali. Le famiglie e i servizi urbani richiedono energia sia sotto forma di elettricità sia sotto forma di calore; in via di principio, sarebbe possibile riscaldare d’inverno, con impianti elettrici, le abitazioni, gli uffici, i negozi, in città alimentate dall’elettricità prodotta sul posto dal Sole o dal vento o dal calore geotermico del sottosuolo.

Un terzo dei consumi mondiali di energia viene richiesto dalle industrie che fabbricano, con diversissimi cicli produttivi, gli innumerevoli prodotti che usiamo. L’acciaio, che oggi viene prodotto in ragione di circa un miliardo e mezzo di tonnellate all’anno, può essere ottenuto con processi elettrici; lo stesso vale per altri metalli strategici come alluminio e magnesio.

Anche in una società basata su fonti energetiche rinnovabili sarebbe necessario ricorrere ancora ad una certa quantità di combustibili fossili come carbone, petrolio o metano, difficilmente sostituibili con la biomassa. Questo vale per la produzione di cemento, circa quattro miliardi di tonnellate all’anno, che richiede calore ad alta temperatura. I grandi prodotti di base dell’industria chimica come l’acido solforico, l’ammoniaca e i fosfati, essenziali per la produzione di concimi, potrebbero essere fabbricati con processi elettrici.

Più complicato fare a meno di idrocarburi per l’industria delle sintesi chimiche da cui derivano materie plastiche, ma anche coloranti, prodotti farmaceutici e molti altri. Se proprio volessimo correre con la fantasia si potrebbe pensare di ottenere idrocarburi dalla reazione fra l’idrogeno elettrolitico e l’anidride carbonica, portandola via dall’atmosfera dove si è accumulata in questi decenni, col che si farebbe anche diminuire in parte la concentrazione del principale gas responsabile dei cambiamenti climatici. Con l’energia elettrica rinnovabile sarebbe anche possibile ottenere nuova acqua dolce per dissalazione di quella marina.

I lettori avranno notato che non ho parlato di soldi; la ipotizzata transizione alle fonti rinnovabili offrirebbe elettricità e calore a costi superiori a quelli attuali, ma stimolerebbe anche nuove attività produttive, creerebbe posti di lavoro ed eviterebbe i costi che le società umane dovranno pagare se continuano i peggioramenti del clima. E non ho neanche parlato di come e dove ottenere su larga scala energia da fonti rinnovabili: se nella società ipotizzata per il 2050 un terzo dell’energia globale fosse ottenuta con pannelli fotovoltaici, questi dovrebbero estendersi su una superficie tre volte quella dell’Italia. D’altra parte ci sono in Asia e Africa grandi zone desertiche e non coltivate e abitate che potrebbero essere coperte di pannelli solari o centrali eoliche. Addirittura qualcuno ha scritto (centodieci anni fa!) che, con l’uso del Sole, “i paesi tropicali avrebbero accesso allo sviluppo e la civiltà ritornerebbe così nei paesi in cui è nata”.

Questo sogno potrebbe svanire perché, per sostituire gli attuali combustibili fossili, inquinanti e a rischio di esaurimento, sarebbe necessario produrre elettricità in quantità dieci e più volte superiori a quella odierna, che ammonta a circa 20.000 miliardi di chilowattore all’anno, e gli impianti che utilizzano il Sole, il vento o il moto delle acque potrebbero anch’essi provocare gravi alterazioni ambientali. Anche se non 100-per-100 rinnovabili, le società future dovranno comunque fare un ricorso crescente a fonti di energia diverse dalle attuali, ciò che significa innovazioni, nuove imprese, nuova occupazione e, se si opererà con saggezza e lungimiranza, alla fine anche un ambiente migliore. Auguri, Terra.

 13 ottobre 2015 pubblicato anche sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

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