Dal 1° gennaio, in Italia, dove l’elettricità era già una delle più costose al mondo, essa ha subìto un ulteriore rincaro del 4,9%, che secondo l’Autorità per l’Energia è motivato da “persistenti rialzi delle quotazioni petrolifere…., incentivi alle fonti rinnovabili e ….. costi per adeguare i sistemi a rete al nuovo scenario di produzione decentrata e intermittente”.
Una decisione del Governo che i contribuenti, e per loro le associazioni, dovrebbero contestare per i seguenti tre motivi:
a) il 29 aprile prossimo saranno passati vent’anni da quando le tariffe elettriche italiane comprendono un sovrapprezzo, l’A3 - ufficialmente finalizzato "alla promozione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili" - che in origine era già molto superiore (7%) a tale ultimo rincaro e che nel 2011 è arrivato ad esserne più del doppio (10%) CIP6 e tariffe elettriche ( http://www.fiper.it/htdocs/2003/061103-Xcomm.txt )
b) il gettito di tale sovrapprezzo è stato usato dallo Stato, per circa i due terzi, in modi sostanzialmente opposti al suo scopo dichiarato; il che costituisce una palese presa in giro degli utenti elettrici ed una violazione di una direttiva comunitaria.
c) del recente aumento godranno anche quei furbi produttori di elettricità che da vent’anni lucrano lautamente sulla stortura di cui al punto “b”.
Venti anni fa infatti, alcuni grandi nomi del mondo imprenditoriale italiano, insieme all’Enel, all’epoca monopolista elettrico di Stato, hanno ottenuto che il Governo di allora ( l’Andreotti VII) emanasse in materia di energia una norma che è indulgente definire scorretta e grazie ad essa hanno poi ottenuto, ciascuno, ricavi annuali a sei zeri. E’ quindi a loro, pochi e ben noti, anziché ai milioni di utenti elettrici, già tanto (tar)tassati, che il Governo di oggi avrebbe il dovere morale e civile di pretendere la copertura di quei maggiori costi energetici. Diversamente, esso si dimostrerebbe non migliore degli 11 precedenti governi che, durante vent’anni, hanno tollerato il permanere di quella vergogna nella normativa italiana.
Per coloro che non conoscessero i dettagli del caso, ne espongo qui di seguito la storia e i dati di maggiore rilievo.
Nel 1990, il governo dell’allora Germania Ovest, con grande sensibilità ambientale e preveggenza energetica, aveva imposto un piccolo supplemento sulle tariffe elettriche per investirne il gettito nella promozione delle fonti rinnovabili. E poiché quel gettito è poi stato investito correttamente, la Germania è diventata Paese leader in quel campo ed in particolare nel fotovoltaico, quantunque goda di una radiazione solare media molto inferiore a quella italiana (350.000 i nuovi posti di lavoro là creati nel settore fonti rinnovabili, in gran parte dovuti alla fotovoltaica).
Il 29 aprile 1992 il nostro governo, facendo finta di ispirarsi a quel precedente, attraverso il Comitato Interministeriale Prezzi ha emanato il provvedimento n. 6, col quale ha sì imposto un sovrapprezzo, appunto l’A3, alle tariffe elettriche (di entità quasi doppia di quello tedesco), ma consentendo di sovvenzionare col suo gettito, oltre alle fonti “rinnovabili” vere, anche altre, cosiddette “assimilate”, fra le quali ne sono poi state comprese di molto inquinanti come gli scarti di raffineria petrolifera e i comuni rifiuti. Il fatto, noto come “Affare Cip6”, è stato preso in esame il 6 novembre 2003 dalla Xa Commissione della Camera, che ne aveva previsto l’entità in 60.000 miliardi di Lire (stima risultata poi ottimistica, come vedremo) e il cui Presidente, Bruno Tabacci, l’aveva definito “Una tassa occulta in favore dei petrolieri”.
( http://www.fiper.it/htdocs/2003/061103-Xcomm.txt )
Cosicché il Paese del Sole, dove il gettito di quei sovrapprezzi è stato gestito con grande scorrettezza, oggi produce si e no un settimo dei materiali fotovoltaici che gli occorrono, mentre il resto lo deve importare, a danno della bilancia dei pagamenti ed a sostegno di imprese e occupazione straniere (8,3 miliardi di euro sono usciti dal Paese a quel titolo nel solo 2010).
Il provvedimento CIP6 è inoltre scorretto anche verso la UE. Esso viola infatti una direttiva comunitaria che esclude dalle fonti rinnovabili di energia ciò che non è biodegradabile. Perciò il governo furbetto dell’aprile 1992 lo ha emanato come semplice atto amministrativo, in modo che non ne venisse a conoscenza (non subito, almeno) l’Unione Europea, alla quale i Paesi membri sono tenuti a notificare immediatamente soltanto le nuove Leggi. Uno scopo raggiunto solo temporaneamente, come era del resto prevedibile: l’UE ne è sì venuta a conoscenza solo 11 anni dopo, ma sul tema CIP6 ci ha poi inflitto ben 4 procedure di infrazione, 2004/43/46, 2005/50/61, 2005/40/51 e 2005/23/29, oltre ad una lettera di messa in mora, relativa alla prima procedura di infrazione.
Sulle origini dell’ “affare Cip6” fa praticamente testo il libro “Licenziare i padroni ?” (Feltrinelli), uscito all’inizio del 2003 e scritto da Massimo Mucchetti, oggi Vicedirettore “ad personam” del Corriere della Sera, che nessuno ha mai smentito e tanto meno querelato, quantunque egli avesse citato in chiaro, nel libro, sia il peccato che i “peccatori”, come ad esempio in questo brano:
“Tra i primi a muoversi sono la Edison (Gruppo Montedison) e la Sondel (Gruppo Falk) , l'Eni, i petrolieri privati, i Moratti e i Garrone in testa, ansiosi di trasformare un costo - lo smaltimento degli scarti di raffi¬neria - in un ricavo, anzi in una rendita. Più tardi, entrano in partita anche gli ex presidenti della Confindustria Vit¬torio Merloni e Luigi Lucchini. Insomma, molti dei più grandi e dei più potenti fiutano l'affare “.
A fine 2010, i 60.000 miliardi di Lire, circa 30 miliardi di euro , che nel 2003 la Xa Commissione della Camera aveva previsto destinati a finire complessivamente nelle tasche “dei petrolieri” erano già stati largamente superati. I dati certi di fonte GSE (ente istituito nel 2001) indicano infatti che, nel solo periodo 2001-2010, 35,93 miliardi di sono andati a sovvenzionare elettricità prodotta da fonti CIP6 “assimilate”, cioè inquinanti. Ad essi, secondo stime attendibili, devono essere sommati altri circa 8,8 miliardi di euro pagati a quel titolo nei 9 anni precedenti, 1992-2000.
In totale quindi, a tutto il 2010, almeno 44 miliardi di euro - pari a quasi 1,5 volte il “valore” della manovra economica del Governo Monti - sono stati erogati dallo Stato a produttori di elettricità da fonti “sporche”, sottraendoli al gettito dei sovrapprezzi A3 imposti dallo Stato agli utenti elettrici col pretesto della sovvenzione alle fonti rinnovabili.
Le aziende più beneficiate dalle sovvenzioni per tali fonti inquinanti, le “assimilate”, sono state ogni anno all’incirca le stesse. Ad esempio, la loro graduatoria 2010, nella spartizione percentuale di una “torta” da 2.974,7 milioni di euro per quell’anno (contro i 1.139,0 erogati per fonti rinnovabili vere), si trova a pagina 59 (fig. 2,5) della relazione 2011 dell’Autorità per l’Energia ed è questa:
Edison 33,3%, Saras 13,7%, ERG 10,5% , BG Group 8,4%, Rosen Rosignano 7,9%, API 7,0%, E.On 6,i%, Cofely Italia 4,7%, Elettra 3,7%, Termica Celano 3,0%, Altri 1,6%.
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