8 gennaio 2012

Monti-Armageddon: la teoria del complotto non esiste


di Giovanni Chiambretto *

Alcuni dei commentatori di un mio precedente intervento ( “Monti non è Bruce Willis e non siamo ad Armageddon” ) ventilano benevolmente una mia tendenza al “complottismo”, forse sposando l’idea che se Monti ha sostituito il cattivo Berlusconi qualcosa di buono lo avrà. Se non altro, per cominciare, si presume che non vada a donne e che peggio del Berlusca è impossibile fare, quindi qualcosa di meglio da qualche parte si otterrà. E’ esattamente il contrario ma anni di disinformazione mediatica (tv e giornali) hanno lavorato ai fianchi il nostro cervello e non c’è da stupirsi. Quindi dall’ accusa di complottismo devo difendermi.

Quasi tutta l’informazione giornalistica si sforza di dare l’impressione che le cose succedono solo perché succedono, e non perché qualcuno ne è causa. Si pensa che i complotti massonici si svolgano in buie cantine o che certe cose le abbiano fatte i marziani. Lasciamo fare ai giornalisti il loro onesto lavoro di disinformatori dell’opinione pubblica. Analizziamo invece concretamente quali possano essere realisticamente i meccanismi decisionali delle élites economiche che oggi hanno in mano i destini del pianeta, per il momento cominciando dall’Italia.

Una attenta visita al link allegato ( http://mappadelpotere.casaleggio.it/ ) dà una pallida idea degli intrecci che legano i consigli di amministrazione delle principali società italiane. “Pallida” perché gravemente incompleta. Ad esempio mancano le fondazioni bancarie, gli intrecci con società estere, le consociate estere, le società possedute da società etc. Provate a giocarci, a partire dai Consiglieri di Amministrazione delle varie Società. Noterete rapidamente che si conoscono tutti, che sono sempre quelli, che probabilmente si danno del tu. Chi è in un’impresa di costruzioni, è anche in una o due banche, in una società di assicurazioni e, perché no, già che c’è, in una società editoriale tipo il “Corriere della Sera” ed in una “utility” (come vengono chiamate le ex società pubbliche svendute ai privati nella prima fase delle “liberalizzazioni”).

Il sistema è efficiente in quanto come amministratore di banca posso finanziare la mia società di costruzioni che lavora per la mia utility e sono mediaticamente coperto dal mio giornale. È anche efficiente l’intreccio. Mi spiego: se io fossi proprietario di una società ed il mio concorrente fosse proprietario di un’altra, mors tua, vita mea; ma se io partecipo di quella società e lui della mia, essendo sia io che lui in entrambi i consigli di amministrazione, sarebbe una pace, armata sì, ma sempre pace perché, in una certa misura, i nostri interessi coincidono.

Si tratta quindi tendenzialmente di un oligopolio collusivo. “Oligopolio” perché composto non da uno, ma comunque da pochi che gestiscono e “collusivo” in quanto il comune interesse che li lega concorre ad orientare il loro operare. E’ inoltre evidente che quando si riuniscono non stanno lì a controllare se sono ragionevoli le spese di cancelleria della sede di Genova, o se è equo il contratto per le pulizie degli uffici di Milano. A questo pensano altri. Quando si riuniscono studiano e decidono politiche di investimento, attività di lobbying, scenari industriali, strategie di alleanze. E non si trovano solo ai Consigli d’Amministrazione. Ci sono anche la Confindustria, l’Associazione Bancaria Italiana, le Fondazioni Bancarie, lo yacht di uno o il salotto dell’altro. E sono sempre gli stessi, alcune migliaia di persone al massimo. Con a fianco, magari in famiglia, alcune centinaia di politici (rigorosamente di destra, di centro e di sinistra). Pensare che uno vada al consiglio d’amministrazione di Mediobanca solo perché c’è il gettone di presenza e non aspetti altro che finisca per correre a cena altrimenti sua moglie si risente se arriva tardi è, ovviamente, da escludere.

Tutti questi enti ed aziende hanno centri studi che garantiscono l’assoluta e totale asimmetria informativa rispetto alla gente comune (noi). La Telecom conosce gli aspetti gestionali, economici, tecnici (e non solo) delle Comunicazioni italiane meglio di quanto li conosce il Ministero delle Comunicazioni. E così Mediobanca rispetto al Ministero delle Finanze e così via. Quindi sappiamo chi sono, che si incontrano per discutere e decidere, che controllano gran parte dell’apparato produttivo e finanziario, che controllano e dispongono delle informazioni più aggiornate e complete, che è gente a modo suo competente e che si giovano di collaboratori spesso di alto livello e pagati profumatamente.

È pensabile che non si siano accorti dell’inadeguatezza di Berlusconi? Che non abbiano pensato che lasciarlo andare avanti significava lasciare andare tutto allo sfascio ? (i loro imperi intendo, dell’Italia non importa quasi nulla ). Che non si siano decisi a prendere dei provvedimenti? Conoscono benissimo la natura e le possibilità di tutta la classe politica italiana (dei suoi principali partiti), la sua formazione, la natura dei rapporti che costoro hanno con la società civile. Sanno benissimo che è gente spesso rapace ma assolutamente incapace, inaffidabile, incompetente, sempre meno credibile agli occhi della maggioranza dell’opinione pubblica. E allora cosa potevano fare se non costruire una alternativa “tecnica”, non convenzionale, per rimettere sui binari le cose? Con successive mediazioni per mettere d’accordo destra, centro e sinistra, delicate trattative con altri players esterni, come il Sistema bancario europeo (che avrà avuto delle garanzie) o la Curia vaticana o la Presidenza della Repubblica.

Ma alla fine, presumibilmente nell’estate del 2011, si deve essere trovato l’accordo che ha consentito un insieme sequenziale di azioni mediatiche e di pressioni finanziarie ( magari lo spread ) che ha fiaccato Berlusca, incrinato le alleanze su cui si basava, ricattato l’intera società politica. L’alternativa a Berlusconi era pronta ed è stata portata al settimo cielo da un mondo mediatico quasi unanime, generalmente acritico, addirittura patetico e subliminale nel garantire l’ineluttabilità del percorso, la santità del personaggio, la certezza del risultato. Mistificazioni allo stato puro. Un’operazione politica condotta con tempismo e competenza che ha aperto una fase nuova e completamente diversa della vita sociale ed economica del nostro paese.

Mutatis mutandis esattamente quello che fece Berlusconi 17 anni fa.

Vogliamo trovarci ancora una volta impreparati?

Il panorama non si limita all’Italia. Siamo in un mondo globalizzato. Abbiamo una moneta che condividiamo con altre nazioni, i mercati finanziari sono senza confini nazionali, il commercio di merci e di esseri umani ( che assomiglia sempre più alla tratta ) attraversano l’insieme del pianeta. Alcuni di questi personaggi sono inseriti in circuiti di concertazione internazionali. Non credo che Draghi andasse a Davos perché gli piaceva la montagna o Monti andasse alle riunioni del Bilderberg perché aveva un’amante segreta o altri agli incontri della Trilaterale perché c’era un ristorantino dove cucinano bene il pesce… (e queste sono solo alcune delle sedi di cui si è al corrente). Non dimentichiamo il ruolo delle grandi banche americane. Hanno lavorato per Goldman Sachs Draghi, Monti, anche il nuovo presidente del consiglio greco Papademos, una fotocopia di Monti.

Quello che dovrebbe fare più riflettere è il successo professionale che hanno avuto anche molti dirigenti della Lehman Brothers, fallita due anni fa. Il vice presidente di allora è amministratore delegato di Nomura (la più grande banca d’affari giapponese) e recentemente l’ex presidente della filiale spagnola e portoghese di Lehman Brothers, Luis de Guindos, e' stato nominato nuovo ministro dell'Economia del governo spagnolo. Un caso?

Ci spingono a pensare che la grande finanza si comporti come si amministra una famiglia; in realtà le dinamiche sono molto diverse come è molto diverso quello che vogliono farci credere da quello che sta accadendo in realtà. In conclusione: non c’è alcun complotto e non siamo “complottisti”: semplicemente alcuni portatori di interessi ( che sono i loro, non i nostri, non quelli degli europei né quelli del pianeta ), che dispongono di mezzi, capacità politica, intuizione strategica, adeguate alleanze, sono entrati in gioco in prima persona per pilotare un percorso politico coerente con la tutela dei loro interessi. Tutto il resto è paccottiglia giornalistica prezzolata.

Una seconda visita è necessaria: la biografia politica più completa che ho trovato dei “tecnici” che fanno parte del ministero Monti: (http://www.pmli.it/biografieministrimonti.htm). L’atmosfera del sito, lo ammetto, è un po’ folkloristica e datata, ma il lavoro è serio. La raccomando, almeno un paio di pagine… Ne emergono, per la maggior parte personaggi ( i neoministri ) che hanno già avuto a che fare non solo con le istituzioni, ma anche con la politica vera e propria. È esattamente l’espressione istituzionale di quell’oligopolio di cui si parlava prima.

In quanti sanno che il ministro Catricalà è stato per anni il braccio destro di Letta, è stato capo di gabinetto di Andreotti, Dini e Prodi, lui l’inventore dell’espediente che non mandò Rete4 sul satellite?

Che la Cancellieri, all’epoca prefetto a Genova diede scalpore sostenendo che da loro la mafia non esisteva, prima di andare a gestire, tragicamente, l’emergenza rifiuti in Sicilia ?

Che il ministro Di Paola, all’epoca capo della Difesa ( prima con Berlusca poi con Prodi ) è quello che nel 2002 firmò il primo memorandum d’intesa per gli F-35?

Che la Di Benedetto, in quota UDC (avvocato, oggi Ministro della Giustizia ) ha difeso nei processi i più indifendibili ( Acampora di Fininvest, Caltagirone su Enimont, Caliendo sull’affaire P3 e , leggeteveli, tantissimi altri )?

Che la Fornero era consigliere comunale (Alleanza per Torino, per Castellani, il gestore del capolavoro olimpico piemontese ) e che da sempre in quanto “esperta” di pensioni, ha teorizzato la fascia flessibile 63-70 anni, spiegandola anche al marito, Mario Deaglio, economista nonché editorialista de La Stampa ?

Che Profumo, ex rettore del Poli di Torino sta anche nei consigli di amministrazione di quasi una decina di società private ( da Telecom a Fidia, a Pirelli etc.. ) ?

Forse il più noto è Clini, neoministro dell’Ambiente, laureato in Medicina e Chirurgia , per 20 anni Direttore inamovibile del Ministero dell’Ambiente, dal quale ha ininterrottamente esaltato le scelte strategiche di nucleare, inceneritori e ogm. Se avete la vocazione al martirio leggetevi tutto il resto di questo governo di “buoni” nell’allegato...

Nel sentire comune con “politica” si dovrebbe intendere il confrontarsi su valori e prospettive che sostengono gli assetti della società, le condizioni del comune benessere, gli equilibri della convivenza civile e del pianeta. La “democrazia” poi dovrebbe garantire, attraverso regole condivise, la partecipazione ed il consenso. Tutti noi viviamo (almeno fino ad un po’ di tempo fa vivevamo) i riti della politica come qualcosa che dovrebbe essere neutrale, oggettivo, quasi sacro. Siamo orgogliosi quando si vince, accettiamo le sconfitte, sapendo che un’altra volta andrà diversamente.

Ma nelle moderne società industriali e nella specificità italiana poi, c’è un’altra categoria di persone: né di destra né di sinistra ma che definirei “i governativi”. Mi spiego: interi gruppi sociali basano la loro stabilità nell’essere governativi. Faccio un esempio: la malavita organizzata non è né di destra né di sinistra. Quando partecipa alle elezioni è per partecipare direttamente o indirettamente al potere delle istituzioni di cui ha necessità per consolidare se stessa, le proprie dinamiche, il proprio futuro. Se ci sono le liste bloccate si preoccupa di bloccare i suoi, se si tornasse alle preferenze organizzerà le preferenze per i suoi ( lo ha fatto per 40 anni, ma gli italiani se lo sono dimenticato.. ).

L’interazione con lo stato è un elemento necessario e decisivo di percorsi imprenditoriali, associativi, lavorativi, di gruppi o di individui. Mi riferisco al vecchio “Francia o Spagna, basta che se magna”. Non importano i valori, la sacralità delle istituzioni, le prospettive del benessere comune. Ancora di più in periodi di crisi.

La nostalgia del “grande centro” non è altro che questo. La breve, e devastante, stagione della commedia del bipolarismo all’italiana sta finendo. Il governo Monti sta ponendo le basi di una nuova versione del grande centro che potremmo chiamare “chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori”, (concetto subito afferrato dai nostri Bersani e Alfano, c’entra abbastanza poco con Casini ), oppure: “il grande centro che governa e le periferie che subiscono”. Questa è un’ipotesi di lavoro da tenere presente quando si analizzerà l’evoluzione del palcoscenico della politica o le formule che si concorderanno per modificare la legge elettorale, che è il vero problema al centro della politica italiana dei prossimi 12 mesi. Il nucleo promotore dell’operazione politica che ha sbaraccato Berlusconi ha una base ristretta, per quanto intrinsecamente potente, ma ha bisogno di allargarsi e consolidarsi aggregando tutto quel mondo la cui prosperità dipende dalla partecipazione al potere statale, a qualunque costo. Quello che stupisce è il silenzio attonito della maggioranza degli italiani di fronte a questo completo cambiamento di prospettive da cui non c’è da aspettarsi nulla di buono.

In questa fase di passaggio se una forte iniziativa potesse rendere cooperanti tutti quei segmenti di società che chiedono e praticano (nel loro specifico o locale) un ritorno a valori realmente democratici nei rapporti sociali, in quelli economici, nella gestione dello stato, sarebbe possibile arrivare alla scadenza elettorale del 2013 in una situazione che nessuno si aspetterebbe ( che loro in particolare non si aspetterebbero). Un progetto inclusivo potrebbe convincere se non la maggioranza degli elettori per lo meno una grande minoranza, tanto grande da essere determinante nelle scelte su cosa sarà l’Italia del dopo Berlusconi. Se invece di organizzare forum, partitini e congressini , rifondare sinistre affondate, scrivere libri o statuti-non statuti, alimentare il proprio più o meno modesto io mediatico, inventare reti civiche o ecologiste insignificanti, qualcuno se ne facesse carico, farebbe la differenza.

Concludo facendo notare che i due link che ho sopra invitato a visitare e che aiutano a capire come sta girando il paese, sono uno dell’area di Grillo (Casaleggio) e l’altro dell’area di Rifondazione Comunista, meglio della sinistra che più estrema non si può (Il Bolscevico). Solo per ragioni di spazio non ne citiamo alcuni altri di diversa connotazione politica.. Ma avrebbero potuto essere di un serio militante dell’IDV, di SEL, dei Verdi, addirittura di un piddino anomalo o di qualche civico di solide letture… . Tutto un arcipelago costituito da microstrutture con propri riti, regole e “non regole”, leaderini, ossessioni, fantasmi, convenzioni, anche trasformismi diffusi… E tutti detentori di un brandello di verità che pretendono essere tutta la Verità, incomunicanti, a volte addirittura impermeabili ai movimenti a cui si ispirano , i quali a tratti hanno scosso l’intera società italiana.

La domanda che pongo a tutti i militanti ed ai simpatizzanti di questo stravagante arcipelago è: come si fa a non vedere che l’Italia ha bisogno subito di una “cooperativa dei buoni”, un riferimento politico realista, laico e unico ? Che se si arrivasse ad un polo unico alternativo aggregato e amalgamato sull’ idea del rinnovamento, della conversione ecologica, del recupero della democrazia sostanziale, ci sono tutte le condizioni perché si sprigionino le energie, le competenze, le personalità necessarie a creare una situazione completamente nuova nel 2013 ? Come si fa a non vedere che, neanche tentando un tavolo di confronto, se si condanna ad una permanente frammentata irrilevanza l’espressione politica di un terzo dell’elettorato, la storia dei prossimi 15-20 anni è già scritta, come accadde quando il Cavaliere scese i campo venti anni fa?

* del Gruppo delle Cinque Terre (Lombardia)

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