19 ottobre 2011

La lezione del piccolo Molise


Nelle ultime 24 ore sui risultati elettorali del Molise si è detto e scritto di tutto, con la solita scarsa attenzione ai numeri, difficili da interpretare dalla lettura dei giornali. L’anomalia di due candidati pressocchè uguali e provenienti dallo stessa area ( quella di Forza Italia - PDL ) e lo stravagante sistema elettorale, un maggioritario imperfetto camuffato da proporzionale e che, con il voto disgiunto, è una istigazione al clientelismo e alla stupidità, raccontano come il sistema dei partiti sia caduto in basso e quanto un cambiamento richieda percorsi e soggetti che però oggi stentano ad emergere.

Il 46% dei 352.915 elettori molisani (di cui 68.756 f uggiti all’estero) non ha votato nessuno dei 4 candidati Presidenti: Iorio per il Centrodestra, Frattura, ( fino a ieri del PDL ) per il Centrosinistra, Federico per il Movimento 5Stelle e Mancini per la Destra. Addirittura il 49% non ha votato nessuno dei 16 partiti presenti ( di cui 7 e 7 nelle due coalizioni principali ). Questo dato sarebbe forse già sufficiente per indicare il distacco, di quasi un elettore su due, da coalizioni che non danno evidentemente sufficiente fiducia in una regione che di recente è stata dichiarata sull’orlo del fallimento. E per prendere con prudenza la lettura dei risultati.

Il candidato del Centrodestra, al terzo mandato (illegalmente) e con vari procedimenti giudiziari in corso, ha tolto dal simbolo il nome Berlusconi, ha evitato di invitarlo durante la campagna elettorale, ha stretto ancora più legami e alleanze nella sua coalizione con l’area cosiddetta “di centro” di Casini, con i Rutelliani entrati nel partitino di Pionati (Alleanza di Centro ) e con parte dei Finiani ( che si sono distribuiti in entrambe le coalizioni ). Iorio ha preso 89.142 voti, molti meno dei 112.142 del 2006. In realtà è il PDL che è clamorosamente tracollato dai 57.698 voti del 2006 (FI+AN) ai 33.911 di adesso, ma Iorio ha recuperato voti dagli altri partiti ma soprattutto dalla debacle del Centrosinistra. Ha vinto con soli 1505 voti di scarto su Frattura.

Il candidato del Movimento 5Stelle ( con la lista di candidati presente solo nel collegio di Campobasso e non in quello di Isernia ) ha preso ben 10.650 voti (5,6% regionale) ma non è stato eletto perché la lista M5S, a causa della possibilità del voto disgiunto, ha preso molto meno: 4.083 voti (2,15%), al di sotto del 3% richiesto come quorum alle liste non coalizzate ( il cui candidato Presidente deve comunque stare al di sopra del 5%).

La sconfitta del Centrosinistra è ben maggiore di quanto appare. Le 7 liste della coalizione di Frattura sommate insieme hanno preso 72.803 voti (40,49 % ) nettamente sotto i 93966 voti del 2006 e molto distaccate dai 101.361 voti delle 7 liste del Centrodestra che avendo raggiunto ben il 56,37% ( 16 punti in più ) hanno addirittura eletto direttamente 15 consiglieri usufruendo solo in parte ( 3 seggi invece di 6 ) del “premio “ di coalizione del listino, che garantisce il 60% dei seggi alla coalizione vincente. Il tracollo del Centrosinistra è in realtà provocato dal tracollo del PD ( l’inventore geniale della “ operazione Frattura” ) che è passato dai 46.577 voti del 2006 ai 17.735 di adesso perdendo in 5 anni 68 elettori ogni 100. Voti che solo in piccola parte sono andati ad altre “sinistre” della coalizione e sono invece migrati nei centristi della coalizione opposta. (SeL è rimasta molto al di sotto del previsto, come in altre occasioni dimezzando le previsioni dei sondaggisti )

Ci si potrebbe fermare qui con due considerazioni, peraltro già espresse in altre occasioni:

1) PDL e PD sono due partiti in declino che negli ultimi anni, se si confrontano dati omogenei, perdono progressivamente peso; come in generale sono in declino i sistemi elettorali italiani che tendono a favorire un bipolarismo che, per quanto imposto, viene di fatto respinto. Il declino non è facile da percepire nella sua dimensione, non solo per l’ informazione distorta dei media che fanno riferimento alle due aree politiche, ma anche a causa dei meccanismi elettorali che hanno aspetti demenziali, vergognosamente antidemocratici, e sono per i più incomprensibili nella loro astrusità e nelle loro conseguenze.

Nel piccolo teatrino molisano Franceschini accusa Grillo di fare il gioco del centro destra, mentre in realtà è il PD che ha compiuto un vero capolavoro: ha aperto il varco (con le primarie) ad un candidato fino a ieri assessore del suo rivale, ha perso voti in tutte le direzioni ma soprattutto li ha persi verso il centro (destra) rendendo sempre più simili i due schieramenti, che appaiono inadeguati ad un numero crescente di cittadini che o si rivolgono ad altre opzioni (ad esempio Grillo) o si astengono.

Con qualche segnale evidente, che viene dalle vittorie elettorali di Napoli e Milano, come dai successi (incompiuti) di Grillo, che si stanno facendo largo altri protagonisti e che forse la fase del bipolarismo è finita, che i suoi due principali attori sono in difficoltà, che anzi sono i principali responsabili del mancato cambiamento che il paese chiede. Una valutazione che non ha nulla di radicale, tant’è che si sta diffondendo gradualmente in settori inaspettati della società ( dagli indignati all’italiana, a settori crescenti della Chiesa cattolica, da giornalisti e commentatori, fino a esponenti del mondo economico e finanziario).

2) Al momento il Movimento di Grillo sembra essere quello che più di altri raccoglie una parte della radicalità crescente e della ostilità nei confronti del vecchio sistema di partiti, delle sue regole, dei suoi soggetti economici e gruppi di potere che paralizzano l’Italia e la lasciano in questo suo eterno Medioevo.

Al contrario di quanto dice Franceschini a Grillo si può rimproverare di scalzare troppo poco il vecchio sistema politico, di non precisare una formula organizzativa meno improvvisata del non-partito, non-statuto, non-organizzazione, non-soldi, non-strutture, non-alleanze. Mentre quanto emerge progressivamente in termini di proposte concrete dai diversi gruppi locali, con una forte connotazione ecologista e anticasta, è sicuramente più interessante e condivisibile.

Vale la pena interessarsi di un piccolo episodio elettorale come quello del Molise.

Perché la sua evoluzione e la sua conclusione, se non si smuove qualcosa nel profondo, potrebbero essere esattamente, in molti aspetti, un anteprima di quanto può avvenire alla prossima scadenza elettorale nazionale.

(mm)

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