4 ottobre 2019

«L’Italia è contro la sugar-tax perché non ci sono nutrizionisti indipendenti dalle industrie»


Intervista. Antonio Pratesi, direttore de Il fatto alimentare: «La proposta del ministro è virtuosa. Ma i partiti hanno delle fondazioni che ricevono soldi anche da industrie alimentari»



Antonio Pratesi, medico nutrizionista e divulgatore scientifico de ilfattoalimentare.it non usa giri di parole. «Perché l’Italia è ostile alla sugar-tax? Forse perché mancano dei nutrizionisti autorevoli e indipendenti dall’industria alimentare che abbiano una visione ad ampio respiro del problema obesità».
La nostra industria alimentare e delle bevande, con il 25,9% degli investimenti pubblicitari italiani, è in grado di condizionare pesantemente le scelte editoriali e persino politiche. In cima agli inserzionisti compaiono sempre Ferrero, Barilla, Nestlé, Mondelez, Danone, Perfetti, Bauli, Coca Cola, le aziende che ci servono gran parte dei prodotti da colazione, bevande zuccherate e merendine. «Abbiamo grandi accademici che studiano l’obesità dal punto di vista biomedico (metabolismo-diagnosi-terapia) ma che non conoscono la dietetica e non conoscono la medicina preventiva. D’altronde noi medici all’università studiamo poco la nutrizione e nulla di marketing e tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica. E abbiamo poca percezione di come le sponsorizzazioni di congressi, gettoni di presenza o rimborsi per consulenze, possano condizionare il nostro operato».

Ci sono dei conflitti di interesse?
In Italia nel campo della nutrizione il conflitto di interessi è tabù. Nel mondo medico-dietetico non c’è la consapevolezza che, oltre alle industrie farmaceutiche, anche e soprattutto le industrie alimentari possono condizionare la ricerca. I nutrizionisti alla TV non dichiarano mai se hanno conflitti di interesse.

Lei dichiara di non avere conflitti di interessi?
Sì, lo dichiaro.

C’è stato forse un difetto di comunicazione nella proposta avanzata dal ministero Fioramonti?
Probabilmente era meglio non parlare di merendine ma solo di tassa sulle bevande zuccherate. La giusta proposta del ministro dell’Istruzione di tassare merendine, bevande zuccherate e voli aerei è stata banalizzata e ridicolizzata come «tassa sulle merendine» dalla stampa e da parte di alcuni esponenti politici. L’iniziativa seria e virtuosa che il Fatto Alimentare sta portando avanti da tempo è invece la proposta di una tassa sulle bevande zuccherate in linea con le indicazioni date dalle autorità scientifiche più autorevoli a livello mondiale: la World Obesity, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e la World Cancer Reseach Found. Come al solito il messaggio è stato buttato in caciara a beneficio dell’industria alimentare e a danno del cittadino. L’opinione pubblica percepisce la tassa come un balzello per fare cassa e non come un intervento per migliorare la sua salute, perché di questo si tratta!

Perché i nostri Larn (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) non fanno una distinzione netta tra zuccheri aggiunti e zuccheri naturalmente presenti nella frutta, come raccomandato da Oms?
In effetti è una cosa strana e singolare: in Italia lo zucchero bianco della Coca Cola o della Nutella è considerato uguale a quello contenuto in frutta e verdura. Ma gli zuccheri naturali negli alimenti sono all’interno delle cellule e accompagnati da fibra alimentare, vitamine, sali minerali e migliaia di altre sostanze protettive (bioflavonoidi …). Dal punto di vista chimico non è sbagliato ma dal punto di vista nutrizionale è una impostazione che collide con le indicazioni dell’OMS e di moltissimi altri paesi al mondo (USA, GB, paesi nordici).

Pensa che in Italia possa funzionare? Con quali altre azioni complementari?
Le massime autorità scientifiche mondiali suggeriscono di introdurre la sugar tax perché la tassazione ad esempio di alcol e fumo è l’unico modo che sino ad ora si è dimostrato efficace per ridurre il consumo di sostanze dannose per la salute. L’educazione alimentare va perseguita in ogni caso, ma sappiamo già che non funziona. La sanità pubblica, in termini educativi, non può competere con i miliardi in pubblicità delle multinazionali alimentari. La tassazione invece funziona nel ridurre il consumo di bevande zuccherate. E’ necessario mettere il cittadino nella condizione di fare scelte salutari incentivando il consumo di alimenti naturali poco elaborati dall’industria e contrastando il consumo di alimenti spazzatura (le bevande zuccherate). Per il tabacco la legge vieta la pubblicità ed ha imposto scritte e foto sui pacchetti delle sigarette per informare/dissuadere il consumatore. Personalmente credo che la pubblicità di alimenti insalubri, soprattutto se rivolta ai minori, non sia etica. Inoltre in Italia l’industria non vuole informare adeguatamente il consumatore adottando il NutriScore, un modello di etichettatura degli alimenti che si sta diffondendo in tutto il mondo per la sua semplicità e chiarezza.

Lo zucchero ridotto viene sostituito da edulcoranti e, nei prodotti da forno, con polioli. Da un punto di vista medico-nutrizionale cosa ne pensa?
Gli edulcoranti non hanno dimostrato alcun vantaggio sul peso corporeo rispetto agli zuccheri aggiunti. I polioli hanno il vantaggio di non essere cariogeni e di avere meno calorie ma la strada giusta è quella di abituare il palato nostro e dei nostri bambini a sapori meno dolci. Bastano poche settimane per abituarci ad alimenti senza zucchero o con minori zuccheri aggiunti.
Per limitare l’assunzione di zucchero (o di grassi), non basterebbe regolare o limitare per legge il contenuto degli zuccheri aggiunti (o grassi)?
In teoria sì, in pratica no. I partiti hanno delle fondazioni che ricevono soldi anche da industrie o multinazionali alimentari. Queste sponsorizzazioni sono la garanzia per bloccare qualunque legge o tassazione. In alcuni stati Americani sono stati i cittadini che hanno votato a favore dell’introduzione della sugar tax. Difficilmente le autorità avrebbero avuto la forza per introdurla.

L’industria alimentare si oppone alla tassazione e propone una sorta di auto-regolamentazione. Pensa che possiamo aspettarci qualcosa di buono?
I codici di autoregolamentazione sono una barzelletta. Non mi risulta abbiano mai funzionato. Quale azienda si autoregolamenta per vendere meno i suoi prodotti? Per guadagnare meno? È lo Stato che deve intervenire supportato dalla consulenza di esperti in nutrizione e medicina preventiva indipendenti dall’industria alimentare.

* da il manifesto 3 ottobre 2019

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