7 dicembre 2018

No TAV: contro le ambiguità della politica e del sindacato





Vedo in giro a sinistra un po’ di gioia eccessiva nel registrare la crisi dei 5Stelle e le disavventure di Di Maio. Tanto più quando non è alle viste nessuna alternativa credibile in grado di raccogliere lo scontento e l’indignazione che fu alla base del successo dei 5Stelle.

La crisi è gravissima non solo per l’inadeguatezza dei ministri e la timidezza verso i diktat di Salvini, ma perché la logica del patto di governo e le modalità in cui si attua stanno mettendo in discussione le ragioni di fondo per cui migliaia di donne e di uomini decisero di impegnarsi coi 5Stelle e di dar loro fiducia. Essi, infatti, vedono ora messi in discussione, in attesa del reddito di cittadinanza che verrà quando verrà, tre presupposti fondamentali della loro identità: la democrazia partecipata, la lotta senza quartiere alla casta, l’ambientalismo. Di quest’ultimo mi interessa parlare qui.


L’ambiente è stato la più fulgida delle stelle del Movimento di Grillo.

Molti degli attuali parlamentari sono arrivati lì dopo esperienze di difesa e di tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico del Paese. Contro le grandi opere e la cementificazione del territorio. La maggior parte dei militanti continua ad avere nell’impegno ambientale la propria ragione fondamentale a fare politica. E ora che il riscaldamento climatico comincia a far sentire i suoi effetti devastanti, acuiti dall’incuria decennale della manutenzione del territorio, si sentono più che mai confermati in questa missione politica.


Ebbene, Salvini e la Lega sono una componente importante del partito dei cementificatori. Quelli che di fronte ai disastri del Veneto accusano “gli ambientalisti da salotto” per non fare i conti con chi nel Nord Est ha fatto politica e ha fatto i soldi sulla base di un modello di sviluppo che ha ricoperto di fabbriche, di case, di strade il territorio in maniera superiore a qualsiasi altra regione d’Europa. Quel modello di sviluppo che mangiava la terra lo hanno denunciato già decenni fa grandi scrittori come Rigoni Stern e Zanzotto, le coscienze critiche più alte di quelle terre. Ma quei distruttori di terra e di paesaggio sono oggi la base elettorale della Lega. Il sovranismo feroce, la ricerca del consenso immediato al primo posto tengono insieme il disprezzo dei diritti dei diversi con il sacrificio del futuro. Trump insegna. La logica che porta a chiudere le porte ai migranti è la stessa che toglie ogni limite all’uso delle energie fossili per accelerare la crescita.


Nel contratto di governo c’è una parte importante dedicata all’economia circolare per ridurre al minimo l’impatto dell’attività umana sugli equilibri naturali. Che richiede un nuovo modo di fare i prodotti, privilegiando la lunga durata al rapido cambiare dei modelli, progettandoli a partire dal possibile riuso delle loro componenti, riducendo il percorso delle merci per tendere sempre di più verso un modello di produzione e di scambio a chilometro zero, per produrre energia sempre più a scala del territorio.

Questa logica e questa visione del futuro – più ancora che il rapporto fra costi e benefici – dovrebbero orientare le scelte sul TAP, sul TAV e sulle ennesime pedemontane venete. Siamo a due passi dall’abisso, e TAP e TAV ci fanno fare due passi avanti rispetto al precipizio, confermando la logica che ci ha portati a questa situazione insostenibile. Purtroppo questa proiezione verso il futuro, che (insieme al reddito di cittadinanza) è la parte più 5Stelle del contratto di governo, è a oggi marginale nel dibattito politico e nell’azione del governo. È questa la contraddizione fondamentale del Governo gialloverde.

Parallelamente su queste questioni il PD sembra più vicino alla Lega che ai 5Stelle, la sinistra “alternativa” è divisa e marginale, i Verdi italiani stentano e dare segni di vita. Rischia, dunque, di non trovare una sponda politica quello che il successo dei Verdi nelle recenti elezioni in Baviera e Assia ha rivelato: il fatto che una parte consistente del popolo “indignato” contro la politica dei grandi partiti storici comincia a declinare la richiesta di sicurezza in termini ambientali invece che polizieschi. Il riscaldamento climatico comincia finalmente a far paura più delle migrazioni.

Ci stanno provando i movimenti che attraversano il Paese a tenere insieme democrazia partecipata, ambiente, lotta contro le logiche securitarie e il familismo patriarcale ritornante. Le donne in prima fila. E gli studenti. La manifestazione No TAV dell’8 dicembre a Torino può essere un momento decisivo per sciogliere tra il popolo e con il popolo le contraddizioni in cui si stanno logorando i 5Stelle.


Il PD ha manifestato a Torino per il sì al TAV con la Lega, Forza Italia e Confindustria e, in nome dell’occupazione, ha trovato al suo fianco anche una parte consistente del sindacato.

Eppure il sindacato, soprattutto la CGIL, ha fatto in questi anni grandi passi in avanti per tenere insieme la battaglia per l’occupazione e il piano di risanamento ambientale del Paese. Nel piano del lavoro della CGIL la priorità sono le opere per la riconversione ecologica dell’economia e interventi puntuali per risanare e mettere in sicurezza il territorio. Nella convinzione che lì può essere la buona occupazione del futuro, quella che dura anche perché è ambientalmente sostenibile. Non certo le grandi opere che distruggono territorio sulla base di un’idea di crescita che rischia di rendere irreversibile il disastro ambientale.


La cosa per me più inquietante del recente passato è la foto in cui Trump firma l’atto di riapertura delle miniere di carbone e la soppressione di limiti stabiliti da Obama alla produzione di energia da carbone, in mezzo a un gruppo soddisfatto di lavoratori col casco da minatori. Da quel giorno ho un incubo ricorrente: vedere Salvini, libero da quei rompi palle dilettanti dei 5Stelle, a capo di un governo di destra senza se e senza ma, dare il via definitivo al TAV fra lavoratori plaudenti.

Spero che l’8 dicembre una imponente manifestazione No TAV mi liberi dall’incubo.


* da www.volerelaluna.it -  6 dicembre 2018

Nessun commento:

Posta un commento