La
combustione di legno nelle centrali elettriche rappresenta una significativa
minaccia alla riduzione delle emissioni di fas serra. E’ quanto emerge da un
recente studio scientifico, pubblicato su Environmental Research Letters,
secondo cui anche nello scenario più ottimista, in cui solo gli scarti legnosi
vengono bruciati come combustibile - cosa che attualmente non accade - le
biomasse contribuiscono invece ad aumentare l’effetto serra.
Lo studio
"Not Neutral Carbon: Valutazione dell'impatto netto delle emissioni di
residui bruciati per la bioenergia", firmato da Mary S. Booth, valuta le
emissioni nette di CO2 dalla combustione delle cime degli alberi e dei
rami abbandonati durante le operazioni forestali. La combustione di questi
“residui” è considerata neutrale, in quanto questi materiali si decomporrebbero
comunque, se lasciati in foresta. Ebbene, lo studio di Mary S. Booth sfata
questa leggenda, dimostrando che anche quando le centrali elettriche
bruciano autentici residui di legno ed escludono alberi interi tagliati
appositamente per fabbricare pellet, le emissioni nette sono ancora
significative. Lo studio si concentra sullo scenario più ottimista, ma in
realtà interi alberi - e intere foreste - sono abbattuti per la produzione dei
pellet, arrivando a sradicare perfino i ceppi degli alberi abbattuti (con
evidenti danni alla tenuta del suolo).
Lo studio
esamina gli impatti netti delle emissioni di CO2 dalle biomasse bruciate nelle
centrali elettriche statunitensi e i pellet a base di legno che vengono
bruciati per sostituire il carbone nella gigantesca centrale elettrica
Drax del Regno Unito e in altre centrali elettriche europee. Assieme, queste
strutture consumano decine di milioni di tonnellate di legname all'anno.
Lo studio specifica che i pellet in legno provengono spesso da alberi interi, e
non da residui forestali, ma si limita a valutare le emissioni di carbonio
assumendo che i pellet siano derivati dai residui. Infatti l'industria
della biomassa spesso afferma che i residui sono una materia prima principale
di pellet. Ma nel caso delle centrali britanniche (e anche di quelle italiane)
i pellet vengono ad esempio importati dalle foreste palustri del sud-est degli
Stati Uniti, che vengono abbattute e trasformate in piantagioni da
pellet.
Lo studio si
scopre che anche supponendo che i materiali bruciati siano veri residui,
fino al 95% della CO2 cumulativa emessa rappresenta un'aggiunta netta
all'atmosfera per decenni. "Per evitare un pericoloso riscaldamento
climatico è necessario ridurre immediatamente le emissioni di CO2 nel settore
energetico”, spiega Mary Booth, autrice dello studio. “Questa analisi
mostra che le centrali elettriche che bruciano chip e pellet derivati dai
residui sono una fonte netta di inquinamento da carbonio per i prossimi decenni
proprio ora che è più urgente ridurre le emissioni". "Le centrali
elettriche Drax e altre centrali a legna emettono più o meno CO2 per
megawattora di quando bruciano carbone, ma dato che le biomasse sono
considerate “neutrali” gli incentivi re rendono più competitive. Il documento
include dettagli sul metodo impiegato per misurare le emissioni di CO2 prodotte
dalle centrali a biomassa in modo che possano essere contaeggiate nell'ambito
dei programmi di finanziamento del carbonio e nell’erogazione dei sussidi
per le energie rinnovabili.
Nel 2015, il Regno Unito ha investito 809 milioni di sterline (circa 1,2 miliardi di dollari) in sussidi per le energie rinnovabili alle biomasse, un settore economico che cresce molto più del solare e dell’eolico.Lo studio mostra che l'aumento della bioenergia a livelli previsti porterebbe all’emissione di circa 9 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno.
Come altri recenti studi sulla bioenergia, lo studio di Booth rileva che la combustione di legna per l'energia non è compatibile con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi per ridurre l'inquinamento di carbonio nei prossimi decenni, e dimostra anche che le emissioni nette di CO2 sono grandi anche nel migliore scenario di biomasse in cui la biomassa proviene da residui, piuttosto che da alberi interi.
Il documento
è accompagnato da un breve video astratto che illustra i suoi principali
risultati ed è disponibile presso l’indirizzo http://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/aaac88.
da www.salvaleforeste.it - 23 Febbraio 2018
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