2 settembre 2017

Harvey: dopo il Texas, un disastro climatico può arrivare anche in Italia?



di Ugo Bardi *

Passato il momento peggiore, a Houston si fa il conto dei danni. Si parla di circa 160 miliardi di dollari, senza contare i morti e i feriti, e ci si interroga sulle cause. Sul ruolo del cambiamento climatico, non sembra che ci siano dubbi. Non possiamo dire che l’uragano sia stato causato dal riscaldamento globale, ma il riscaldamento ne ha aumentato l’intensità. In tutta la storia degli Stati Uniti, non si ricorda un episodio di pioggia tanto intenso nella zona colpita da Harvey.
Ovviamente, c’è chi nega che Harvey abbia qualcosa a che vedere con il cambiamento climatico, e chi cerca di sviare il discorso dicendo, più o meno, “ora pensiamo ad aiutare le vittime, poi parleremo di cambiamento climatico.” Ma, questa volta, l’uragano ha stimolato un dibattito sul clima, cosa che altri disastri climatici non avevano fatto fino ad oggi. In effetti, negli Stati Uniti, i sondaggi indicano come la consapevolezza della minaccia climatica si stia facendo strada con forza nell’opinione pubblica, a parte uno “zoccolo duro” di Repubblicani che continuano a credere che tutta la storia sia un complotto per instaurare il comunismo a livello mondiale. E questa era la situazione qualche mese fa; dopo Harvey vedremo sicuramente rinforzarsi l’opinione che il cambiamento climatico è reale ed è un problema da affrontare.

Va anche detto che gli scienziati del clima fanno il loro mestiere, ma il problema con Harvey non è soltanto quello climatico. Ha a che vedere con le trasformazioni create dall’urbanizzazione. La città di Houston non ha fatto niente di diverso da quello che si fa in Italia un po’ dappertutto: tagliare alberi, fare sparire il verde, cementificare, costruire, intubare i corsi d’acqua, tutte queste cose. Così, di fronte al grande acquazzone che è stato Harvey, l’acqua si è accumulata creando il disastro. In Italia, stiamo disperatamente aspettando un po’ di pioggia dopo un’estate terribilmente siccitosa. Speriamo bene: non è che da noi arrivano i cicloni tropicali, ma quelle che chiamiamo a volte “bombe d’acqua” possono creare lo stesso tipo di disastri per via della cementificazione, impermeabilizzazione, eccetera.

In sostanza, come ha giustamente argomentato Richard Heinberg, il cambiamento climatico è soltanto uno dei sintomi del fatto che gli esseri umani non si rendono conto della loro dipendenza dall’ecosistema terrestre. Si parla di “servizi ecosistemici”; ma l’ecosistema non è un servizio, è quella cosa che ci permette di vivere. Se ignoriamo questo fatto e continuiamo a pensare che sia necessario bruciare, spianare, cementificare, e costruire, tutto in nome della crescita economica, finiremo per doverne pagare il prezzo. E lo stiamo già pagando.

* da ilfattoquotidiano.it , 31 agosto 2017

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