22 maggio 2017

La sinistra alla prova finale: il bivio dei socialisti, che non potranno mai essere come prima



Dalla Spagna all'Italia, passando per Francia e Germania, un intero ideale politico è giunto alla prova di sopravvivenza. Tra risposte da dare al populismo e necessità di dialogare con il centro, ad eccezione della Spd i partiti europei di sinistra sono a un punto di non ritorno

di Maurizio Ricci *

La produttività ristagna, i salari pure. Crescono invece i profitti, l'ineguaglianza aumenta, il lavoro non si trova e, dove si trova, è sempre di più part time. Non solo saggi e ricerche di economisti autorevoli, ma anche le analisi di istituzioni ufficiali - nel giro di un mese sia il Fmi che l'Ocse - ripetono ormai con insistenza che, negli ultimi decenni, il mondo ha conosciuto una svolta che ha rovesciato i rapporti di forza all'interno della società. Sembrano le condizioni ideali per una poderosa spinta a sinistra della politica. Invece, è vero il contrario. La sinistra che ha dominato la seconda parte del secolo scorso si è come spappolata. Le fasce sociali a cui faceva riferimento sono trasmigrate a destra o nei movimenti populisti, il radicamento sociale delle sue grandi organizzazioni si è dissolto. La crisi del 2008 della finanza selvaggia doveva affondare la destra liberista, ha svuotato invece la sinistra. L'analisi non è nuova. Ma, nel giro di poche settimane e mesi, affronta la sua verifica finale. Le prove elettorali appena trascorse - in Austria, in Olanda, in Francia - hanno detto che il populismo non è inarrestabile. Le prossime dovranno dire se, per la sinistra come l'abbiamo conosciuta, c'è ancora spazio o no.

Si comincia già questa domenica in Spagna, dove il partito socialista - il Psoe - deve scegliere il suo prossimo leader. Da una parte, l'ala istituzionale, incarnata nel bastione andaluso e nella leadership di Susana Diaz, dove il Psoe governa amministrazioni, corporazioni e clientele, pronto a dialogare, in termini di potere, con i popolari di Rajoy. Dall'altra, l'ex segretario, Pedro Sanchez, più vicino ai nuovi ceti urbani, ma anche ai movimenti di opposizione radicale, come Podemos. Per i socialisti spagnoli un bivio netto fra consolidarsi e ripensarsi.

A ridosso, arrivano le elezioni parlamentari francesi. Devono dire se il fenomeno Macron, con il suo rimescolamento di destra, centro e sinistra, è in grado non solo di conquistare l'Eliseo, ma anche il Parlamento. Devono, però, anche dire se lo storico partito socialista, uscito schiantato dalle presidenziali, è ancora un organismo vitale, capace di mobilitare coscienze e militanti e di immaginare un percorso politico diverso dal nuovismo di Macron e dal radicalismo di Mélenchon. Non solo i socialisti francesi rischiano di scomparire, anche i laburisti britannici sono sull'orlo di una crisi esistenziale. I tories di Theresa May stanno apertamente corteggiando l'elettorato del Labour e il manifesto programmatico lanciato da Jeremy Corbyn è il tentativo di fermare l'emorragia, con la riproposizione delle ricette tradizionali di tasse e spese sociali, che cancella 15 anni di "terza via" alla Blair. Una sorta di scommessa "o la va o la spacca", il cui esito segnerà in modo indelebile il futuro del Labour.

Dopo questa doppia prova di giugno, a settembre toccherà alla Germania. Per la Spd di Martin Schulz, non sembra che le elezioni segnino un punto di non ritorno, come in Francia e in Gran Bretagna. Nell'ipotesi peggiore illustrata dai sondaggi, i socialdemocratici usciranno con una forza non molto diversa da quella attuale. Il problema è che una nuova vittoria che riconsegni il paese a Angela Merkel, allungando a sedici anni la sua ininterrotta gestione del governo, sancirebbe che la Spd si è definitivamente infilata in un vicolo cieco, che la condanna ad un eterno ruolo di partner subordinato sempre più sbiadito ed inutile, marginale al confronto fra i grandi interessi sociali ed economici e il potere vero della Cancelliera. Dopo Spagna, Francia, Gran Bretagna e Germania, toccherà all'ultimo grande paese europeo, l'Italia, dove il Pd di Renzi si troverà a scegliere fra la suggestione Macron e quella Prodi. Anche qui, dopo, la sinistra non sarà più la stessa.

* da www.repubblica.it  20 maggio 2017

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