13 gennaio 2017

Il grande banchetto dell’energia elettrica. Un miliardo scaricato sulle bollette delle famiglie



Gennaio in Italia è  mese di “ondate di freddo siberiano”, saldi e aumenti tariffari. Tra i rincari scattati i 1° gennaio, oltre a quelli di autostrade (+5%) e gas (+4,9%), c’è anche quello dell’energia elettrica. Il ritocco all’insù è stato dello 0,9%, per una spesa elettrica annuale (al lordo delle tasse) per la famiglia-tipo nel periodo 1 aprile 2016-31 marzo 2017 pari a 498 euro. L’incremento, ha spiegato l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi), nel primo trimestre 2017, è determinato dall’atteso aumento dei costi di acquisto sul mercato italiano all’ingrosso, sempre più collegato con i mercati elettrici continentali sui quali si sono verificati forti rialzi; una crescita, aggiunge il Regolatore, compensata dal calo dei costi di “dispacciamento”, cioè da quei costi sostenuti dal Gestore della rete, Terna, per il mantenimento in equilibrio del sistema elettrico.

Dispacciamento

A dirla così, il normale essere umano capisce che spendiamo di più per colpa degli “stranieri”, ma che per fortuna risparmiamo grazie al mercato italiano. Ma sarebbe una lettura errata, visto che il mercato energetico del nostro Paese nel 2016 è stato oggetto di una delle più grandi speculazioni finanziarie mai registrate dai tempi della liberalizzazione ne del 1999. E proprio il Mercato del dispacciamento è stato il terreno di battaglia, dove tra aprile e giugno scorso oltre un centinaio tra produttori e trader di energia hanno realizzato guadagni  tra gli 850 milioni e il miliardo di euro (la cifra esatta ancora oggi nessuno è in grado di quantificarla), vale a dire una cifra nettamente superiore rispetto ai mesi precedenti.

Un banchetto noto soprattutto ai tecnici, ma che ha influito direttamente sulle bollette degli italiani.

Il mercato del giorno prima…

Semplificando molto, il mercato dell’energia funziona così: dato che l’energia elettrica non è immagazzinabile, il gestore di rete Terna deve essere sicura che alla domanda di energia del Paese, corrisponda in tempo reale l’approvvigionamento necessario, per evitare blackout.



L’energia viene comprata e venduta nella borsa energetica nel cosiddetto “Mercato del giorno prima”, dove si tenta di prevenire il fabbisogno  dell’indomani, gli operatori fanno le loro offerte e il prezzo finale si crea dall’incontro di domanda e offerta.

Stabilito il quanto costerà quel Kilowattora in quella determinata ora, tutti i pacchetti energetici vengono venduti e acquistati al prezzo di equilibrio. Su questo mercato – particolare importante – per legge si devono accettare prima le offerte economiche più basse provenienti dai produttori di energia rinnovabile, che godono di una corsia preferenziale, come in molti altri paesi europei.

… e quello di riparazione

Ma, la domanda/offerta prevista il giorno prima non può essere mai precisa al kilowattora richiesto o offerto effettivamente in tempo reale (anche perché le rinnovabili sono soggette alle bizze del tempo) e poiché si possono verificare inconvenienti o intasamenti di linea, esiste un secondo mercato, quello dei Servizi di Dispacciamento, che funziona come una sorta di mercato di “riparazione”, al quale Terna, unico acquirente, ricorre per aggiustare le proprie necessità immediate.

Compra dai produttori e trader se ha bisogno di immettere energia, o li paga per non produrre, quando ne ha troppa.

E qui, a differenza del Mercato del giorno prima, produttori e trader possono fissare il prezzo liberamente per tutta una serie di servizi necessari a Terna, forti del fatto che questi ultimi sono necessari per poter mantenere il sistema elettrico in equilibrio e garantire una qualità adeguata della fornitura (es. voltaggio).

Il venditore la fa da padrone

«Il mercato del dispacciamento è diventato sempre più importante. Infatti da un lato quello del Giorno prima è spesso dominato dalle rinnovabili che hanno costi variabili pari a zero e che sono intermittenti e incostanti e quindi hanno spesso bisogno di aggiustamenti successivi. Dall’altro le società che producono energia, non riuscendo a rimanere profittevoli nel mercato del giorno prima, cercano nuove fonti di guadagno nel mercato di dispacciamento, visto che lì con Terna, in alcuni periodi, hanno il coltello dalla parte del manico», spiega Matteo Di Castelnuovo, Direttore del Master in Green Management, Energy and Corporate Social Responsibility (MaGER) all’UniversitàBocconi. Insomma, sul mercato di “riparazione” il venditore la fa da padrone.

Da 40 a 600 euro al Megawattora

E proprio sul mercato del dispacciamento, tra aprile e giugno del 2016 si sono registrati picchi anomali di costi, con prezzi medi di 70 euro/MWh, contro i 40 euro/MWh del Mercato del giorno prima. Ma le punte massime di speculazione hanno toccato anche i 600 Euro/MWh! Solo ad aprile, per capirci, i maggiori costi del dispacciamento hanno superato i 300 milioni.

Come ciò sia stato possibile è facilmente spiegabile: la gran parte dei produttori e dei trader hanno modificato le loro strategie nel Mercato del giorno prima, in modo da potenziare il loro potere di mercato (e la loro redditività) su quello secondario. Inoltre, hanno individuato, i momenti nei quali, statisticamente, il Mercato di “riserva” registrava i suoi picchi. E ne hanno approfittato. Parliamo di decine di operatori, grandi e piccoli, che si sono seduti a un banchetto durato almeno tre mesi e hanno mangiato per oltre un miliardo!

Tutti costi scaricati sulle bollette degli utenti finali. Cioè, noi consumatori. Non solo: se l’energia costa di più, anche le aziende subiscono un danno e quindi, a loro volta, scaricano i costi sui prezzi dei prodotti, con il risultato che il consumatore ci ha rimesso due volte. Capito il giro?

Diligenza? Verso gli azionisti non verso i consumatori

Il conto salatissimo del banchetto non è sfuggito all’Aeegsi, la quale a giugno scorso è intervenuta imponendo agli operatori di interrompere ogni pratica “riconducibile a strategie anomale di programmazione e di offerta ”; ha avviato “procedimenti per l’adozione di provvedimenti prescrittivi e/o di regolazione asimmetrica” a tappeto per tutti i player accusati di non essersi attenuti ai “principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza”, previsti dalla propria normativa; ha minacciato di richiedere indietro i guadagni ottenuti. Infine, ha anche promesso che “sarà garantito in modo automatico il rimborso in bolletta degli importi che verranno recuperati con l’attività di indagine”. Una fortissima presa di posizione che ha immediatamente portato tutti gli attori a interrompere le pratiche speculative, determinando così quel calo dei costi di “dispacciamento” cui ha fatto cenno il Garante annunciando l’aumento delle tariffe.

Ma gli utenti farebbero bene ad aspettare a stappare lo champagne, perché quei soldi difficilmente torneranno nelle loro tasche. Come spiega un trader, infatti, gli operatori non ritengono di aver fatto nulla di illegale: “Io, come moltissimi miei concorrenti, ho solo approfittato di un buco nel sistema normativo elaborato dalla stessa Authority. La “diligenza” auspicata, nel mio caso, va verso i miei azionisti, non verso il pubblico. E ora, il Garante vuole chiedermi indietro i soldi e per di più in modo retroattivo? Ma siamo pazzi?”.

Un discorso difficilmente attaccabile, tanto che a fine dicembre sono già arrivate le prime archiviazioni da parte del Garante. Inoltre è sicuro che tutti gli operatori ancora sotto indagine – i cui nomi  il Garante non ha reso noti –, se verranno condannati, faranno ricorso al Tar e, eventualmente, al Consiglio di Stato. Quindi, ben che vada, potremo rivedere quei soldi nelle nostre bollette tra 10 anni!

In realtà, due dei “commensali”, sono noti, Enel e Sorgenia, ma solo perché i due big sono finiti sotto indagine anche dell’Autorità per la Concorrenza che a ottobre scorso ha aperto nei loro confronti un procedimento per abuso di posizione dominante. Per questi, il termine del procedimento è fissato al 30 maggio 2017.

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