17 novembre 2011

Guatemala: Cosa ritorna con Pérez Molina

di Carlos Figueroa Ibarra *


Fra lo sgomento della comunità internazionale, soprattutto quella che è più a conoscenza della storia contemporanea del Guatemala, la maggioranza degli elettori guatemaltechi ha scelto come Presidente, per il periodo 2012-2016, il generale Otto Pérez Molina.

La vittoria dell’ex-militare significherà il ritorno al governo del vertice imprenditoriale cosiddetto “tradizionale”. In altre parole, la borghesia erede dell’oligarchia guatemalteca più reazionaria che recupera di nuovo un’ingerenza diretta nel governo dello Stato. Ciò non significa che con i governi di Alfonso Portillo (2000-2004) e Álvaro Colom (2008-2012) sia rimasta fuori dal potere dello Stato; ora, però, ritorna al governo la parte più consistente della classe dirigente nel contesto di una vasta gamma di alleanze politiche e sociali. Almeno tre “destre” saranno presenti nel governo di Pérez Molina. La prima sarà la destra neoliberale, dato che oggi il neoliberalismo è l’ideologia organica dei settori dominanti del paese. Sarà accompagnata dallo scontento della destra anticomunista in quanto l’anticomunismo continua ad essere un’eredità delle destre guatemalteche. Infine, in questo concerto è entrato a far parte il settore dello stesso Pérez Molina, la destra controinsurrezionale, evidente soprattutto nel gruppo di ex-militari coinvolti in crimini contro l’umanità.

E negli intrecci di questo groviglio, sarà presente uno dei grandi poteri occulti del paese: “El Sindicato”. Questa organizzazione clandestina, che comprende militari genocidi e crimine organizzato, si ritiene abbia avuto origine nella promozione 1973 della Escuela Politécnica, di cui fece parte lo stesso Pérez Molina. “El Sindicato” è rivale di “La Cofradía”, un gruppo simile presente nel governo Portillo e fautore della vittoria di Colom alle elezioni del 2007. È utile ricordare il mondo sotterraneo della politica guatemalteca, perché nel dimenticarlo si potrebbero imputare tali affermazioni a un’immaginazione paranoica. Molti mi chiedono se esistono davvero tali poteri occulti, domanda che dimostra il successo del loro modo d’agire.

Con Pérez Molina torna al governo una visione autoritaria e repressiva della gestione dello Stato che ha una lunga tradizione in Guatemala. Il mito dell’uomo forte con il pugno di ferro (o mano dura) che mette fine al caos sociale e impone l’ordine ha avvantaggiato Pérez Molina, come, al suo momento, avvantaggiò Efraín Ríos Montt. È il fantasma del dittatore Jorge Ubico (1931-1944), che ritorna attraverso l’immaginario della destra più retrograda del Guatemala. Senza ombra di dubbio, la decomposizione e il degrado sociale, la dilagante violenza criminale della delinquenza di strada e comune, oltre alla criminalità organizzata, hanno creato le condizioni per un massiccio voto a favore di Pérez Molina nell’area metropolitana del paese (oltre il 71%). Sono stati i centri urbani e le loro periferie a dare la vittoria a Pérez Molina, mentre l’interno del paese, soprattutto i dipartimenti più impoveriti e con la maggioranza di popolazione indigena votarono per Manuel Baldizón, che ottenne lì il 52% dei voti. Pérez Molina e i suoi sostenitori seppero capitalizzare il desiderio repressivo delle classi medie e popolari urbane ideologizzate dai grandi mass-media, dalle Università private neoliberali e dalle mega-chiese protestanti. In questo ventaglio di alleanze, il nucleo duro della destra ha le sue radici in particolare nelle classi medie urbane animate da un pensiero reazionario sostenuto sul dogma neoliberale che è divenuto una specie di senso comune. Il resto lo fece l’inefficacia governativa nel diminuire il tasso di violenza criminale nel paese. Oggi i centri metropolitani di Guatemala e El Salvador e la Costa Atlantica dell’Honduras fanno parte della regione più violenta del mondo per numero di omicidi ogni 100.000 abitanti. Tutto ciò favorisce una delle basi del successo di Pérez Molina: la richiesta di misure ferree contro la criminalità.

La vittoria elettorale di Pérez Molina non significa naturalmente il ritorno dei militari al potere. La dittatura militare terrorista non ha le condizioni esterne e interne che le diedero origine nel 1963; però, significherà il ritorno di una mentalità controinsurrezionale alleata dell’oscurantismo reazionario della classe dirigente guatemalteca. Significher) il ritorno della volontà di impunità che incoraggia tutti i genocidi del paese che hanno oggi come bersaglio immediato il Pubblico Ministero Claudia Paz y Paz che si è guadagnata l’odio per il procedimento giudiziario contro alti comandi del terrore di Stato di un periodo, i generali Humberto Mejia Victores e Héctor Mario Lopez Fuentes, così come altri imputati di livello minore. La richiesta presentata da Ricardo Méndez Ruiz Valdés, giuridicamente inconsistente, ha come bersaglio il Pubblico Ministero e non i suoi presunti sequestratori nel 1982. Per rendersene conto basta guardare la lista demenziale dei 26 accusati.

Il lato più oscuro dell’immaginario autoritario è ritornato con Pérez Molina. Il tempo ci dirà quanto durerà prima di sgonfiarsi.

La Comisión Pastoral Paz y Ecología – COPAE – della diocesi di San Marcos, con cui la Fondazione Guido Piccini ha lavorato contro lo sfruttamento minerario della zona, ci ha inviato queste riflessioni sulle elezioni di novembre. Riteniamo indispensabile portarle a conoscenza di un’opinione pubblica giustamente preoccupata della crisi economica globale, sempre più vasta e profonda, affinché si comprenda come, ancora oggi, per risolvere i problemi dell’ingiustizia si ricorra spesso alle vecchie logiche delle dittature militari. E ciò calpestando anni di sofferenza e di lotta per la libertà e la democrazia.

  • Fondazione Guido Piccini

( FONDAZIONE GUIDO PICCINI PER I DIRITTI DELL’UOMO ONLUS Via Terzago 11 – 25080 Calvagese (BS) – Italia )

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