La conferenza sul
clima di Baku non ha ribadito la necessità di avviare la transizione dalle
fossili, il grande risultato ottenuto l'anno scorso alla COP28. Ha vinto
l'ostruzionismo di petrostati come l'Arabia Saudita
Ostinazione, veti
incrociati e rinvii hanno segnato il fallimento della COP29 sul
tema della riduzione delle emissioni di gas serra. La 29°
Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico è finita con un
accordo vuoto e insignificante sulla mitigazione della crisi climatica (il Mitigation
Work Program) e senza accordo su come attuare i risultati della
COP28 di Dubai (la Global Stocktake), soprattutto la
transizione dalle fossili.
COP29, fallimento
totale sulla riduzione delle emissioni di gas serra
La COP29 è stata
soprattutto la COP della finanza: gli aiuti climatici erano il punto più
importante dell’agenda, perché a Baku bisognava stabilire il quadro della
finanza climatica post 2025. Ma la conferenza in Azerbaijan doveva
anche ribadire, consolidare e far progredire gli storici risultati della COP28
di Dubai.
L’anno scorso, per la
1° volta nella storia delle conferenze ONU sul cambiamento climatico,
l’accordo finale del summit negli Emirati Arabi Uniti ha
riconosciuto esplicitamente le fonti fossili come causa del riscaldamento
globale. E ha stabilito la necessità di avviare la “transizione dalle fossili” (transitioning
away from fossil fuels).
A Baku, molte
delegazioni guardavano proprio ai filoni negoziali sulla mitigazione, il
Mitigation Work Program e il dialogo sulla Global Stocktake, come gli ambiti
migliori dove riuscire a strappare un aumento dell’ambizione climatica.
Non è stato
così. I testi finali approvati sono vuoti, da questo punto di vista.
Altri, altrettanto deboli, non sono stati neppure approvati e saranno discussi
ancora durante i negoziati intermedi di Bonn a giugno 2025.
L’Arabia Saudita non
vuole parlare di fonti fossili. E blocca tutto
Perché un risultato
così basso? Perché la COP29 non è riuscita nemmeno a mantenere il livello di
ambizione raggiunto l’anno prima a Dubai? La risposta è una sola: alcune
delegazioni hanno fatto carte false per far deragliare i negoziati COP29 sulla
riduzione delle emissioni di gas serra. A partire dall’Arabia Saudita.
Riad non ha
accettato l’esito della COP28. Già pochi giorni dopo la fine di quel
vertice, nel 2023, i suoi rappresentanti provavano a far passare
un’interpretazione dell’accordo che non li vincolasse ad abbandonare il
petrolio. Da allora, ha lavorato alacremente per smantellarlo o, almeno, farlo
arenare.
A nome del Gruppo
negoziale dei paesi arabi, l’Arabia Saudita ha fatto ostruzionismo sia
al tavolo del Mitigation Work Program (MWP), sia a quelli (sono 3)
sull’attuazione della Global Stocktake (GST). Riad ha rifiutato che il MWP
fosse la sede in cui parlare di riduzione delle emissioni di gas serra e di
qualsiasi impegno concreto per la mitigazione, sostenendo che si dovesse
concentrare solo sulla finanza climatica. Allo stesso modo, ha fatto naufragare
qualsiasi passo avanti sul GST, il testo dove la COP28 ha sancito l’importanza
della transizione dalle fossili.
Cosa dice e non dice
l’accordo sul Mitigation Work Program (MWP)
Durante la plenaria
finale è stato approvato l’accordo sul MWP, ma il testo definitivo
paradossalmente non contiene quasi nulla di concreto riguardo la riduzione
delle emissioni di gas serra.
Oltre all’Arabia
Saudita, anche la Cina e alcuni altri paesi in via di sviluppo si opponevano
all’inclusione nell’accordo di nuovi obblighi di riduzione e, più in generale,
a quello che denunciavano come approccio “dall’alto al basso” da parte dei
paesi più ricchi. Ma il no è arrivato anche per semplici riferimenti
all’abbandono graduale del carbone e dei sussidi fossili e alla transizione
verso le rinnovabili, che dovrebbero essere ormai dati acquisiti nel processo
negoziale.
In sintesi, l’accordo
finale della COP29 sulla mitigazione è caratterizzato da:
- Sparizione degli obiettivi climatici
dell’Accordo di Parigi – L’accordo finale del MWP ha rimosso ogni
riferimento agli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi (pdf), compresi i limiti di riscaldamento
globale di 1,5°C o 2°C. Questo segna una
significativa riduzione delle ambizioni rispetto agli obiettivi fissati
per contenere il cambiamento climatico.
- Eliminazione della riduzione delle
emissioni di gas serra – Il testo finale non fa menzione della
riduzione delle emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e
del 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019,
un obiettivo cruciale per fermare il riscaldamento globale che era stato
incluso nelle bozze di accordo preliminari.
- Mancanza di riferimento alla neutralità
di carbonio – Il termine “emissioni nette zero” (net zero
emissions) è scomparso dal testo. Avrebbe dovuto riflettere il lungo
percorso verso la neutralità climatica. L’assenza di questo
riferimento significa che non ci sono obiettivi chiari per l’azzeramento
delle emissioni a lungo termine.
- Assenza di riferimento al lavoro
dell’IPCC
Non è stato incluso alcun riferimento alle linee guida e alle scoperte scientifiche dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), inclusi gli inventari dei gas serra e le conclusioni dell’ultimo Rapporto di Valutazione del 2022 sulla mitigazione (AR6 WGIII). Questo elimina un importante fondamento scientifico per le politiche climatiche. L’Arabia Saudita sta spingendo per considerare anche altre fonti, meno solide dal punto di vista scientifico, come base per le politiche climatiche. - Mancanza di azioni concrete per la
riduzione delle emissioni – Il testo finale non specifica misure
concrete per ridurre le emissioni di gas serra, come la transizione
dai combustibili fossili o l’adozione di energie
rinnovabili. Non c’è alcun riferimento alle soluzioni necessarie per
ridurre le emissioni a livello globale.
Il testo finale dell’accordo sul Mitigation Work Program (pdf) – lungo appena 3 pagine – contiene quasi unicamente
riferimenti al contenuto del dialogo annuale che si è concluso alla COP29, sul
tema delle soluzioni delle città contro il riscaldamento globale.
COP29, nessuna intesa
sull’UAE Dialogue sulla Global Stocktake
Va anche peggio per il
filone negoziale del Global Stocktake. La presidenza azera ha deciso di smembrare
le trattative in 3 tavoli diversi, nel tentativo di aggirare l’opposizione
fortissima di alcune delegazioni e riuscire a strappare un accordo almeno su
uno dei filoni.
Speranze mal riposte.
L’unico filone che ha portato un testo di accordo finale in votazione alla
plenaria conclusiva del summit, quello dell’UAE Dialogue on Global
Stocktake, è stato rimandato al prossimo anno a Bonn, ai negoziati intermedi.
Per questo tavolo
negoziale, l’obiettivo era decidere come tradurre in azioni concrete i
risultati della prima Global Stocktake. La GST è Il bilancio quinquennale
sugli impegni nazionali sul clima, previsto dall’Accordo di Parigi. Valuta i
progressi globali verso il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo e
fornisce indicazioni su come correggere eventuali deviazioni.
Le informazioni del
Global Stocktake fungono da guida per l’elaborazione dei piani
climatici nazionali (NDC), che devono essere rivisitati ogni cinque anni.
Sebbene i risultati del GST non abbiano carattere vincolante e non impongano
modifiche agli NDC, costituiscono comunque un punto di riferimento per
verificare se i paesi stanno contribuendo adeguatamente agli obiettivi globali.
L’ultima bozza di accordo disponibile (pdf) – rigettata dalla plenaria finale – contiene molti
riferimenti sia alla scienza del clima, sia agli obiettivi dell’Accordo di
Parigi sottolineando il ruolo primario degli 1,5 gradi. Inoltre, fa
esplicito riferimento all’art.28 del Patto di Dubai, quello che cita la
transizione dalle fossili.
Tuttavia, dal testo
sono scomparsi due punti importanti. Manca l’obbligo di produrre un
rapporto annuale per monitorare l’andamento dell’attuazione della
transizione dalle fossili. E mancano anche dei riferimenti che avrebbero
permesso di ancorare in modo più saldo l’addio alle fossili al processo
dei negoziati sul clima, evitando ritrattazioni e passi indietro.
leggi anche:
C’è l’accordo finale
alla COP29 sul clima: tutti i risultati della conferenza di Baku
COP29,
fallimento totale sulla riduzione delle emissioni di gas serra
L’Arabia
Saudita non vuole parlare di fonti fossili. E blocca tutto
Cosa
dice e non dice l’accordo sul Mitigation Work Program (MWP)
* da
www.rinnovabili.it - 25 Novembre 2024
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