26 novembre 2013

La Bielorussia non si ricorda Chernobyl: via libera alla centrale di Ostrovets





Ma l’opposizione protesta. Irregolarità nelle procedure nazionali e violazione della Convenzione di Espoo


Il padre padrone della Bielorussia, Alexander Lukashenko, ha firmato il decreto “Sulla costruzione della centrale nucleare bielorussa” ma questa volta in quella che è considerata l’ultima dittatura europea, diverse Ong, comitati e partiti hanno inviato osservazioni e protestano costruzione della centrale nucleare di Ostrovets. In una presa di posizione comune inviata al Dipartimento per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Gosatomnadzor) del Ministero bielorusso per le situazioni di emergenza, diverse Ong bielorusse chiedono all’agenzia di revocare la licenza di costruzione rilasciata per il reattore 1 e di annullare la decisione di costruire la centrale nucleare. Il Partito dell’unione civuca (Ucp) uno dei più antichi partiti democratici della Bielorussia, ha fatto una serie di richieste che comprendono «La sospensione immediata della costruzione» dell’impianto e  «Un programma statale di denuclearizzata e lo sviluppo del Paese attraverso l’utilizzo di tecnologie ad alta efficienza energetica e delle fonti rinnovabili di energia». Una vera e propria sfida al decreto 499 firmato da Lukashenko il 2 novembre, preso in base all’articolo 4 della legge della Repubblica di Belarus “sull’uso di energia atomica” e che permette ad un general contractor di avviare la costruzione della centrale nucleare a Ostrovets, un distretto della regione di Grodno, di due reattori VVER-1200 da 1,2 gigawatt l’uno. In realtà la costruzione della centrale, progettata e gestita da Atomstroiexport, il braccio estero di del monopolista statale del nucleare russo Rosatom Corporation, è già cominciata da un pezzo.


Il partito dei Verdi bielorusso, l’Ong Ecodom, gli scienziati per una Bielorussia nuclear-free, il Partito cristiano, il Partito socialdemocratico Gramada, il network “Ostrovets Npp è un crimine!”, la Chiesa Ortodossa autocefala bielorussa ed altre organizzazioni della società civile bielorussa dicono che il reattore 1 di Ostrovets non tiene conto dell’aumento del livello di pericolosità» e richiamano l’articolo 15 della legge bielorussa “sull’uso di energia atomica”, nel quale si legge che «La decisione di costruire un impianto nucleare e (o) un sito di stoccaggio deve essere annullata, e la loro costruzione fermata, nel caso in cui vengano portati alla luce fattori che comportano una diminuzione dei livelli di sicurezza di questi siti, la contaminazione dell’ambiente, o altre circostanze sfavorevoli». E questi elementi ci sarebbero tutti per Ostovets visto che la Valutazione di impatto ambientale ufficiale sul progetto della centrale nucleare bielorussa «E’ stata condotta impropriamente, sottostimando i dati sul possibile impatto della centrale nucleare di Ostrovets sulla salute pubblica e l’ambiente in caso di incidente grave». Tutto questo nel Paese che più ha subito e continua a subire le conseguenze del fallo-out della catastrofe nucleare di Chernobyl del 1986. Ong e partiti di opposizione citano il FlexRISK project , uno studio pubblicato nel 2012 dall’ Universität für Bodenkultur di Vienna che dimostra come un grave incidente, non contemplato nei progetti per  Ostrovets, in un solo reattore potrebbe portare ad una contaminazione di cesio 137 radioattivo a livelli che potrebbero essere pericolosi per l’agricoltura e la sanità pubblica: da 10 e 100 curies per Km2 (3.7·105 e  3.7·106 becquerels per Km2) con un territorio colpito in un raggio di 300 Km, compresa la capitale Minsk e le città di Vitebsk and Polotsk. Una tragedia che farebbe impallidire Chernobyl, con un fallout radioattivo che raggiungerebbe anche l’Italia e  l’evacuazione permanente del territorio interessato. «Ma le conclusioni della Via ufficiale per il progetto di centrale nucleare bielorussa non parlano di una tale necessità», dicono le Ong nella lettera inviata a Gosatomnadzor. Tra i firmatari del documento di protesta c’è anche Yury Voronezhtsev, che è stato il segretario esecutivo della Commissione di inchiesta  del Soviet supremo dell’Urss sul  disastro di Chernobyl e che ritiene che «Una valutazione inesatta dell’impatto ambientale può comportare gravi conseguenze e aggravare i rischi della centrale nucleare. Eventuali imprecisioni nei documenti di questo tipo causano diffidenza su tutto il progetto. Minimizzare la dimensione dei rischi ha già portato, in un passato non troppo lontano, a gravi conseguenze durante le catastrofi a Chernobyl e a Fukushima in Giappone. Ma se i rischi vengono calcolati con un buon margine, poi in caso di situazione critica, la popolazione e le autorità competenti dovranno agire in conformità con un piano che attenui l’impatto negativo. In caso contrario, la popolazione dovrà di nuovo ispirare lo iodio radioattivo e altre decine di radionuclidi».


Il problema è che i lavori preparatori della centrale nucleare sono già iniziati nel marzo 2009 e che la platea di cemento dell’edificio del reattore 1 è stata gettata, con la benedizione di un pope ortodosso e di un prete cattolico, il 31 maggio 2012, prima addirittura della presentazione del progetto architettonico avvenuta nel dicembre 2012 e molto prima della valutazione dello stato di impatto ambientale e del rilascio della licenza di costruzione che risale appena al 13 settembre 2013. Proprio a settembre, in forum biennale di Ong ambientaliste a Minsk, più di 120 esperti e rappresentanti di organizzazioni ambientaliste di Bielorussia, Russia, Ucraina, Kazakistan Norvegia hanno detto che solo l’inizio senza autorizzazioni della costruzione del reattore 1 dovrebbe bastare ad interrompere immediatamente la realizzazione di Ostrovets. Ma nella Bielorussia del dittatore ammirato da  Berlusconi niente è abusivo o illegittimo se lo decide Lukashenko e il 6 novembre nel sito di Ostrovets sono arrivati giganteschi camion carichi di calcestruzzo e decine di operai per costruire la centrale nucleare e Voronezhtsev dice: .«Iniziare lavori su un sito pericoloso come una centrale nucleare, senza i necessari documenti, è assolutamente sbalorditivo!». Intanto la Bielorussia ha annunciato che con il decreto firmato da Lukashenko  ritiene chiuse  le consultazioni sulla centrale nucleare con la Lituania (quindi anche con l’Ue di cui la Lituania fa parte)  che potrebbe essere direttamente interessata da un disastro nucleare ad Ostrovets, a due passi dalla sua frontiera. Il ministero bielorusso delle risorse naturali ha fatto sapere attraverso l’agenzia di stampa Interfax-Zapad: «Crediamo che con questo le nostre discussioni con la Lituania per quanto riguarda la costruzione della centrale nucleare siano finite, però la Lituania, ovviamente, la pensa diversamente».


Il governo di Vilnis dice da sempre che quella centrale Bielorussa a due passi dal suo confine è pericolosa ed accusa Minsk di non aver seguito tutte le procedure richieste a livello internazionale. Eppure la Bielorussia è uno dei firmatari della United Nations Economic Commission for Europe’s Convention on Environmental Impact Assessment in a Transboundary Context, meglio conosciuta come Convenzione di Espoo, l’accordo internazionale che richiede che i suoi Stati membri, prima di prendere la decisione finale sulla costruzione di siti con possibili rischi ecologici transfrontalieri, si consultino con i paesi limitrofi interessati. Ma a Lukashenko ed al suo regime la cosa non sembra interessare molto, così come hanno fatto spallucce quando il 12 marzo il Comitato per l’attuazione della Convenzione di Espoo ha dato ragione alla Lituania ed ha detto che la Bielorussia non ha rispettato diverse disposizioni della convenzione per quanto riguarda il progetto della centrale nucleare di Ostrovets, raccomandando a Minsk di riprendere  le consultazioni con la Lituania e di riportare le sue decisioni sull’ubicazione della centrale ai requisiti richiesti  dalla Convenzione. Vilnius continua ad invitare la Bielorussia a non costruire il reattore 1 prima che i colloqui non siano completati. Ma Lukashenko e i russi stanno già tirando su le pareti di cemento.


* da greenreport.it ,  21 novembre 2013

Nessun commento:

Posta un commento