5 giugno 2011

Water makes money: film e riflessioni sul tema


di Massimo Marino

Water makes money è un film per l’acqua pubblica che ha già fatto discutere di sé dopo la proiezione in prima visione in più di 150 città europee il 23 settembre scorso e la denuncia da parte della Veolia (grande multinazionale del settore) per diffamazione. Ma i registi, i tedeschi Leslie Franck e Herdolor Lorenz, che avevano già affrontato il tema della privatizzazione dell’acqua nel 2005 con "H2O up for sale" e subìto una clamorosa censura televisiva a causa delle pressioni della Veolia, non si erano arresi colpendo ancora più duro con questo secondo documentario.
L’azienda francese, numero uno mondiale nel settore dell’acqua, presente in 69 paesi, Italia compresa, insieme all’altro colosso francese Suez, è al centro di un’inchiesta sulla gestione privata dell’acqua.

Partendo dall’esempio francese, dove l’acqua corrente di otto cittadini su dieci è gestita da una delle due aziende, gli autori mettono in luce i limiti della privatizzazione delle rete pubbliche di distribuzione dell’acqua. Aumento del prezzo, scarsa qualità del servizio e mancanza di trasparanza sono le principali accuse rivolte dalle associazioni cittadine alle aziende dopo le privatizzazione. Tanto è che un centinaio di municipalità francesi, tra cui Parigi, cercano ora di fare marcia indietro e di riacquistare le rete di approvigionamento. Per produrre il film, i registi hanno fatto appello alla generosità dei cittadini, raccogliendo soldi tramite un appello lanciato su internet. Hanno scelto questo modo originale perchè nessuna TV era disposta ha finanziare un simile lavoro: “almeno cinque TV hanno iniziato inchieste sul tema, ma hanno dovuto rinunciare a causa di pressione venute dall’alto, non si poteva fare un simile progetto in Francia”, ha detto Jean-Luc Touly, un ex-dipente di Veolia, al giornale Rue89.

Water Makes Money, “come le multinazionali fanno profitti sull’acqua” descrive come le multinazionali gestiscono il servizio pubblico della distribuzione dell’acqua esclusivamente in base ai profitti che ne possono ricavare. Fa vedere come sono aumentati artificialmente i prezzi del metro cubo, mentre gli investimenti per la manutenzione della rete sono diminuiti, il tutto per aumentare i profitti. La versione italiana di Water Makes Money non solo mostra il meccanismo perverso del profitto sul bene comune acqua, ma mette in risalto esperienze di ripubblicizzazione dell’acqua come quello di Parigi. "Quando il 12 giugno 2011, un’intera nazione andrà alle urne contro la privatizzazione dell’acqua e per una gestione pubblica l’ Europa non potrà far finta di nulla" dicono i registi Leslie Franke e Herdolor Lorenz. "Soltanto un ente locale sotto controllo dei cittadini, continuano i registi, può mettere a disposizione acqua potabile, esercitare la tutela della risorsa e dare la garanzia di un prezzo socialmente accettabile” .

1) Circa 20 anni fa è iniziata in tutto il mondo un’ondata di privatizzazione del servizio idrico. In molti paesi, anche europei, oggi l’acqua potabile è quasi un lusso che i più poveri non possono permettersi. Ma anche in quei paesi, come l’Italia, nei quali non c’è ancora scarsità a quei livelli, gli effetti delle privatizzazioni sono sotto gli occhi di tutti: aumenti delle tariffe, nessuna riduzione delle perdite, drastico peggioramento della qualità del servizio. Per non parlare della qualità dell’acqua conseguente alle azioni antropiche dell’uomo.


2)
I processi di privatizzazione della gestione del servizio idrico in Italia, con forme più o meno accentuate, a macchia di leopardo, sono in atto ormai da 15 anni. La Legge Galli del 1994, nel ridefinire giustamente il servizio idrico come integrato nelle sue diverse fasi di captazione, distribuzione e depurazione e nel dividere altrettanto giustamente il territorio in ambiti territoriali ottimali secondo i bacini idrografici, ha tuttavia contemporaneamente introdotto il full cost ricovery, ovvero l’intero carico dei costi sulla tariffa dei cittadini, inserendo nella stessa anche l’adeguata remunerazione del capitale investito, ovvero la garanzia dei profitti per gli investitori. Questo ha comportato l’avvio della trasformazione di tutte le aziende municipalizzate in Società per Azioni, ovvero in enti di diritto privato, il cui scopo prevalente diventa la produzione di dividendi per gli azionisti. Che fossero a totale capitale pubblico, a capitale misto o interamente private, il risultato, con accentuazioni diverse, è stato quello di modificare la natura del servizio pubblico in servizio a scopo unicamente remunerativo, fino all’estremo del collocamento in Borsa delle società gestrici.

3) Consapevoli di non avere più il consenso, le lobbies politico-economiche oggi non rivendicano più le privatizzazioni, bensì le mascherano dietro nuovi concetti commerciali come “liberalizzazioni” o “partenariato pubblico-privato”. Dicono che faranno investimenti per le infrastrutture, ma i dati mostrano il contrario. I risultati in termini di aumento delle tariffe, riduzione della qualità del servizio, caduta verticale degli investimenti, aumento dei consumi e degli sprechi di acqua, sono noti. Nella trasformazione privatistica del servizio idrico ha naturalmente agito anche il progressivo abbandono da parte della politica del proprio ruolo di garante dell’interesse generale, diventando luogo di interessi particolaristici. Già nel 2007 il Forum italiano dei movimenti per l’acqua aveva presentato, con oltre 400.000 firme, una legge d’iniziativa popolare dentro la quale la gestione pubblica fosse considerata condizione necessaria per togliere l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua, ma non sufficiente, se non fondata sul coinvolgimento delle comunità locali alla gestione dell’intero ciclo sull’acqua.

4) In questo senso, anche la proposta di un’autorità indipendente, non coglie l’essenza del problema : essendo il servizio idrico un monopolio naturale, non ha senso la liberalizzazione dello stesso e ed anche forse una autorità regolatoria di un mercato inesistente. L’istituzione dell’Authority, inserita dal Governo nel Decreto per lo Sviluppo, si propone di annullare o almeno depotenziare i referendum; ma indipendentemente dalla vicenda referendaria, l’idea ha raccolto pareri favorevoli non solo nella maggioranza di governo. Va chiarito, dal testo governativo, che l’Authority istituita viene a sostituire l’attuale Commissione di Vigilanza sulle risorse idriche (Com. Vi. Ri.) con un semplice allargamento di alcune competenze e possibilità sanzionatorie, senza alcuna nuova incisività sostanziale. Serve davvero un’Authority? Ed è sufficiente a garantire i diritti dei cittadini? L’Authority è un’istituzione regolativa della libera concorrenza, ovvero presuppone l’esistenza di un mercato plurale che richieda regole e di controlli. Ma il servizio idrico, è un monopolio naturale, poiché in ogni territorio passa uno e un solo acquedotto; dunque l’unica alternativa è fra la gestione pubblica o privatistica dello stesso. Se esiste un unico gestore almeno per diversi decenni, questo significa che non si sarà mai in presenza di alcun mercato concorrenziale e che, di conseguenza, non serve alcuna autorità di regolazione. Ma l’Authority serve, dicono i suoi fautori, perché il pubblico non è in grado di controllare. Singolare ragionamento: non si capisce infatti perché un pubblico considerato incapace ( o corrotto?) dovrebbe produrre un’autorità efficiente (incorruttibile?) o, viceversa, perché un pubblico considerato efficiente dovrebbe aver bisogno di un’autorità che ne faccia le veci.

5) In realtà l’esito positivo dei due referendum sull’acqua costituirebbe un buon avvio, non solo per riaffermare la natura di bene comune e diritto umano universale dell’acqua, ma per impostare una gestione democratica e socialmente orientata del servizio idrico integrato. Abbandonando per palese fallimento il modello del full cost ricovery, in favore di un nuovo modello di finanziamento, che, attraverso il combinato disposto di fiscalità generale, finanza pubblica (prestito irredimibile) e tariffa consenta, senza aggravi sul debito pubblico e sul deficit pubblico, il reperimento delle risorse necessarie per gli investimenti infrastrutturali, che sono una grande opera pubblica necessaria. Si tratta di una battaglia di diritti e di democrazia, che va ben oltre il contrasto alle ultime normative privatizzatici dell’attuale governo: non a caso, il Forum italiano dei momenti per l’acqua e la estesa coalizione sociale che hanno promosso i referendum, raccogliendo quasi un milione e mezzo di firme, sono un’espressione di cittadinanza attiva dal basso, ben poco riconducibile ai classici schemi politicisti del confronto destra/sinistra. Un vero corpo sociale alternativo in nuce, che attraverso la riappropriazione di beni comuni può indicare una via diversa di uscita dalla crisi economica, ecologica e di democrazia nella quale siamo da tempo immersi Comunque nessun Decreto legge ha potuto sostituire la richiesta di abrogazione referendaria; perché l’istituzione dell’Authority nulla a che fare con i quesiti referendari, che chiedono, rispettivamente, l’abrogazione del Decreto Ronchi (primo), ovvero dell’obbligo di messa a gara della gestione del servizio idrico e l’abrogazione, dalla determinazione della tariffa, della parte relativa alla remunerazione del capitale investito (secondo), ovvero dei profitti per il gestore garantiti in tariffa.

1 commento:

  1. Proiezione di Water Makes Money,
    Quando: Venerdi'10 giugno
    Ore:21,00
    Dove: Piazza Cavallotti,
    Castel Gandolfo (RM)
    Ingresso Libero
    Info: info@lanicchiasostenibile.com
    06 9360294
    339 7058851

    RispondiElimina