Laura Cima sul congresso dei Verdi e sul documento del Gruppo delle cinque terre
Il dibattito è aperto
All'Assemblea di Fiuggi è prevalso l'orgoglio della propria storia e la speranza dei verdi e degli ecologisti di cambiare questo mondo ingiusto e violento a partire anche dall'Italia, dove la dirigenza sconfitta tentava di indurli ad una mutazione genetica con la confluenza in SeL, peraltro in modo del tutto gregario e subordinato.
Ma la cultura che rappresentiamo è irriducibile a questi giochetti e gli applausi hanno segnato per tutto il pomeriggio l'orgoglio verde che riemergeva con sempre maggior convinzione.
Il vero sconfitto dell'assemblea di ieri è Paolo Cento, che dai tempi del suo ingresso nei Verdi attraverso la lista Arcobaleno di Ronchi e Rutelli non ha mai rinunciato a portare avanti la cultura minoritaria in cui si è formato politicamente negli anni ’70, anche se la sua esperienza di primo consigliere comunale verde insieme a Rosa Filippini a Roma avrebbe potuto liberarlo da questo retaggio.
Non voglio rivangare le responsabilità di Alfonso Pecoraro e dei membri dell'Esecutivo che hanno rischiato di condurre i Verdi all'estinzione ma, poichè sembra strano che una femminista storica come me, prima capogruppo donna alla Camera di un Direttivo verde di sole donne e Coordinatrice da sempre delle donne verdi fino a che nei Verdi sono stata, appoggiasse la mozione 2 che ha 5 uomini come primi firmatari e un candidato portavoce come Bonelli e abbia contrastato, come ha potuto dall'esterno, il triumvirato femminile che pareva aver conquistato il potere nei Verdi, ora voglio fare alcune considerazioni su questi aspetti.
La presenza importante di leader femminili nei verdi italiani non ha saputo segnare la differenza come invece è successo in Europa, in Francia, nei Gruenen e negli altri partiti e gruppi verdi europei. Nonostante ciò la ex-capogruppo dei Verdi al Parlamento Europeo Monica Frassoni unica candidata a presidente del partito dei verdi europei, sorprendentemente in Italia, forse perché da troppi anni lontana, anziché dimostrare capacità di guida per un rilancio dei verdi e della loro autonomia li ha guidati dritti verso le secche di SeL e quindi anche a lei addebito pesanti responsabilità.
Ancora una volta Grazia Francescato, nonostante i suoi trascorsi femministi, ha giocato per un anno il ruolo di copertura di un leader maschile come successe nella prima Chianciano per Pecoraro, quando tutti acclamammo pieni di speranza la sua elezione.
I sottoscrittori della mozione Cento-Francescato tirano in ballo il fantasma di Pecoraro, sostenendo erroneamente che il vero vincitore è lui, proprio perché non riescono ad uscire dalla logica minoritaria che finora li ha contraddistinti, una logica di potere prima condiviso e poi conteso tra i due reali leader maschi che sono rimasti fermi formalmente l’uno a una cultura Sole che ride-ulivista che gli ha permesso di fare due volte il ministro e l’altro alla cultura arcobaleno-sinistra minoritaria rivendicativa, che non gli ha mai permesso di vincere realmente.Se ora il primo si affaccia all’Assemblea nessuno fuori da lì tra gli ecologisti in Italia vuole più sentirlo nominare come leader.
La capacità di reale rigenerazione e rifondazione auspicata dal documento del Gruppo delle Cinque Terre, misto tra ecologisti esterni ai Verdi e i Verdi che hanno appena vinto il congresso, passa attraverso una riunificazione che metta in secondo piano i vecchi leader sconfitti dalla storia prima che dalle assemblee.
Il limite del documento delle Cinque Terre come quello della mozione ‘Il coraggio di osare’ è che vi è una totale mancanza del pensiero autonomo e della cultura delle donne che si riflette anche nel linguaggio non così innovativo come la prospettiva politica vorrebbe.
Sono certa che ci sono i presupposti per superare presto questi limite e capire che l’ ”uno” è nemico delle differenze e superato dalle moltitudini che stanno combattendo il pensiero unico del neoliberismo che come tale non può essere riproposto.
Laura Cima
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