17 novembre 2019

Migranti e media: i due problemi del M5S


di Francesco Erspamer *


Dario Franceschini ha ribadito che “per il Pd non è tollerabile tenere un minuto di più persone in mare”. Giustamente: i democratici pensano alle regionali in Emilia e devono giocare il ruolo che li qualifica, quello del globalismo buono, compassionevole, impegnato nella costruzione di un mondo omogeneizzato dall’individualismo, senza Stati e confini, senza tradizioni (and no religion too, alla John Lennon), solo virtualità e consumi. Di fronte a tale nobile ideale tutto il resto diventa secondario, corruzione inclusa (non solo nel senso di mazzette e favoritismi, soprattutto in quello di docilità nei confronti delle lobby e della multinazionali); basti leggere le continue lodi del New York Times, di CNN e della stampa internazionale in genere. Badate: si tratta di un progetto legittimo, che non solo deve poter essere perseguito in quanto condiviso da milioni di italiani ma che è anzi utile in quanto il dissenso è l’essenza della democrazia. Per gli stessi motivi è legittima e utile la posizione opposta, di chi rifiuta le migrazioni incontrollate.

Il problema è che il M5S viene così a trovarsi in mezzo al guado, schiacciato fra l’ideologia piddina dell’accoglienza e quella leghista del rifiuto. Tertium non datur: quando il manicheismo impone le sue dicotomie (bene/male, vero/falso, giusto/sbagliato), chi non ne sceglie una, perde sempre. A chi credete che verranno attribuiti il merito e il biasimo per lo sbarco dei 104 della Ocean Viking (di bandiera norvegese e gestita da una ONG con sede in Francia)? Non al governo nel suo insieme: il merito al Pd e il biasimo al M5S. Per cui altri voti compassionevoli si sposteranno dal M5S al Pd e altri voti intransigenti dal M5S alla Lega. È un nodo che va sciolto o tagliato. Ecco dunque le priorità:

1) Uscire dall’ambiguità. Ripeto: in questo momento una posizione intermedia, moderata e ragionevole, è impraticabile a livello retorico (a livello di azioni concrete ci sono margini) per un partito populista; può funzionare solo per partitini, come quello personale di Renzi, che non cerchino consensi di massa ma facciano gli interessi di specifiche clientele. Alla richiesta di Franceschini, Di Maio non avrebbe dovuto rispondere in maniera articolata, come ha fatto (“dire che l’Italia non può farsi carico di tutti i migranti non può diventare motivo di vergogna”); la gente non parla così. Avrebbe dovuto porre un veto. Poi, Conte e il Viminale avrebbero potuto decidere altrimenti, ma fra le veementi proteste dei pentastellati e le loro minacce di abbandonare il governo (cosa da non fare ma da minacciare, sperando che sia il Pd a rompere). Oppure il M5S passi la leadership a Roberto Fico e scelga un terzomondismo alla Boldrini; a mio parere sarebbe un grave errore però meno dannoso, nel medio e lungo termine, degli attuali tentennamenti.

2) Diventare capace di comunicazione e propaganda. Tutto quanto detto nel punto precedente non ha senso se il M5S continuerà a subire passivamente la sistematica disinformazione liberista e non sarà in grado di far conoscere i propri programmi e successi. Perché credete che ogni movimento rivoluzionario del passato per prima cosa si dotasse di un giornale? Perché credete che tanti militanti antifascisti rischiassero la vita per stampare e diffondere la stampa clandestina? Perché l’obiettivo inziale di ogni insurrezione o golpe erano le sedi dei quotidiani, le tipografie, i centri telefonici e radiofonici? Ben più di allora la guerra politica oggi si combatte attraverso i media: chi non ne controlla una parte non solo non potrà mai fare delle riforme significative e profonde, per non dire una rivoluzione, ma neppure sopravvivere.

* da www.controanalisi.wordpress.com   -   30 ottobre 2019


( la pubblicazione dell’intervento non comporta la totale condivisione )


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