Un report di
Bloomberg New Energy Finance arriva alla conclusione che i sussidi hanno
funzionato e ora i produttori - smentendo gli scettici - riescono a ripagare
l’investimento da soli e in tempi più brevi. Vale anche in Italia, secondo
Paese Ue dopo la Spagna per progetti fotovoltaici che si sostengono solo con le
logiche di mercato. Ma gli operatori italiani del settore avvertono: "Per
raggiungere gli obiettivi ambiziosi fissati per il 2030 continueranno a essere
necessari aiuti diretti o indiretti"
Le energie rinnovabili non hanno più bisogno di incentivi. O quasi. Lo afferma uno studio di Bloomberg New Energy Finance: gli impianti per la produzione di elettricità da sole e vento sono ormai in grado di ripagarsi vendendo sul mercato e i casi di successo di Spagna, Italia e Portogallo lo dimostrano. Smentendo gli scettici sulla sostenibilità delle fonti alternative, a partire dal presidente Usa Donald Trump. Il merito, secondo la ricerca, è proprio dei sussidi: hanno funzionato e ora consentono alle società dell’energia eolica e fotovoltaica di camminare con le proprie gambe. In Italia però questo è vero solo per una parte degli impianti fotovoltaici ed eolici più grandi. Per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, avvertono gli addetti ai lavori, continueranno a essere necessari meccanismi di incentivazione diretti o indiretti.
La Spagna leader in Europa per potenza installata – Per Bloomberg la Spagna (che pure ha dovuto ridimensionare
gli aiuti, che avevano innescato un crollo dei prezzi sul settore
termoelettrico) resta leader indiscussa in Europa con un totale di 2.484
Megawatt in impianti fotovoltaici realizzati o in costruzione senza
sostegno dei sussidi pubblici. L’Italia segue con 569 Megawatt, il Portogallo è
terzo con 330 MW. Solo quest’anno in Spagna, Italia e Portogallo saranno
immessi nella rete elettrica circa 750 MW di energia prodotta da solare e
eolico senza il sostegno degli incentivi: quanto basta per servire 330mila
edifici residenziali. I più recenti dati di Anie indicano che, nei primi
sette mesi del 2019, le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e
idroelettrico raggiungono complessivamente circa 727 MW (+86%
rispetto al 2018). Si conferma, in particolare, il boom per il fotovoltaico:
i nuovi 55,8 MW installati nel mese di luglio portano il totale a circa 287
MW (+30% rispetto allo stesso periodo del 2018) e risulta in aumento anche
il numero di unità di produzione connesse (+24%) frutto principalmente,
sottolinea Anie, delle detrazioni fiscali per il cittadino. Anie
considera positiva la reintroduzione del super-ammortamento nel Decreto
Crescita in vigore dal 1 maggio 2019, così come l’assegnazione di
contributi in favore dei Comuni per la realizzazione di interventi di efficientamento
energetico, compresa l’installazione di impianti per la produzione di
energia da fonti rinnovabili.
Il ritorno sull’investimento ora arriva in 10-15 anni – Quello che
gli analisti americani sostengono è che le rinnovabili sono diventate un affare
redditizio anche senza sussidi. Il ritorno sull’investimento è più veloce: 15,
in alcuni casi anche solo 10 anni, contro i 20-25 anni di una decina di anni
fa. Lo ha ribadito Michael Milken, presidente del think tank americano
Milken Institute, una no-profit bipartisan che ha tenuto nei giorni scorsi a
Singapore il suo evento annuale sulle energie pulite. La svolta si lega all’abbassamento
dei costi di produzione. Quelli dell’eolico si sono dimezzati: oggi
servono 50 dollari per generare un Megawattora da un impianto che
sfrutta il vento contro i 100 dollari del 2010, calcola Bloomberg. I
costi del fotovoltaico si sono addirittura ridotti dell’85%. Uno studio del Massachusetts
Institute of Technology (MIT) pubblicato dalla rivista Energy Policy
un anno fa già sottolineava che, grazie ai progressi tecnologici e ai sussidi,
il costo del fotovoltaico è sceso del 97% tra il 1980 e il 2012. In
particolare, la crescita del mercato stimolata dal sostegno statale attraverso
le economie di scala è responsabile del 60% del calo dei costi.
Bloomberg prevede ancora un calo dei costi nei prossimi anni per moduli solari
e turbine eoliche, cosicché produrre elettricità dal sole costerà nel 2050
il 63% in meno rispetto ad oggi, mentre l’eolico costerà il 48% in meno.
In Cina e Usa il sorpasso è vicino – In Cina il governo a inizio
anno ha annunciato un piano per sviluppare 20,8 Gigawatt di progetti con le
rinnovabili (di cui 14,8 GW di capacità solare e 4,5 GW di capacità eolica) che
dovranno ripagarsi solo vendendo sul mercato a un prezzo uguale o minore del
carbone. Negli Stati Uniti, anche se le aziende delle rinnovabili
chiedono un prolungamento degli sgravi fiscali federali, il più rapido ritorno
sugli investimenti incoraggia comunque a proseguire nel business, tanto più che
molti degli Stati Usa obbligano le società elettriche a inserire quote
crescenti di rinnovabili nel loro mix energetico. Secondo l’istituto di ricerca
Energy Innovation, nel 2025 l’energia eolica e solare prodotta negli Usa
sarà sufficientemente economica da rimpiazzare l’86% di quella prodotta dal
carbone, facendo scendere i prezzi dell’elettricità in tutto il paese. Generare
elettricità dal carbone ha il pieno sostegno del presidente Donald
Trump ma, calcola Energy Innovation, nel 75% dei casi costa più che
produrre dal sole e dal vento. Lo scorso aprile – una prima assoluta per gli
States – le fonti rinnovabili hanno fornito una quota di elettricità più alta
rispetto al carbone sul totale mensile (23% contro 20%, dati della Energy
Information Administration) e per gli analisti il trend proseguirà, con o
senza incentivi pubblici.
In Italia il mercato sta in piedi da solo… – Per gli operatori italiani, tuttavia, la situazione
è più complessa di come viene descritta da Bloomberg, come sottolinea Alberto
Pinori, presidente Anie Rinnovabili (associazione parte di
Federazione Anie). È vero, negli ultimi due anni in Italia sono sorte
molteplici iniziative che sviluppano impianti eolici, e soprattutto
fotovoltaici, senza alcun meccanismo incentivante. Queste iniziative, però, non
coinvolgono l’intero comparto ma principalmente impianti di tipo
“utility-scale”, quelli di taglia molto grande. Queste installazioni sono
più grandi di quelle residenziali e godono di economie di scala, ma non sempre
possono fare a meno di incentivazione: l’eolico ha la difficoltà di reperire aree ventose e nel fotovoltaico occorre realizzare impianti a terra che occupano suolo. Tempi di autorizzazione lunghi, volatilità dei prezzi dell’energia elettrica, cambiamento delle regole sul mercato elettrico sono ulteriori fattori di rischio. Senza contare che, anche nel caso della taglia utility-scale, la potenza in Italia è in media un decimo di quella di impianti realizzati in Spagna, Cina e Usa, dove siamo nell’ordine delle centinaia di MW.
possono fare a meno di incentivazione: l’eolico ha la difficoltà di reperire aree ventose e nel fotovoltaico occorre realizzare impianti a terra che occupano suolo. Tempi di autorizzazione lunghi, volatilità dei prezzi dell’energia elettrica, cambiamento delle regole sul mercato elettrico sono ulteriori fattori di rischio. Senza contare che, anche nel caso della taglia utility-scale, la potenza in Italia è in media un decimo di quella di impianti realizzati in Spagna, Cina e Usa, dove siamo nell’ordine delle centinaia di MW.
…ma per raggiungere gli obiettivi al 2030 servono incentivi – Per Davide Chiaroni, vicedirettore Energy&Strategy
Group del Politecnico di Milano, il punto è distinguere tra “normale”
sviluppo di mercato e crescita “straordinaria”, come quella richiesta dal Piano
Nazionale Integrato Energia e Clima secondo il quale nel giro di pochi anni
la produzione da fotovoltaico dovrà triplicare e quella da eolico raddoppiare.
Nel primo caso, “lo sviluppo di mercato delle rinnovabili è possibile senza
sistemi di incentivazione, pur con qualche differenza non piccola tra le
diverse fonti”, ma nel secondo, in cui “si sta chiedendo al mercato di ‘correre’
più di quanto normalmente avrebbe fatto, è evidente che un sistema di
incentivazione diviene indispensabile. Non si tratta più di incentivare una
tecnologia per farle raggiungere un livello adeguato di sostenibilità
economica, come è stato fatto in passato, bensì di stimolare la domanda”,
conclude.
D’accordo il
presidente Anie Rinnovabili: se l’obiettivo per l’Italia è realizzare 30 GW di
nuovi impianti fotovoltaici e 10 GW di nuovi impianti eolici al 2030, riducendo
l’occupazione di suolo e sfruttando le coperture e i tetti, per Pinori “non si
può rinunciare in questa fase a meccanismi di incentivazione diretti come il
decreto ministeriale sulle Fonti di energia rinnovabile o indiretti come le
detrazioni fiscali ed il super ammortamento, oltre che alla normativa
sull’autoconsumo”. Anche gli altri paesi europei seguono questa linea,
continuando a incentivare le fonti rinnovabili ai fini della transizione
energetica.
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da ilfattoquotidiano 11 ottobre 2019
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